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 2006  febbraio 12 Domenica calendario

Maggio 1917: Kipling al fronte con le truppe italiane. Corriere della Sera 12 febbraio 2006. Ho letto che Rudyard Kipling - il famoso scrittore inglese - dopo aver visitato il fronte italiano nella guerra ’ 15-18, rimase così colpito dalla tenace resistenza con cui i nostri fanti andavano all’ assalto sugli ostili monti del Carso sfidando la morte quasi certa, da scrivere intense pagine di ammirato elogio

Maggio 1917: Kipling al fronte con le truppe italiane. Corriere della Sera 12 febbraio 2006. Ho letto che Rudyard Kipling - il famoso scrittore inglese - dopo aver visitato il fronte italiano nella guerra ’ 15-18, rimase così colpito dalla tenace resistenza con cui i nostri fanti andavano all’ assalto sugli ostili monti del Carso sfidando la morte quasi certa, da scrivere intense pagine di ammirato elogio. Proprio in quegli anni, più precisamente nel 1916, nacque la leggenda del «salto dei granatieri» secondo la quale quei soldati si gettarono negli strapiombi piuttosto che arrendersi, cosa che impressionò anche gli austriaci. Rimosse le incrostazioni retoriche che accompagnano spesso i fatti d’ arme, che cosa rimane di verità storica di un fatto ormai lontano nel tempo e nei costumi? lecito trarne un monito che sia moralmente valido anche ai nostri giorni, se non altro per doveroso rispetto verso quei morti? Giovanni Ghio, Livorno Caro Ghio, «salto dei granatieri» è il nome di una località sul monte Cengio dove si svolse un duro combattimento della brigata Granatieri di Sardegna durante l’ offensiva austriaca contro l’ Altopiano dei Sette Comuni, nel maggio del 1916. La leggenda, a quanto pare, nacque da questo passaggio delle memorie del generale Giuseppe Pennella, comandante della Brigata: «I pochi superstiti, per la maggior parte feriti e contusi, caddero prigionieri dopo colluttazioni disperate. Si narrava già di aver veduto rotolare per le rocce strapiombanti sull’ Astico, nel furore dell’ ardente lotta, grovigli umani di austriaci e granatieri!». Quella storia, cresciuta passando di bocca in bocca nelle trincee della Grande guerra, fu raccontata a Kipling quando visitò una fortezza chiamata la Granatiera del Cengio nel maggio del 1917 durante il suo viaggio sul fronte italiano. Ed è probabile che gli sia piaciuta. Era nello stile delle «Canzoni di caserma», pubblicate nel 1892, in cui aveva cominciato a raccontare le epiche gesta dei popoli di lingua inglese. L’ idea del viaggio venne a Sir James Rennell Rodd, un intelligente diplomatico inglese che fu ambasciatore a Roma per undici anni. Quando si accorse che l’ opinione pubblica del suo Paese seguiva distrattamente le nostre vicende e aveva una visione superficiale del costo, in uomini e denaro, che la guerra rappresentava per l’ Italia, Rennell Rodd propose ad alcuni scrittori inglesi di visitare il fronte dell’ Isonzo e del Trentino. Vennero così in Italia, nel 1916, Hillaire Belloc, romanziere e saggista, Arthur Conan Doyle, padre di Sherlock Holmes, Gilbert Chesterton, autore di romanzi polizieschi in cui il detective è un prete cattolico (Father Brown) e persino H. G. Wells, creatore di opere geniali («L’ uomo invisibile», «La guerra dei mondi», «Il primo uomo nella luna») che hanno alimentato, con le loro intuizioni, la letteratura fantascientifica del Novecento. Kipling resistette lungamente all’ invito. Aveva più di cinquant’ anni (era nato in India nel 1865), era Premio Nobel dal 1907, aveva fatto il suo ultimo viaggio guerresco in Sud Africa all’ epoca della guerra dei boeri e viveva in un villaggio del Surrey. Ma finì per cedere alle insistenze di Rennell Rodd e partì per l’ Italia il 1° maggio 1917. La sua prima tappa fu Roma dove ebbe molti incontri e assistette a una cerimonia di beatificazione in Vaticano. Di lì partì in treno per Udine dove venne accolto, probabilmente a torto, come una sorta di ambasciatore ufficioso del governo britannico. Fu ricevuto dal re e dal generale Cadorna. Fu accompagnato sul Carso nei pressi di Gradisca, fece colazione con il generale Capello a Gorizia, visitò una stazione della Croce Rossa e le postazioni avanzate delle truppe che avrebbero combattuto nelle ore seguenti la X battaglia dell’ Isonzo. Il giorno dopo fu sul Monte Sabotino, a Caporetto e a Tolmino, vale a dire nei luoghi dove il fronte italiano sarebbe stato investito, cinque mesi dopo, dalla travolgente avanzata austro-tedesca. Da Udine, dove rientrò il 13 maggio, partì per il fronte delle Dolomiti. Attraversò il Passo del Falzarego, arrivò a Cortina e di lì, sulla strada per Vicenza, proseguì per l’ Altopiano dei Sette Comuni dove vide, per l’ appunto, la Granatiera del Cengio. A ciascuna di queste tappe Kipling dedicò una corrispondenza che venne pubblicata in Gran Bretagna, in Italia e negli Stati Uniti. Raccontò nel suo stile l’ atmosfera degli avamposti, la vita di trincea, il suo incontro con Vittorio Emanuele III, lo stato d’ animo dei soldati. Furono articoli marziali e patriottici, nello stile di quelli con cui gli intellettuali dei due campi (le stesse cose accadevano nelle retrovie degli imperi centrali) davano il loro contributo d’ inchiostro allo sforzo dei loro Paesi in guerra. Prima di essere pubblicati vennero letti attentamente, beninteso, dai servizi di propaganda e censura delle forze armate britanniche, decisi ad assicurarsi che il tono fosse utile allo scopo. Ve ne fu uno infatti su cui la censura intervenne pesantemente. Era l’ articolo datato da Roma in cui Kipling parlava molto criticamente della società politica italiana. Sergio Romano