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 2005  dicembre 04 Domenica calendario

La morale del "non sono stato io". Il Sole 24 Ore 4 dicembre 2005. A Bertolt Brecht sarebbero piaciuti I Simpson? Una domanda astrusa, forse, che probabilmente non ci sarebbe mai venuta in mente se non ce l’avesse suggerita uno dei saggi raccolti ne I Simpson e la filosofia, intitolato "Un marxista (Karl, non Groucho) a Springfield"

La morale del "non sono stato io". Il Sole 24 Ore 4 dicembre 2005. A Bertolt Brecht sarebbero piaciuti I Simpson? Una domanda astrusa, forse, che probabilmente non ci sarebbe mai venuta in mente se non ce l’avesse suggerita uno dei saggi raccolti ne I Simpson e la filosofia, intitolato "Un marxista (Karl, non Groucho) a Springfield". Per l’autore, James M. Wallace, si tratta appunto di "una specie di show televisivo brechtiano". Il drammaturgo tedesco respingeva la trama unica, i personaggi positivi, l’universalità dei temi, a favore di un effetto di "distacco" da creare nel pubblico teatrale. Qualcosa di simile fanno i Simpson con quello televisivo: strapazzano la realtà mantenendo alte le nostre capacità riflessive, impedendoci di immedesimarci troppo nei personaggi e aiutandoci a coltivare uno spazio mentale che ci permetta di valutare il contenuto ideologico di ciò che stiamo vedendo. Luca Raffaelli, nelle sue Anime disegnate, dice qualcosa di simile: "I Simpson rappresentano la satira alla sua massima espressione. La risata che dà forza alla profondità di un sentire comune, il coraggio di mostrare ciò che il mondo è, e dove va. Attraverso i cartoni animati. Che entrano nel sistema televisivo da pirati". E si chiede poi perché mai, quando i Simpson sono arrivati in Italia, nessuno li ha presentati in questo modo, sostenendo invece che si trattava dell’anima volgare dell’America. Sgomberato il campo da questo equivoco, possiamo dunque accogliere l’invito del volume a riflettere sui Simpson. Che è anche un invito dei Simpson a riflettere per nostro conto, fino a correggere, grazie a loro, i difetti di alcune impostazioni filosofiche correnti. La famiglia composta da Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie, e l’universo sociale che la circonda, entra infatti "da pirata" anche nel mondo della filosofia. Non tanto nei casi in cui i riferimenti sono evidenti, come nell’episodio Springfield utopia delle utopie. Qui si parte dalla domanda: "Perchéviviamo in una città dove i più intelligenti non hanno potere e gli stupidi governano tutto?". Si passa quindi alla costituzione di una sorta di Repubblica platonica in cui a comandare sono i sapienti, fino a rendersi conto, che &la volte i più intelligenti possono essere i più infantili". Ancora più interessante è ricavare riflessioni filosofiche da episodi in cui ve se sono assai più implicite e sfumate. a partire da qui che si possono apprezzare le qualità del volume, che, a partire dai ritratti dei personaggi principali, si trasforma in una sorta di divertente e istruttivo reference book di filosofia morale.  giusto pensare a Lisa (unico personaggio apparentemente meritevole di apprezzamento morale) come a una sorta di Socrate redivivo, e Bart invece come al più conseguente seguace di quel ragazzaccio della filosofia, decostruttore di ogni idea morale, che è stato Friedrich Nietzsche? Del resto è proprio Lisa a suggerire l’esperimento utopico ricordato sopra. Ed è Bart che, in un altro episodio, cercando di convincere Mr. Burns a portarlo con sé nel recupero dei Pescidiavoli Battaglieri, chiede: "Posso venire con voi a prendere il tesoro. Non mangerò molto e non conosco la differenza tra il bene e il male". E che dire di Homer, il capo famiglia, che in un episodio esilarante, si trova a implorare: "Oh mio Dio. Alieni dallo spazio! Non mangiatemi! Ho moglie e figli. Mangiate loro!". Non è questo il segno di un inguaribile cinismo e di una impareggiabile trasandatezza morale? Il volume si apre proprio con un’analisi, condotta da Ruja Halwa, delle virtù aristoteliche, a partire dalla quale si dimostra che Homer Simpson, da un punto di vista morale, se la cava piuttosto male. Eppure, analizzando il carattere di Homer ci si accorge anche che molti suoi comportamenti, dettati da un amore per la vita a tratti commovente, in realtà sono ammirevoli. Mostrare che ciò è possibile - che si può essere ben poco virtuosi e tuttavia non del tutto disprezzabili - è una delle sottili conclusioni, talvolta sorprendenti, presentate dal volume. un’analisi mirabile del perché, da spettatori, proviamo per Homer un sentimento più di pietà che di autentico disprezzo. Altre analisi di questo tipo si trovano nella parte dedicata espressamente alla morale. Si intitola significativamente: "Non sono stato io: l’etica dei Simpson". Un’etica in cui regnano, manco a dirlo, l’ipocrisia e la fuga dalle responsabilità. Eppure Jason Holt nel suo saggio ci mostra che il modo in cui i Simpson sono ipocriti a volte è giustificabile. E questo perché sono consapevoli, più di molti filosofi, della intrinseca conflittualità tra diversi valori e virtù, e della necessità di operare compromessi in alcune situazioni concrete. Tutto ciò attraverso gli strumenti della satira, del sarcasmo, dell’ironia, della caricatura, che investono temi in realtà assai seri: la sicurezza del nucleare, l’ambiente, l’immigrazione, i diritti degli omosessuali, le donne nell’esercito, e così via. "Paradossalmente - scrive Paul A. Cantor - è proprio la natura farsesca del programma che permette una serietà che molti altri programmi non hanno". Benché si tratti probabilmente - come afferma David Arnold in un saggio che fa sfoggio di analisi semiologiche alla Roland Barthes - di "un testo "irresponsabile", ricco di associazioni e connotazioni e perversamente avverso a veder precisate tali connotazioni... un pastiche autoparodico e autoreferenziale di testi precedenti... Irresponsabile nel senso che resiste allegramente anche al tipo di analisi amichevole che stiamo qui tentando, e se ne fa beffe". Ben detto. E questo è sicuramente il miglior complimento che un filosofo possa fare a una serie televisiva. Perché, a quanto pare, ci sono più cose in un episodio dei Simpson di quante ne possano sognare le nostre filosofie. Armando Massarenti