Varie, 13 febbraio 2006
CASIRAGHI
CASIRAGHI Roberto Milano 19 novembre 1957. Pittore • «[...] un trittico [...] Memori amnesie. Vi sono raffigurati tre spazi che, senza un punto che ancori una loro parte a un luogo, senza un appiglio prospettico, lentamente trascorrono. Passano davanti allo sguardo, e sollevano al passaggio radi colori, baluginii ovattati e intermittenti, segni appena intercettati nel soffio di vento che li sparpaglia. La superficie è detta, e subito negata. Asserita dal poco che usa questa pittura per apparire: costruita lineis et coloribus, avrebbero detto gli antichi: soltanto, senz’altri orpelli e suggestioni. Ma negata poi dal suo stare lontano da ogni asseverazione, da ogni tautologia (è lontanissima da Casiraghi l’egida della pittura analitica d’anni Settanta); negata dalla densità di spazio e di tempo che l’immagine, infine, rappresenta. La memoria, allora - pensi di fronte a essa - l’ha generata; la memoria che non s’accontenta di annebbiare, di confondere un evento, una flagranza di natura; ma si qualifica come modo linguistico che dà durata all´esistente; che spera forse di eternarlo. Come fu, un secolo fa, in Gorky, in Afro. Casiraghi è una persona singolare. nato a Milano, ma poi ha scelto di andare a vivere - dice - ”nel paese più piccolo della provincia di Milano, Bettola di Calvinasco”. Dove ha anche uno studio, freddo e ingombro. Ha fatto la prima mostra a Stoccarda (con la Germania ha poi mantenuto un resistente rapporto espositivo), nel 1989. Ha vinto una cattedra all’Accademia, e insegna, con entusiasmo e fatica, a Sassari (fra treni e traghetti che forse partono e forse no, e aerei troppo cari). Ha continuato sempre a dipingere, ma troppo poco per interessare davvero il mercato (quello che è rimasto a occuparsi della pittura). Ha sempre continuato ad avere, sulla gran testa rigorosamente glabra, un sorriso che ti ferisce, quasi, con la sua purezza. Ha continuato a pensare con la testa sua. Ha continuato a guardare la pittura: fra i suoi amori, in disordine, Gino Meloni, Eva Hesse, Gianni Colombo, Mario Raciti, Claudio Olivieri, Vasco Bendini. Fanno tutte parte, queste esperienze, di un laboratorio che Casiraghi ha alle spalle; e lui, lungi dal dimenticarle, se ne infiamma ancora (cosa mai fu capace di dire, a ogni suo amico, d’una mostra [...] di Bendini a Bologna!). Laboratorio che è stato testardo e necessario, di una mano che si educa, costruendosi una lingua. Ma sa anche che quei tempi sono passati; che questi sono altri anni, disillusi sulla pienezza di senso cui possa ambire, oggi, quella somma di atti enumerati, chiamati per nome, governati e costretti dal progetto con cui la pittura aveva sperato d’innalzare attorno a essa un muro inattaccabile. Sa che un margine nuovo deve essere lasciato all’ardimento, al rischio della vita e della sua contraddizione. Memori amnesie, allora [...]» (’la Repubblica” 13/1/2006).