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 2006  febbraio 15 Mercoledì calendario

TESTA Marco

TESTA Marco Torino 18 dicembre 1951. Imprenditore • «[...] è difficilissmo farsi spazio nel mondo degli spot quando si ha per padre non solo il “papà” della pubblicità, ma un artista riconosciuto a livello internazionale, un personaggio sempre sotto le luci della ribalta e dalla personalità dominante. Non a caso, dopo le medie e il liceo classico (“in collegio a Torino, con le ghette e il berretto a visiera, mentre fuori infuriava il ’68”), e un primissimo periodo di apprendistato in agenzia [...] parte per New York “dove almeno non mi conosceva nessuno”: di giorno lavora in pubblicità, a contatto con le grandi realtà internazionali, la sera frequenta corsi universitari di marketing e brand management. Quando rientra in Italia, tornando a contatto con “papà”, lo scontro è inevitabile [...] il dibattito è così acceso da portare a una rottura. A 26 anni Marco Testa abbandona la sede storica di Torino, convince la Peroni a lasciare Armando Testa e, con un direttore clienti e un giovane creativo fonda a Milano l’Altra. La contrapposizione con quel padre così ingombrante è evidente fin dal nome della sua agenzia. Ma non funziona: “In un paio d’anni avevo perso tutto. E in più avevo una moglie e un figlio piccolo”. Per la prima volta, Marco Testa riparte da zero: “Mi sono buttato ventre a terra e, umilmente, ho ricominciato con piccoli clienti. facendo nel contempo ricerca sulla creatività, sperimentando soluzioni nuove”. Nell’84 l’Altra vince la gara per il budget pubblicitario delle sigarette Milde Sorte; ha già un altro cliente importante, Innocenti, e molta più esperienza: tanto basta perché le strade di padre e figlio tornino a incrociarsi. E venga decisa la fusione fra le due società. Marco Testa rientra in Armando Testa da consigliere, a 34 anni: nell’85 è amministratore delegato. Nell’89 Armando Testa diventa la prima agenzia italiana per fatturato [...] A Marco Testa la carica di presidente viene conferita nel ’95, dopo una breve parentesi in cui la prima carica dell’agenzia viene ricoperta dallo zio Francesco De Barberis [...] Marco Testa ne sa qualcosa, della vita dei “figli del padrone” in azienda. “È quasi scontato che i collaboratori di tuo padre ti mettano continuamente alla prova per verificare se sei all’altezza del compito [...] Come venirne fuori? Con una costante, attenta opera di convivenza. Ma, soprattutto, senza mai dar peso ai pettegolezzi [...] È già facile creare frizioni in azienda quando si vive normalmente il proprio ruolo, figurarsi quando si è gli eredi. Ma tutti, in agenzia, e anche fra i clienti, partivano da una percezione così bassa delle mie capacità che ho avuto la fortuna di essere sottovalutato [...] Stare al di fuori del gioco creativo mi ha consentito di non prendere mai una posizione preconcetta nei confronti di un’idea. Non dovendo difendere il mio lavoro personale, non ho alcun interesse a bloccare l’idea di un altrro perché voglio far vincere la mia [...] Mio padre è stato un grande. Ed era molto creativo... Un passionale. I miei collaboratori mi giudicano un manager metodico e costante” [...] fama di “duro” [...] “[...] urlo molto meno di una volta. E comunque non mi arrabbio mai per un insuccesso. Quando sono convinto che, in partenza, il lavoro sia buono... Pazienza se abbiamo fallito” [...] molti, nell’ambiente pubblicitario, gli rinfacciano lo sfruttamento massiccio del filone della “commedia all’italiana”, tutta battute e localismi, poco adattabili e comprensibili per i mercati stranieri e le competizioni internazionali: “Quando si lanciano degli stili è inevitabile essere bersagliati dalle critiche; ma l’importante [...] è di inventarli e non di seguirli [...] con campagne come Telecom e Mulino Bianco abbiamo vinto i maggiori riconoscimenti mondiali [...]”» (Fabiana Giacomotti, “Capital” dicembre 1999).