Varie, 16 febbraio 2006
GIUTTARI
GIUTTARI Michele Messina 1950. Poliziotto. Ha ricoperto indagini alla Squadra Mobile di Reggio Calabria e successivamente ha diretto la Squadra Mobile di Cosenza e prestato servizio alla DIA a Napoli e a Firenze. Dal 1995 al 2003 è stato il capo della Squadra Mobile di Firenze, dove ha dimostrato che i delitti attribuiti al Mostro sono stati opera di un gruppo di assassini. Il 22 gennaio 2010 è stato condannato a un anno e 6 mesi per per abuso d’ufficio (vedi MIGNINI Giuliano) • «[...] I giudici fiorentini hanno censurato una serie di accertamenti, talvolta con intercettazioni, disposti sul conto di giornalisti e poliziotti nel corso dell’inchiesta sulla morte del medico perugino Francesco Narducci e sui suoi presunti collegamenti con i delitti del mostro. Fra il 2004 e il 2006 sono finiti sotto inchiesta i giornalisti Vincenzo Tessandori (La Stampa), Gennaro De Stefano e Roberto Fiasconaro (Gente), autori di articoli critici nei confronti dell’inchiesta sul mostro, nonché l’ex questore di Firenze Giuseppe De Donno e i funzionari di polizia Mario Viola e Roberto Sgalla, che avevano inviato a Giuttari una nota di richiamo per i suoi rapporti con la stampa. Secondo le accuse, in tutti i casi vi fu un intento punitivo nei confronti di chi era sospettato di ostacolare le indagini. Per contro Mignini e Giuttari, che hanno sempre difeso la propria correttezza, sono stati assolti dall’accusa centrale del processo, quella di aver condotto indagini parallele mentre a Genova era in corso un procedimento per falso nei confronti di Giuttari. A conferma del fatto che l’inchiesta sul mostro è un campo minato, il 21 maggio 2002 il poliziotto-scrittore aveva registrato di nascosto il pm di Firenze Paolo Canessa, storico titolare delle indagini sul mistero dei delitti. La procura di Genova sospettava che avesse taroccato la registrazione. Accusa caduta in tutte le sedi e ieri ancora una volta a Firenze. [...]» (f. s., ”la Repubblica” 23/1/2010) • Il suo primo thriller, ÿ (Rizzoli 2004), è stato un bestseller in Italia. «[...] racconta la travagliata vicenda investigativa sul ”mostro di Firenze”: cioè ”trent’anni di ricerche, confronti, interrogatori, ostacoli, interruzioni, polemiche, successi e frustrazioni”. Il mostro. Anatomia di un’indagine (Rizzoli, pagine 338, e 18) è anche un bel libro, scritto con buon ritmo da thriller, al di là del suo valore prevalentemente documentario. Aggancia il lettore dalla prima all’ultima pagina in un coinvolgimento denso di emozioni. Ha i suoi squallidi personaggi: Pacciani,Vanni e Pucci, i ”compagni di merende”, ma anche le loro vittime e in primo piano quelle dei familiari. Ha il suo cupo ambiente, dominato da una ”paura” che spesso induce all’’omertà”. Ha la sua misera vicenda di perversioni e di violenze, da cui il lettore vorrebbe di tanto in tanto distogliere lo sguardo. Ma su tutto il quadro di una storia tremenda per il suo ”troppo” di efferatezza, balza in primissimo piano la tenacia di Giuttari quando colleziona, con sagace pazienza e con un’attenzione maniacale a non fare errori, piccoli brandelli sparsi di verità; quando li collega e li verifica nelle loro evidenti connessioni. Il poliziotto insegue una possibile verità che renda prima di tutto giustizia alle vittime,mache sappia ridare anche un minimo di fiducia agli ”uomini onesti” per rassicurarli che qualche cellula sana possa essere ancora in grado di opporsi al cancro sempre più devastante delle Istituzioni. Giuttari interviene nel lunghissimo caso giudiziario, quando si sta per celebrare il processo di appello a Pacciani, che poi lo manderà assolto. Arriva dunque in un momento delicato in cui la Giustizia ha confezionato una verità poco attendibile e non vuole essere disturbata (o peggio smascherata) nel teorema semplice (e fragile) che ha messo in piedi. La pervicacia del nuovo investigatore che, di necessità, ribalta tutto e si mette a scavare in condizioni difficili per cercare una verità più complessa (e più scomoda), crea una forte destabilizzazione, come spesso accade nella nostra storia giudiziaria. Giuttari è costretto a condurre allora un’indagine che deve fare i conti con gli errori grossolani di chi l’ha preceduto.Ma che se ne renda conto o no, entra soprattutto in collisione con la Procura di Firenze che quegli errori ha avallato e che ora è costretta ad accettare (o fingere di accettare) i nuovi risultati dell’inchiesta. Fino a che si muovono fra le pedine degli squallidi esecutori materiali, i magistrati non si oppongono, scendono in campo (e non sempre con guanti di velluto), quando quei risultati cominciano a portare sulla pista dei più ”rispettabili” mandanti dei delitti. Qualcuno gioca con furbizia e lusinghe, qualcuno gioca decisamente sporco. Giuttari riceve proposte di promozioni che rifiuta una dopo l’altra. Si oppone con grinta alle punizioni che si vorrebbero infliggere alla sua caparbietà. Resta al proprio posto. Assiste a blocchi e intralci di ogni tipo alla continuità del suo lavoro, ma sa tenere duro, convinto come è di riuscire a portare in fondo l’impertinente investigazione. Il libro diventa così la testimonianza di una forza morale che non arretra di fronte a niente. Non troverete allusioni e intemperanze, solo qualche sfogo di smarrimento. Leggerete una denuncia pacata ma implacabile che fa nomi e cognomi, che sfida apertamente la parte meno sana delle Istituzioni e senza un’esibizione sterile di ribellione. Il poliziotto Giuttari fa una sola cosa semplice: si limita a continuare nel proprio lavoro, vuole testimoniare a ogni costo l’attaccamento a pochi semplici e saldi principi, in unmondo che li calpesta con una disinvoltura ogni giorno più evidente. In questo senso finisce per diventare il protagonista del suo libro: quasi il personaggio principale di un romanzo. Ma il fatto invece che sia un uomo della realtà dà uno spessore morale all’indagine narrata che affascina» (Giorgio De Rienzo, ”Corriere della Sera” 16/2/2006).