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 2006  febbraio 14 Martedì calendario

"Mio padre Krusciov e il falso della scarpa". Corriere della Sera 14 febbraio 2006. Mosca. Nel quartiere Sretenka, nel cuore antico di Mosca, dove sino agli anni Trenta un monastero conservava una miracolosa icona della Vergine, c’ è la casa di Julia, la figlia adottiva di Krusciov

"Mio padre Krusciov e il falso della scarpa". Corriere della Sera 14 febbraio 2006. Mosca. Nel quartiere Sretenka, nel cuore antico di Mosca, dove sino agli anni Trenta un monastero conservava una miracolosa icona della Vergine, c’ è la casa di Julia, la figlia adottiva di Krusciov. Suo padre Leonida, figlio di Nikita, morì nel 1943 "da eroe sul campo di battaglia". Sua madre, una delle prime donne pilota sovietiche, fu arrestata come "nemica del popolo" (articolo 58 del codice penale) e finì nel gulag. Di lei Julia ebbe notizia soltanto quando riempì il modulo per iscriversi all’ università. Del resto, al tempo di Stalin ogni personalità di rilievo del Pcus aveva qualcuno in prigione o sotto stretta sorveglianza o nel gulag. Julia è una donna molto dolce che ha sempre considerato Nikita e la moglie Nina come papà e mamma, e così li ha sempre chiamati. stata accanto allo statista sino agli ultimi giorni; di lui ricorda confidenze, letture, rabbie, tristezze. Ci accoglie con un sorriso difficile da dimenticare, ci fa sedere in cucina perché qui c’ è un tavolo regalato a Krusciov dai cecoslovacchi nel 1959. Su di esso si sono svolte molte loro conversazioni. E anche la nostra comincia lì. "Mio padre - dice Julia - fu un idealista, credeva in un’ utopia; ma quello fu anche il tempo di Giovanni XXIII e del presidente Kennedy". Entra subito nel vivo: "La sua immagine è stata distrutta, il suo lavoro calunniato. Ad esempio, non è vero che nel 1960 sbatté la scarpa all’ Onu. Quella fu una montatura, nata da una foto falsificata. Lui stesso mi ha garantito di non aver mai fatto un gesto così rozzo, ma semplicemente di aver picchiato dei pugni sul banco della delegazione sovietica, non certo sulla tribuna". E aggiunge: "Papà Nikita aveva dei tic, qualche volta protestava in maniera energica, ma non in quel modo". Rimaniamo perplessi, forse perché tutti crediamo di aver visto l’ immagine di Krusciov con la scarpa e di aver letto la notizia in molti giornali dell’ epoca. Ma a sostegno di quanto afferma Julia, va detto che si moltiplicano le testimonianze. Il figlio Sergej, che fu molto vicino a Krusciov durante la stesura delle memorie, in una lettera alla Izvestia dell’ 8 settembre 2002, dichiarò di aver sfidato i giornalisti dell’ americana Nbc a mostrargli il filmato con la scarpa e dopo una settimana ricevette le scuse dagli stessi perché "non è stato trovato in alcun archivio americano". Analoga polemica - sempre in questa missiva - confessa di averla avuta con un’ altra rete tv canadese che stava girando un lungometraggio sul padre. Anch’ essi non trovarono il filmato. Il figlio cita inoltre James Feron, giornalista del New York Times allora accreditato all’ Onu: "Ho visto Krusciov di persona in quel momento del dibattito all’ Onu e posso testimoniare che non ha mai fatto quel gesto. Esiste solo una foto che lo mostra tranquillo al suo posto con una scarpa di fronte a lui, sul tavolino. Non ci sono fotografie che lo riprendono con la scarpa in mano, mentre la sbatte". E, fra le altre, vale la pena ricordare l’ ultima autorevole smentita: è quella di William Taubman, premio Pulitzer per la biografia Khrushchev: the Man and his Era (Norton 2003). In un’ intervista a Radio Eco di Mosca il 19 giugno 2004 ha detto tra l’ altro: "Il giornalista dall’ agenzia americana Associated Press, autore della notizia, in quel momento non era in sala... Ci sono anche altre fonti credibili che smentiscono la Ap, come il capo fotografo di Life. Era lì e ricorda bene quali foto ha scattato a un Krusciov emozionato". Infine: "Posso affermare che il fatto non ebbe mai luogo". Torniamo a Julia e alla sua tesi contro una credenza comune, che qui riportiamo da semplici cronisti. " chiaro - prosegue - che quel montaggio fotografico faceva parte di un progetto. Mostrarono una scarpa con i lacci e lui portava solo mocassini; inoltre aveva il 38 e quella fotografata supera il 40, Qui a Mosca inoltre, quando papà Nikita dovette ritirarsi, la Lubianka organizzò un gruppo di conferenzieri che diffusero capillarmente notizie false su di lui e sulla sua famiglia. Sovente parlavano d’ altro, ma al momento giusto facevano entrare calunnie nei discorsi. Dissero perfino che fu un giocatore di carte, un telespettatore di programmi frivoli, un incolto. Certo, non finì l’ università, ma sapeva discutere di missilistica e di aeronautica, mi ha sovente aiutata a risolvere problemi matematici quando frequentavo il liceo. Citava a memoria