18 febbraio 2006
Tags : Todd Bertuzzi
Bertuzzi Todd
• . Nato a Sudbury (Canada) il 2 febbraio 1975. Giocatore di hockey ghiaccio. «[...] non ha mai offerto l’altra guancia. [...] Superbo attaccante dei Vancouver Canucks. Radici italiche, sposato con Julie, padre di Jaden e Tag. Uno che viene dall’Ontario, come sua maestà Wayne Gretzky. Uno che adora Al Pacino e il sushi, Braveheart e il golf. Uno, soprattutto, che i conti li regola di persona [...] Con Steve Moore dei Colorado Avalanche, l’8 marzo del 2004, Todd se la sbrigò da solo. Questo Moore, un mese prima, aveva osato affondare niente meno che il capitano dei Canucks, Markus Naslund. Commozione cerebrale, tre gare di stop. Vendetta, tremenda vendetta. Altro non aspettava, Bertuzzi. Eppure il commissioner della Nhl, Gary Bettman, aveva invitato i club a tenere gli occhi aperti. Eppure sarebbe bastato incollare Todd alla panchina, come fece Giovanni Trapattoni con Romeo Benetti a Glasgow, in una notte di Coppa dei Campioni, dopo che all’andata il marmoreo centrocampista aveva svitato uno dei Rangers, e la stampa scozzese già pregustava la ritorsione. Todd prese Moore alle spalle e gli mollò un tremendo cazzotto sul collo. Il rivale precipitò come un aereo in avaria. Cranio tumefatto, due vertebre rotte, spina dorsale intatta per miracolo, carriera finita. Un massacro. Mai, nel Far West dell’hockey, si era scesi così in basso. Potete immaginare il finimondo che quella sanguinaria imboscata scatenò. Il Toronto Star titolò a tutta pagina: ”Bisogna proprio morire?”. Bertuzzi venne squalificato per un anno e mezzo, inquisito dalla polizia, messo all’indice. Ma come sempre succede nelle lotte fra il Bene e il Male, il Male cominciò, piano piano, zitto zitto, a trovare una grondaia sulla quale fare il nido. Nome della grondaia, ”ragion di stato”. I tifosi erano divisi, non i dirigenti. A tradurre i sondaggi, i fans ne facevano una questione di pura etica. In parole povere: come si fa a presentarsi a Torino con un ”bandito”? E lo spirito olimpico? Viceversa, la Federazione privilegiò l’utile. Todd ha sbagliato e pagato, perché fargliela pagare un’altra volta? La classe non sarà acqua, ma i cuori, spesso, sono di ghiaccio. Specialmente di fronte al metallo delle medaglie e alle risorse che potrebbero orientarlo. Rinunciare a un campione che aveva suggellato l’ultima stagione con 46 gol all’attivo: la carne è debole. E debolissima risultò la resistenza. A Todd fu chiesto di scrivere ai tifosi. Ne uscì una lettera sin troppo aperta alle ruffianerie e ai dribbling sdolcinati, ”nell’apprendere la notizia di essere stato reintegrato, ho provato un’emozione che non si può raccontare», ”colgo l’occasione per ringraziare tutti i tifosi e tutta Vancouver”’, ”giuro sulla testa dei miei figli che non lo farò più”. E poi, a mo’ di lapide: ”il meglio deve ancora venire”. Ecco: l’importante è mettersi d’accordo su cosa possa o debba significare quel ”meglio”. [...] Il ruolo di Todd è ala destra. Dal 1995 a New York (Islanders), dal ’98 a Vancouver, sede delle prossime Olimpiadi invernali. [...]» (Roberto Beccantini, ”La Stampa” 18/2/2006).