Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  febbraio 16 Giovedì calendario

Questo non è un libro contro Berlusconi. L´autore non lo odia, né lo sopravvaluta, né lo disprezza, tanto meno si lascia ipnotizzare

Questo non è un libro contro Berlusconi. L´autore non lo odia, né lo sopravvaluta, né lo disprezza, tanto meno si lascia ipnotizzare. Alex Stille comprende che nessun altro personaggio incarna come il Cavaliere le grandi rivoluzioni della post-modernità, la potenza della comunicazione, l´impeto dei consumi. Di Berlusconi riconosce senz´altro le virtù di capo, fra le quali c´è la rara capacità di dare il meglio quando si trova con le spalle al muro, l´ottimismo nella sconfitta, la volontà di non abbattersi mai. Coglie bene i diversi registri utilizzati da un soggetto niente affatto lineare, la sua smagliante capacità di trasformarsi a seconda delle occasioni in miliardario, protettore, furbacchione, cocco di mamma, visionario, simpatico zio, maestro d´insidie, amico del bar, megalomane, latin lover, fortunello, venditore provetto, populista antipolitico, telepredicatore - e tutto sempre molto "all´italiana". Non è un libro cattivo, ma forse per questo è più che cattivo, forse il ritratto, la biografia da cui il Cavaliere esce peggio. Perché senza nemmeno doversi richiamare alla civiltà democratica occidentale, dimostra la necessità di limitare il potere di quegli uomini a cui il potere non solo piace troppo, ma che per questa loro stessa attitudine - una oscura energia creativa, un autentico demone - sono disposti a tutto per conquistarselo, tutto per sé, senza poi minimamente sentire il dovere di renderne conto. Detto in estrema sintesi: a cinquecento anni dalle teorie di Machiavelli, Silvio Berlusconi si configura come il vero Principe della post-politica, tanto evoluto sul piano dei mezzi tecnologici, quanto spietato nelle sue eterne finalità da conseguire con il più prepotente e progredito egoismo. Non un presidente, dunque, ma un condottiero; non uno statista, ma un comandante che lo Stato farà sempre coincidere con i suoi interessi e la sua persona. D´altra parte, la pretesa "superiorità" berlusconiana emerge dalla vita di un uomo a cui - sempre con le dovute accortezze - si potrebbe adattare un altro estremo giudizio di Hugo su Napoleone: «Il tiro era parte del suo genio. Sfondare i quadrati, polverizzare i reggimenti, rompere le linee, infrangere e disperdere le masse, per lui voleva dire: colpire, colpire, colpire senza posa, e affidare questa bisogna al proiettile d´artiglieria». L´odierna artiglieria, va da sé, sono i mezzi di comunicazione. Al loro possesso, da un decennio ormai quasi esclusivo, Berlusconi aggiunge una caratteristica che Indro Montanelli ha così compendiato: « un uomo con una visione del tutto personale della verità in base alla quale qualsiasi cosa lui dica è vera. Lui dice bugie, ma ci crede». (a proposito del libro di Alexander Stille "Citizen Berlusconi", Garzanti).