Nikolaj Nekrasov (1821-1879), il poeta di Chi è felice in Russia?, opera che commuove ancora oggi; inoltre non mancava mai alle prime del Bolscioj, adorava la voce di Mario Del Monaco e apprezzava il teatro di Schiller. Per fortuna ha sempre ignorato quanto stavano raccontando su di lui...". Denigrati anche i figli di Krusciov, denigrato persino il padre naturale di Julia, dipinto come un traditore (invece fu decorato). La disinformazione mostrava l’ ex leader "semianalfabeta, incapace di leggere bene, tanto che la moglie lo faceva addormentare con una lettura di favole". Julia si ferma, sembra guardare nel passato, aggiunge: "Menzogne, menzogne che continuano. Ora devo denunciare un canale della tv russa per un film trasmesso lo scorso maggio, oltre che scrittori e giornalisti". Le chiediamo qualcosa su Pasternàk, visto che qualcuno accusa Krusciov della morte prematura dello scrittore. Risponde: " una storia terribile e oscura. Secondo me è dovuta all’ intrigo dei colleghi gelosi della sua fama e del suo prestigio. Il Dottor Zivago gli fu presentato come se fosse un’ apologia delle guardie bianche e partì dall’ Unione degli scrittori sovietici la decisione di bloccare il romanzo. Papà è stato messo di fronte al fatto compiuto. Quando era ormai lontano dal Cremlino, fu io a portargli il libro di Pasternàk e mi disse: "Julia, non vi trovo nulla di scandaloso. Perché è diventato l’ oggetto di tante passioni?"". Qualcosa del genere accadde anche in altre situazioni. Tra di esse vale la pena ricordare che "fu Krusciov a imporre la pubblicazione di Una giornata di Ivan Denisovic, il debutto di Solgenitsyn, uno scrittore che non lo ricorda mai". E poi Julia confessa che molte letture "proibite" del pensionato Krusciov, in esilio nella dacia di Petrovo-Dalneye, furono possibili grazie al dissidente Roj Medvedev, che alla figlia adottiva passava dei libri. Essi giungevano anche grazie alle sue amicizie italiane, tra le quali c’ era Giancarlo Pajetta. Quest’ ultimo, ricorda Julia, "gettò la Pravda in faccia all’ ambasciatore sovietico quando scoprì che il giornale aveva dedicato solo un trafiletto alla morte di Krusciov". E Togliatti, osiamo chiedere? Sorride. "Mentre si preparava - confida - il XXII Congresso del Pcus, nel 1961, papà voleva riabilitare figure quali Bucharin e Zinoviev. Togliatti lo bloccò, forse perché troppi dirigenti erano coinvolti nel processo che causò la loro fucilazione. Chiamò a suo sostegno anche il francese Thorez e lo convinse ad attendere almeno 25 anni prima di diffondere la verità. Ciò non toglie che dopo il XX Congresso, nel 1956, lo stesso Togliatti fu, in scritti e interviste, più antistalinista di Krusciov". Il discorso poi cade sul cosiddetto "Memoriale di Yalta", l’ ultimo scritto di Togliatti. Non facciamo in tempo a formulare la domanda che giunge la risposta: "Quella era una lettera privata che evidenziava alcune questioni del comunismo. Ma Longo, giunto precipitosamente, prima degli agenti prese i fogli, se li mise sotto la camicia e li portò in Italia. Diventò un’ altra cosa, non certo una lettera di critica tra compagni. Molte motivazioni furono riprese da Breznev e soci con il "colpo di palazzo" che destituì Krusciov riportando in Urss un clima stalinista". Restano troppe cose da dire, l’ Ungheria, il Muro di Berlino, le storie del XX Congresso, quello della denuncia. Si svolse normalmente sino al 25 febbraio 1956 e poi, a porte chiuse, fu letto da Krusciov per 5 ore il Rapporto segreto sui "crimini" di Stalin (in Russia sarà pubblicato nel 1989). Chi scrive ricorda che il testo dell’ intervento, prima di essere noto e pubblicato dagli americani, giunse in Vaticano (così, almeno, ci confidò prima di morire, dinanzi a un testimone, Enrico Smirnov, della sezione esteri del Pcus, il medesimo che seguì Togliatti a Yalta). Tra le altre confidenze di Julia, i funerali di Nikita ci hanno commosso. "Lo hanno seppellito al mattino, come un criminale. La macchina con la bara viaggiò per Mosca a tutta velocità, sino alla buca, mentre i vigili aprivano la via. Mamma Nina sfidò le autorità con un ricordo. Riferì, tra l’ altro, le ultime parole di papà: "Chi non fa non sbaglia. Io ho fatto tanti errori"". Poi la sua dacia "fu rasa al suolo e misero un posteggio per le auto. Nina fu trasferita in una casa di legno, dove ebbe una camera e una cucina". Calò il silenzio su Krusciov, sui suoi, su tutto. Quando i "cospiratori" di Breznev lo costrinsero a interrompere le vacanze sul Mar Nero per firmare le dimissioni, non andò al Cremlino ma alla sua dacia e con Julia fece una passeggiata di quattro ore "nel bosco di betulle, sorvegliato a vista dagli agenti: voleva far capire che si era arreso". Quella passeggiata non è ancora finita. Forse perché l’ amore di una figlia la fa continuare. Con un dolce sorriso, nella storia. Armando Torno