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 2006  febbraio 02 Giovedì calendario

Gli ingredienti. Nova Il Sole 24 Ore 2 febbraio 2006. L’idrogeno è al primo posto nella tavola periodica perché un elemento più elementare di così non c’è

Gli ingredienti. Nova Il Sole 24 Ore 2 febbraio 2006. L’idrogeno è al primo posto nella tavola periodica perché un elemento più elementare di così non c’è. ”Aria infiammabile” l’aveva chiamato Henry Cavendish quando l’aveva isolato nel 1766. Discendente miliardario di uno duca del Devonshire e di uno del Kent, prima s’era isolato egli stesso per ”un singolare amore della solitudine”. In realtà, non mancava mai alla cena settimanale del Royal Society Club, il che fa sospettare che gradisse più la compagnia di altri scienziati che delle signorine da marito davanti alle quali era timido, distratto e balbettante sotto un tricorno démodé da un secolo. Comunque sulla combustibilità dell’idrogeno aveva ragione da vendere, il che rende un tantino azzardata l’idea di farne un carburante. Rappresenta il 77% delle stelle e per quantità di atomi ha la maggioranza assoluta nel nostro organismo, e non solo, perché non è libero. Lasciato a se stesso è talmente leggero che non lo trattiene nemmeno l’attrazione gravitazionale della Terra. Pianeti, batteri, sequoie, balene, Homo sapiens, l’idrogeno ci rende tutti ”figli delle stelle”, un impasto di atomi meno elementari usciti dal reattore nucleare del Sole e dei suoi simili, e attaccati l’uno all’altro da elettroni disposti a nuvoletta attorno a ciascun atomo. Se quelli più esterni riescono a farsi accettare nella nuvoletta accanto, vengono condivisi da due atomi e formano un legame. Di solito lo ignoriamo e secondo i chimici è un’ingiustizia: da quel legame dipende la nostra stessa esistenza, dovremmo conoscerlo e volergli bene. E’ ingiusto altresì che tutti abbiano sentito parlare del Tao della fisica, il saggio di Fritjof Capra che s’aggira nell’empireo delle idee, mentre pochi sanno del Ciao della chimica, dove Ciao è l’acronimo dei quattro elementi indispensabili alla vita nella sua bassa materialità: carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno. Sono in cima alla tabella che descrive la composizione di un corpo umano e la cui prima riga crea un attimo di sconcerto. Quei 41 chili di ossigeno per 70 chili di peso medio significano forse che siamo tutti palloni gonfiati? Non farà male portarsi dentro un gas che reagisce a ogni provocazione e se arruginisce il ferro, chissà le nostre giunture? No, i lettori si rassicurino. Per lo più quei 41 chili si associano due atomi per volta a uno di idrogeno, il sodalizio si scrive H2O ed è il liquido meno infiammabile che ci sia. Due H e si capisce: l’idrogeno è l’elemento più abbondante dell’universo mentre l’O scarseggia. Quaggiù, si ritiene che batteri primigeni si siano messi a esalarlo 3,8 miliardi di anni fa, rendendoci l’aria respirabile. Ma sulla rivista Science del 3 febbraio Martin Kennedy, dell’università della California, calcola che tra un miliardo e 500 milioni di anni fa, l’atmosfera si è stabilmente arrichita d’ossigeno per un aumento dei depositi argillosi marini, i quali avrebbero impedito così ai materiali organici di ossidarsi. La tabella indica una media e non tutti gli esseri umani sono parimenti ossigenati e annacquati. Jeffrey Utz, dell’università degli Allegheny in Pennsylvania, precisa che un neonato contiene un 78% d’acqua, a un anno il livello è sceso al 65%, da adulto ne conterrà il 60% e se si tratta di un’adulta il 55% perché il contenuto d’acqua diminuisce quando aumenta quello dei grassi e le femmine, sempre in media, sono più rotonde. Ciò detto, il peso dell’ossigeno resta sorprendente. Roald Hoffmann dell’università Cornell, che pur essendo un teorico ha ricevuto il Nobel per la chimica nel 1981 e ha scritto con un collega la commedia intitolata ”Ossigeno”, precisa a sua volta che ”in materia di atomi, l’idrogeno