Varie, 16 febbraio 2006
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ORSI CARBONE Luigi Tortona (Alessandria) 20 febbraio 1963. Imprenditore. Fondatore di e-Planet • «[
ORSI CARBONE Luigi Tortona (Alessandria) 20 febbraio 1963. Imprenditore. Fondatore di e-Planet • «[...] il marchio è rimasto lo stesso che il nonno Luigi I punzonava sulle chiappe metalliche delle macchine agricole Pietro Orsi e figlio [...] Benito Mussolini [...] proprio su una trattrice della famiglia si fece immortalare nella celeberrima foto scattata per la campagna del grano [...] della storica azienda familiate così importante nella provincia alessandrina da essere stata ribattezzata per decenni ”la Fiat di Tortona”, ha fatto in tempo a vedere solo le macerie. Chiuse infatti, a suggello di un progressivo smottamento di leadershi, un anno dopo la sua nascita. [...] Niente fabbriche da ereditare, niente capannoni, niente rumori di presse nelle orecchie, niente polvere di acciaio nelle narici. Il bacillo dell’imprenditorite preò, quello strano virus che a volte si trasmette lungo l’asse ereditario delle grandi famiglie industriali, era evidentemente entrato nel patrimonio genetico. Fatto sta che il ragazzo, finite le superiori nella cittadella natia, accelera. A 19 annie entra alla Bocconi, A 23 è laureato, a 24 assistente del direttore finanziario alla Ciba Geigy. A 27 molla tutto (’cominciavo ad annoiarmi”) e torna sui libri per un master di business administration alla Columbia University di New York, a 28 irrompe alla McKinsey dove scopre il mondo delle telecomunicazioni, a 30 viene mandato a Buenos Aires a ”ribalatare in un pacchetto di mischia di tre team una azienda, la Acindar che doveva fare la guerra a Merco-Sur, anche quella un’azienda monopolista”. Missione riuscita. Tornato in Itali, viene spedito dalla McKinsey nel Nordest dei miracoli e della rivolta per compiere uno studio, per conto di Telecom Italia, sulla ”customer satisfaction” locale. Cioè, per dirla in italiano, sulla vermiglia incazzatura cronica dei clienti verso le prepotenze della società graniticamente attaccata al suo monopolio [...] Li è la svolta. [...] collega tre cose. Primo: ”L’insoddisfazione dei clienti Telecom”. Secondo: l’apertura del mercato ad altre aziende telefoniche. Terzo: l’esperienza americana: ”Negli Stati Uniti, quando arrivai io, avevano rotto il monopolio da otto anni e c’eran già 700 operatoru che avevano coperto anche le più impensabili nicchie del mercato. Ce n’era uno che si era specializzato nelle telefonate degli ebrei americani ai parenti in Israele [...] Avevo una voglia pazza di buttarmi. Quello che avevo in testa, netto, era il progetto di andare a occupare la nicchia delle aziende più dinamiche di una ventina di città e distretti industriali. Quello che non sapevo risolvere era un problema: come superare il ’pedaggio’ del prefisso da comporre prima del numero. Una cosa che portava via tempo. Cinque, dieci, 15 secondi. Una palla al piede, se proponi servizi più efficienti”. Un giorno, a Ginvera, a una fiera tecnologica, lo folgora una scatoletta di plastica, minuscola e leggera, che interrome il filo del telefono: contiene un piccolo computer che fa tutto da solo, ti evita il fastidio della ”pre-chiamata”, velocizza e ti instrada direttamente sull’operatore scelto. [...] ”[...] Chiamai mio padre, che mi aveva sognato ingegnere intento a disegnare trattori [...] ’Papà, mi dimetto dalla McKinsey’. ’Sei pazzo?’. ’Voglio metter su una cosa tutta mia’, ’Sei pazzo’. E mise giù il telefono [...] Lavorando per anni all’estero avevo messo da parte 400 milioni. Altri 200 me li ha prestati, dopo le prime diffidenze, mio padre. Altri 300 Angelo Moratti, che aveva frequentato lui pure la Columbia e studiato il caso della mancata fusione tra Pirellie Continental su un testo curato da me. Feeling istantaneo. [...] [...]” partono. Un miliardo di fatturato nel 1997, 4 nel 1998, 16 nel 1999 [...]» (Gian Antonio Stella, ”Capital” aprile 2000).