Varie, 14 febbraio 2006
BONANNI
BONANNI Raffaele Bomba (Chieti) 10 giugno 1949. Sindacalista. Segretario della Cisl (dal 2006) • «[...] dantoniano un tempo, oggi vicino alla Margherita per via di Marini. Uomo spigoloso e diffidente, poco noto fuori dal sindacato, nonostante i forti legami personali con alcuni settori imprenditoriali, così come tra i partiti del centrodestra. [...]» (Roberto Mania, ”la Repubblica” 10/4/2006). «[...] una lunga esperienza di sindacalista nel settore degli edili. Al vertice Cisl ha la delega delle politiche del lavoro e del Mezzogiorno, veste nella quale si è battuto a lungo per ”migliorare” (non cancellare, quindi) la legge Biagi sul mercato del lavoro. stato portato in segreteria confederale da un altro leader cislino approdato (con poco successo, in verità) in politica, Sergio D’Antoni. La sua appartenenza dantoniana e l’accostamento per la successione a Pierpaolo Beretta, un nome che è l’espressione dell’area di minoranza della sinistra carnitiana e l’ipotesi data per probabile che i due ricopriranno le cariche di segretario e di segretario aggiunto dell’organizzazione sindacale, dicono di un riavvicinamento tra le due anime della Cisl. [...]» (’La Stampa” 14/2/2006). «Molti anni fa ha adottato come maître à penser l’ex leader della Cisl e oggi parlamentare della Marghertita Sergio D’Antoni. Ma del fatto che la coerenza fosse solo un inutile optional s’era convinto già prima, da solo. stato nel 1970, quando, allora ventenne, aveva trovato lavoro come magazziniere in un cantiere edile della Val di Sangro. Figlio del popolarissimo segretario del Pci di Bomba, il paesello natio in provincia di Chieti, il giovane Bonanni si era iscritto alla Cgil. Nominato delegato sindacale, lesto aveva capito come arringare i muratori fosse meno faticoso che impilare mattoni. Così, s’era offerto come sindacalista a tempo pieno. Incassato un secco rifiuto dalla Cgil, aveva fatto spallucce ed era scomparso. Per riapparire d’incanto nei ranghi della Cisl a Palermo, dove D’Antoni faceva il bello e il cattivo tempo dalla poltrona di segretario della locale Camera del Lavoro. Il sodalizio con D’Antoni, e ancor più con il suo braccio destro Luigi Cocilovo, non si interromperà più. Sulle orme dei due Bonanni inizia la sua scalata. Segretario della Cisl a Palermo. Poi leader del sindacato isolano, quando dietro lo striscione ”Eccoci qua, siamo le vittime della trasparenza”, guida in corteo un gruppo di lavoratori rimasti disoccupati per la chiusura di alcune aziende in odore di mafia. Fino al grande salto del 1991, con l’incarico di capo degli edili, un pacchetto da 250 mila iscritti. Bonanni si fa le ossa scontrandosi duramente con Carla Cantone, tostissima collega della Cgil che nel corso di una riunione con i costruttori dell’Ance lo mette ko davanti a tutti con un formidabile gancio sinistro. Bonanni si lagna con D’Antoni. Il numero uno della Cisl protesta con Sergio Cofferati, che se la ride sotto i baffi. Il leader di Bomba incassa e va dritto per la sua strada. Nel 98, quando entra nella segreteria confederale della Cisl, confida agli amici. ” solo questione di tempo; alla fine il numero uno sarò io”. Siccome ci crede davvero, sgomita. Si trasferisce a Roma. Riempie il guardaroba di gessati scuri. Comincia a coltivare con metodo lo zoccolo duro della Cisl dantoniana, fino a diventare un signore delle tessere tra i lavoratori del pubblico impiego, i commercianti e i braccianti. Intanto, stabilisce rapporti con il mondo politico romano. Lo fa in modo trasversale. Cattolicissimo (è legato al movimento dei neocatecumenali), autodidatta ma sedicente poliglotta, a tutti regala libri sul papa, sui quali verga pure una dedica. Negli anni della Confindustria di Antonio D’Amato, che lui mostra di apprezzare, e mentre D’Antoni coltiva le sue ambizioni di leader politico nel centro-destra, Bonanni trama d’intesa con il ministro leghista del Welfare Roberto Maroni. E più ancora con il suo sottosegretario Maurizio Sacconi, uno cui la sigla Cgil fa lo stesso effetto del drappo rosso agli occhi del toro. Teorico degli accordi separati (senza cioè la Cgil), scavalca il suo leader Savino Pezzotta. Apre alla cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Lavora alla legge Biagi e alla stesura del Patto per l’Italia. Di fatto, diventa il vero interlocutore nella Cisl del governo Berlusconi. Poi D’Antoni, che in attesa di passare la mano al fido Bonanni s’è inventato la segreteria Pezzotta, cambia idea come spesso gli accade e trova ospitalità nella Margherita. Eccellente ballerino (anni fa strappò l’applauso a un gruppo di colleghi spagnoli esibendosi in un impeccabile flamenco), Bonanni esegue lesto la medesima giravolta. Si ricolloca, piazzandosi sotto l’ala di Franco Marini. E all’improvviso il passato gli appare sotto una luce un po’ diversa: ”Chiediamo discontinuità rispetto al precedente esecutivo, così forte del proprio consenso elettorale da negare ogni legittimo confronto con le parti sociali”, tuona il 27 aprile. Prodi dovrà rimuovere questa stagione indegna di una democrazia evoluta. quasi una vergogna che non gli abbiamo fatto un clamoroso sciopero contro”. Messo alla porta l’infedele Pezzotta, che si era smarcato da D’Antoni & C., Bonanni ha traslocato nella stanza di segretario della Cisl portandosi appresso una delle cose cui tiene di più: una foto che lo ritrae mentre stringe la mano all’ex vice presidente Usa, Al Gore. Sulla poltrona di numero uno è arrivato con una maggioranza schiacciante. Ha raccolto 220 voti sui 243 del consiglio generale. Le tessere del filone più meridionale della Cisl, ispirato a un sindacalismo politico ancorato a una visione assistenzialista. Appena eletto, forte di 4 milioni e 287 mila iscritti, ha sparato a palle incatenate sulla Cgil. Un po’ per solleticare l’anticomunismo viscerale della sua base. Soprattutto, per mandare un messaggio preciso: ritrovato nella Margherita un punto di riferimento politico, la Cisl non intende farsi ricacciare nell’angolo, com’era avvenuto con i precedenti governi del centro-sinistra» (Stefano Livadiotti, ”L’espresso” 18/2/2006).