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 2006  febbraio 13 Lunedì calendario

RicciLucchi Angela

• Nata a Lugo di Romagna nel 1942. Regista. In coppia con Yervant Gianikian. «[...] allieva di Kokoschka a Vienna. [...] piccola, il viso ovale, quasi cinese, sorridente ti osserva con calma ed enigmatica curiosità orientale. [...] ”[...] non ho neppure frequentato l’Accademia; non ho terminato nessun tipo di studio. All’inizio degli anni Settanta seguivo le lezioni di Francesco Arcangeli a Bologna, da uditrice. Kokoschka, poi, mi ha rilasciato un diploma in cui si diceva: questa artista deve essere mantenuta dallo Stato. Ovviamente non è stato così”. [...] con Gianikian si sono conosciuti tramite Corrado Costa, il geniale poeta della neoavanguardia, nel 1974. Aveva appena tenuto una mostra al Palazzo dei Diamanti a Ferrara, ma già cercava di realizzare immagini in movimento: ”Avevo fatto un film in campagna, dai miei, poi rielaborato con Yervant nel 1974”. Perché siete passati al cinema? ”Era una cosa nell’aria allora, nelle avanguardie del periodo. C’era già stato Duchamp, con i suoi brevi film, un maestro per tutti. Nel 1979 abbiamo iniziato un film Karagoez, una sorta di teatro d’ombre, usando film amatoriali prodotti in formato 9,5 mm, quello di Pathé Baby del 1922. Stavamo mettendo a punto il nostro metodo e abbiamo incontrato l’archivio di Comerio. Ce l’aveva uno strano personaggio che trafficava in fiori finti a Milano”. In un libro dedicato a Gianikian e Ricci-Lucchi (ed. il Castoro) Paolo Mereghetti e Enrico Nosei spiegano come la loro cinepresa abbia le caratteristiche del microscopio; più vicina alla fotografia che al cinema: ricorda Muybridge e Marey più che i fratelli Lumière. Lo scopo di questa tecnica è quello di riprendere i dettagli secondari del film, scrutandolo fotogramma per fotogramma, per realizzare un film che restituisce sullo schermo il processo stesso della memoria. I loro film sono infatti composti di tracce mnestiche, ricordi che paiono illuminare con il loro ritmo di scorrimento quasi ipnotico la realtà più di un film realistico. [...] Yervant Gianikian e Angela Ricci-Lucchi sono come due sciamani, due maghi, scesi all’Inferno, nelle profondità smarrite della Storia, per riportarne alla luce la vera immagine. Novelli Orfeo del cinema, trafficano con la morte e rendono luminoso ciò che è oscuro, esercitando un controllo sulle nostre angosce; tuttavia, come nel mito, non possono girarsi per guardare in faccia Euridice, così ci restituiscono la sua immagine in maniera elaborata, sotto forma poetica, utilizzando la ”camera analitica”. I critici parlano di cinema d’avanguardia, ma anche di cinema politico. Mereghetti ha scritto che il loro archivio non è rivolto all’archeologia, non contiene nessuna nostalgia: diventa efficace proprio nel confronto con l’oggi. ”Nel 2000 abbiamo portato Inventario balcanico, un film realizzato usando materiale amatoriale, vecchi filmini casalinghi, un cortometraggio di un soldato tedesco, attraverso le capitali dell’ex Jugoslavia. Volevamo mostrare come le diverse comunità avessero convissuto insieme. In Serbia siamo stati fermati dopo la proiezione. Dimostravamo che con quella guerra fratricida l’Europa si stava suicidando per la terza volta”. Perché lavorate in questo modo affidandovi solo al dettaglio e al colore? ”Vogliamo che siano le immagini a parlare da sole. In fondo noi riscriviamo la storia; a volte la ribaltiamo persino. Quando i conservatori degli archivi vengono a vedere i film realizzati con i loro materiali, non li riconoscono. come se ogni volta noi entrassimo nel film, lo rifacessimo; ma al tempo stesso troviamo quello che c’è dentro, nascosto: lo mostriamo per la prima volta”. Angela tiene da molti anni il diario del loro lavoro. Dipinge acquerelli su taccuini; sono appunti visivi, ma anche racconti di viaggio, resoconti della lavorazione dei film, promemoria, persino note di lettura e recensioni di libri letti. Si tratta di disegni piccoli, minuziosi, ricchi di dettagli, tracciati con mano leggera, infantile, colorati con garbo, che assumono, tutti insieme, la forma di un lungo racconto per frammenti. ”Ho cominciato parecchi anni fa, durante un viaggio in Turchia, su un cargo, per riempire il tempo”. [...] La loro casa-laboratorio assomiglia ad alcune delle loro opere. In cucina, su una vecchia madia dipinta di bianco, accostata alla finestra, ci sono dei portacenere, quasi una collezione, oggetti scelti con cura e appoggiati con nonchalance, simili a quelli che Angela dipinge sui suoi quaderni. Anni fa, nel 1987, hanno fatto un viaggio nell’Armenia sovietica con Walter Chiari, loro amico, durante una tournée. Hanno girato nove ore di pellicola, un altro film dedicato a quel paese che non hanno ancora montato. ”Faceva degli spettacoli in giro. Tempo dopo accadde il terribile terremoto, e Walter mi telefona. Era in ospedale, stava già male. Mi dice: ”Ma sono tutti scomparsi? Allora ho ballato coi morti!’”» (Marco Belpoliti, ”La Stampa” 13/2/2006).