Corriere della Sera 02/02/2006, pag.37 Sergio Romano, 2 febbraio 2006
Grecia 1940: la guerra che spezzò le reni al regime. Corriere della Sera 2 febbraio 2006. Prendo visione, nella risposta data a un suo lettore, di estratti dal diario di Ciano dai quali si evince la sua forte avversione alla guerra di aggressione voluta da Hitler e sostenuta tramite il suo ministro degli Esteri von Ribbentrop nei colloqui del 1939
Grecia 1940: la guerra che spezzò le reni al regime. Corriere della Sera 2 febbraio 2006. Prendo visione, nella risposta data a un suo lettore, di estratti dal diario di Ciano dai quali si evince la sua forte avversione alla guerra di aggressione voluta da Hitler e sostenuta tramite il suo ministro degli Esteri von Ribbentrop nei colloqui del 1939. Tutto bene, ma mi chiedo come si concili questo con la descrizione di Ciano che fa Mario Cervi nel suo libro «Storia della guerra di Grecia» (il testo mi è sembrato molto documentato e circostanziato oltre che sereno)? Questa guerra viene descritta come la guerra personale di Ciano, da lui e da parte del suo entourage fortemente voluta e provocata. Roberto Zorzi Caro Zorzi, nel 1966, quando apparve la prima edizione del libro di Mario Cervi, il settimanale letterario del Times scrisse che la «Storia della guerra di Grecia» era «di gran lunga il miglior resoconto della guerra italo-greca che sia stato pubblicato in qualsiasi lingua». Letto ora nella sua ultima edizione, uscita presso Rizzoli nel 2001, il libro conserva tutte le sue qualità. preciso, documentato, ben scritto e coglie perfettamente le ragioni per cui Mussolini decise un’ operazione che non avrebbe «spezzato le reni alla Grecia», come egli disse baldanzosamente all’ inizio delle operazioni, ma messo in ginocchio il regime. Aggiungo che Cervi ha perfettamente ragione quando osserva che Ciano era favorevole all’ operazione. L’ intesa e la complicità emergono chiaramente, del resto, dall’ incontro che il ministro degli Esteri ebbe con il maresciallo Badoglio il 17 ottobre, 11 giorni prima dello scoppio del conflitto. Quando Badoglio gli disse che i tre capi di stato maggiore si erano «unanimemente pronunciati contro» e sostenne che la guerra avrebbe esaurito le «nostre magre risorse», Ciano si limitò a dire: «Sotto l’ aspetto politico il momento è buono. La Grecia è isolata. La Turchia non si muoverà. La Jugoslavia nemmeno. I bulgari, se entreranno, saranno con noi». Non vi è contraddizione, tuttavia, tra la posizione che il genero di Mussolini aveva assunto alla fine del 1939 e l’ entusiasmo con cui collaborò ai piani del suocero per l’ invasione della Grecia. Ciano non voleva che l’ Italia facesse una guerra «tedesca», dettata dai tempi, dalla strategia e dalla volontà di potenza del Terzo Reich. Ma era favorevole a una guerra «italiana» che aveva, ai suoi occhi, due meriti. Avrebbe enormemente rafforzato la posizione dell’ Italia nella penisola balcanica e sarebbe stata una orgogliosa reazione alle ambizioni egemoniche della Germania. All’ unilateralismo tedesco, come lo definiremmo oggi, l’ Italia avrebbe dato una risposta altrettanto unilaterale. Aggiunga a queste considerazioni, caro Zorzi, che la guerra piaceva a Ciano anche perché il pretesto adottato da Mussolini era la rivendicazione di una provincia albanese «irredenta», la Ciamuria, che apparteneva alla Grecia. Il genero di Mussolini considerava l’ Albania un feudo personale, la visitava frequentemente, teneva i contatti con i notabili locali, interferiva nella politica del viceré. Cambiò persino il nome di una cittadina della costa che i veneziani chiamavano Santi Quaranta e la battezzò Porto Edda, in onore di sua moglie. Approfitto della sua lettera, caro Zorzi, per una breve incursione nella terra della «storia fatta con i se». Nel suo libro Cervi trascrive le parole con cui Hitler, verso la fine della sua vita, giudicò la guerra di Grecia: «L’ improvvisa entrata in guerra dell’ Italia diede ai nostri nemici le prime vittorie e quindi la possibilità a Churchill di ravvivare il coraggio dei suoi compatrioti e di dare speranza agli anglofili di tutto il mondo. E pur accorgendosi di non poter mantenere le loro posizioni in Abissinia e in Cirenaica, gli italiani ebbero il coraggio di lanciarsi nella inutile campagna di Grecia senza chiederci consigli e senza neppure preavvisarci. Le vergognose sconfitte da essi subite ci procurarono poi lo scherno e il disprezzo degli Stati balcanici. Queste e non altre furono le cause dell’ irrigidimento della Jugoslavia e del suo voltafaccia nella primavera del 1941 e questi i motivi per cui fummo costretti a intervenire nei Balcani ritardando in modo catastrofico il nostro attacco alla Russia. Se la guerra fosse stata condotta dalla sola Germania e non dall’ Asse, saremmo stati in grado di attaccare la Russia entro il 15 maggio 1941. Doppiamente rafforzati dal fatto che le nostre forze avevano riportato soltanto vittorie decisive e inconfutabili, avremmo potuto concludere la campagna prima dell’ inizio dell’ inverno». Insomma non abbiamo vinto la guerra, ma siamo riusciti a impedire che fosse vinta dalla Germania. Sergio Romano