L’Espresso 16/02/2006, Piergiorgio Odifreddi, 16 febbraio 2006
Quanto pesano le note. L’Espresso 16 febbraio 2006. La leggenda narra che Pitagora, passeggiando per le strade di Crotone, sentì provenire dei suoni dalla bottega di un fabbro ferraio
Quanto pesano le note. L’Espresso 16 febbraio 2006. La leggenda narra che Pitagora, passeggiando per le strade di Crotone, sentì provenire dei suoni dalla bottega di un fabbro ferraio. Per capire come mai alcuni fossero consonanti, e altri invece dissonanti, egli pesò i martelli che li producevano battendo sulle incudini, e fece una scoperta sensazionale: se due martelli pesavano uno il doppio dell’altro, i suoni erano a distanza di un’ottava, mentre se pesavano uno una volta e mezza l’altro, i suoni erano a distanza di una quinta. Pitagora dedusse, in generale, che rapporti fisici tra pesi corrispondevano a rapporti armonici tra note, ed entrambi potevano essere misurati da rapporti matematici tra numeri: in altre parole, la matematica forniva un linguaggio comune per descrivere sia la natura che la musica. La teoria pitagorica ebbe un enorme successo nel produrre una visione unificata del cosmo, e nel generare una visionaria metafisica condensata in espressioni quali "l’armonia del mondo" o "la musica delle sfere". Ma conteneva un problema: poiché per salire per ottave bisogna moltiplicare per due, e per salire per quinte bisogna moltiplicare per tre mezzi, i due percorsi non si incontrano mai, benché si avvicinino enormemente dopo sette ottave e dodici quinte. Rimane però una piccola differenza, percepibile da un orecchio allenato, che produce una stonatura chiamata "comma pitagorico", ed eliminabile solo accordando gli strumenti a corda in maniera leggermente stonata. Sembrerebbe un problema da poco, ma l’avvincente libro sul temperamento di Isacoff mostra come esso abbia invece pervaso l’intera storia della musica, e più in generale della cultura, e come per risolverlo sia stato necessario temperare non solo gli strumenti, ma anche gli animi. La soluzione più nota, alla quale allude il titolo del "Clavicembalo ben temperato" di Bach, non è né la prima, né l’ultima. E neppure la più usata, visto che oggi si adotta quasi universalmente il temperamento equabile, che suddivide l’ottava in 12 semitoni tutti uguali. Piergiorgio Odifreddi