è proprio il minimo: un protone, un neutrone e via. Mentre l’ossigeno...,” qui sono omessi voli pindarici, ”pesa sedici volte tanto, con tutti quei protoni (8) e neutroni (8). Quindi la massa della nostra acqua è all’88,9% dovuta all’ossigeno sebbene ne rappresenti soltanto il 33,3% degli atomi.” Ma così vengono 37,7 chili d’ossigeno. ”Il resto sta in altre molecole, come l’emoglobina: 2 954 atomi di carbonio, 4 516 d’idrogeno, 806 d’ossigeno, 780 d’azoto, 12 di zolfo e 4 di ferro, uno splendore.” Splendida, però priva di calcio e fosforo i quali sommati al Ciao ci costituiscono al 99%. Persino chi ha adottato il motto ”conta più la qualità della quantità” troverà insufficiente 1,2 kg. di calcio. Infatti ci rompiano. Non siamo molto bravi a ricavarlo dall’ambiente, mentre un bivalve qualsiasi se lo procura dal mare e se vuole lo trasforma in madreperla. Fosssimo altrettanto dotati, lo smalto si rinnoverebbe sui nostri denti e il teschio comtemplato da Amleto avrebbe tuttora un sorriso abbagliante. Come lo zolfo evocatore di trame diaboliche e usato a scopi bellici dai tempi dell’Antico Testamento, il fosforo non è mai stato in odore di santità. Eppure quand’è stato isolato le gazzette d’Europa gridarono al miracolo. Nel 1669, l’alchimista tedesco Hennig Brand l’aveva purificato dal residuo di 60 secchi della propria urina fatta bollire per giorni e poco dopo aveva capito che produceva ustioni e fosforescenza. Nel secolo scorso, s’è capito pure che partecipa alla riproduzione della vita terrestre perché rappresenta il 10% del Dna. Quando cellule e organismi muoiono quel 10% finisce in fondo al mare e a lungo ci si è chiesto dove se lo procurassero le cellule e gli organismi che nascono. Roberto Danovaro e Antonio dell’Anno, all’università delle Marche, hanno risolto il mistero nell’ottobre scorso su Science: batteri, virus e altri microbi marini riciclano il Dna dei defunti, ne trasformano il fosforo in nutrienti per plancton e alghe che lo immettono nella catena alimentare. E’ comprensibile la presenza di metalli andanti e di facile estrazione, ma altri sono rari e cari. Si noti per esempio che il prezzo del vanadio, aggiunto all’acciaio per irrobustirlo, è in rialzo grazie alla domanda cinese. Il potassio è più economico, ma un etto e mezzo pare una quantità esagerata. In natura è spesso radioattivo, tant’è che per incitare i francesi costruire altre centrali nucleari il fisico Georges Charpak sostiene che a dosi moderate le radiazioni non danneggino affatto il Dna, come vanno cianciando i genetisti, altrimenti con tanto potassio inside, avremmo scoperto da tempo che dormire in due nello stesso letto è letale. Cosa ci facciano certi metalli nelle cellule è ancora poco chiaro e se ne occupa una disciplina recente: la chimica bioinorganica, un nome che suonerà agli orecchi di molti come un paradosso. Tipicamente ”bio” sono le molecole organiche, fatte soprattutto di carbonio e idrogeno. Con due soli atomi la natura ottiene una strabiliante varietà di combinazioni: si pensi agli idrocarburi e ai carboidrati, stessi ingredienti e sapore assai diverso. Con l’ossigeno e l’azoto, sono molecole organiche gli amminoacidi, i componenti delle centinaia di migliaia di proteine che la proteomica, altra disciplina recente, vuol definire una per una. A definire sul serio l’organico, tuttavia, è il carbonio uno e multiforme al quale Primo Levi ha dedicato un capitolo pieno di tenerezza nella Tavola periodica. Levi partiva da quello contenuto in un bicchiere di latte, infatti non poteva conoscerne la fonte cosmica: è stata appena identificata da Thomas Bensby e Sofia Feltzing mentre erano di turno all’Osservatorio meridionale europeo di La Silla, in Cile. Il carbonio, scrivono sul numero di febbraio delle Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, viene dalle ”giganti rosse”, grandi stelle all’agonia che nello spegnersi producono la materia prima della vita. Sylvie Coyaud