MACCHINA DEL TEMPO MARZO 2006, 13 febbraio 2006
Tutto è cominciato con la storia del ”paradosso francese”, ossia con la scoperta che i nostri cugini d’Oltralpe, nonostante la loro dieta ricca di grassi (formaggi, creme e salsine varie), presentassero una bassa incidenza di malattie cardio-vascolari
Tutto è cominciato con la storia del ”paradosso francese”, ossia con la scoperta che i nostri cugini d’Oltralpe, nonostante la loro dieta ricca di grassi (formaggi, creme e salsine varie), presentassero una bassa incidenza di malattie cardio-vascolari . Il ”miracolo”, si scoprì in seguito, era da attribuirsi al vino rosso e più precisamente al resveratrolo, un composto polifenolico presente nella buccia dei frutti rossi: dall’uva alle prugne, persino nelle arachidi. Una scoperta recente, quella della medicina occidentale. Molto più antica quella della medicina orientale che utilizza il resveratrolo da almeno un millennio: i medici-erboristi cinesi avevano già individuato empiricamente il principio attivo nelle radici di una pianta chiamata Ko-jo-Kon (Polygonum cuspidatum), intuendone tutta la potenzialità per curare polmoniti, arteriosclerosi, dermatiti, infiammazioni e gonorrea. Le prime osservazioni scientifiche di un possibile effetto antinfluenzale del resveratrolo risalgono a qualche anno fa. Un gruppo di ricercatori spagnoli aveva infatti intuito che il vino rosso, a differenza di altre bevande alcoliche, era in grado di contrastare il diffondersi dell’influenza. Gli autori, per il loro studio pubblicato sull’American Journal of Epidemiology, avevano arruolato oltre 4.000 studenti universitari e avevano studiato le abitudini alcoliche in relazione con il rischio di sviluppare una sindrome influenzale. I risultati? Il rischio di rimanere contagiati dall’influenza non variava bevendo birra o superalcolici, mentre risultava fortemente ridotto da un consumo moderato di vino, in particolare rosso, ricco appunto di resveratrolo. A dimostrare in maniera più diretta le capacità antivirali del resveratrolo è stato un gruppo di ricercatori italiani guidato da Enrico Garaci, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e ordinario di Microbiologia all’Università di Tor Vergata, e da Anna Teresa Palamara, della cattedra di Microbiologia dell’Università La Sapienza di Roma (lo studio è stato pubblicato sul prestigioso ”Journal Infectious Diseases”). Ce lo racconta Menotti Calvani, docente di Metabolismo all’Istituto di Medicina Interna dell’Università Cattolica di Roma e Direttore Scientifico dell’azienda farmaceutica Sigma-tau: «I ricercatori hanno prima verificato il meccanismo d’azione in vitro del resveratrolo. Poi hanno somministrato una dose letale di virus influenzale a un gruppo di topi; con questa, metà ha assunto per una settimana una dose quotidiana di resveratrolo, mentre l’altra metà riceveva un placebo. L’efficacia del resveratrolo è andata oltre le più rosee aspettative: nei topi è stata registrata una riduzione della mortalità pari al 60 per cento; inoltre l’analisi dei polmoni dei topi che avevano contratto una polmonite letale, causata dal virus influenzale, ha evidenziato che negli animali trattati con resveratrolo la carica virale era ridotta del 98 per cento rispetto a quelli del gruppo di controllo». Ma quanto vino rosso dovremmo bere per proteggerci dall’influenza? «Uno o due litri di Nero d’Avola al giorno», dice Menotti Calvani. «Ma oggi esiste in Italia il Resvis XR, un prodotto a base di resveratrolo commercializzato da Biofutura Pharma SpA, del gruppo Sigma-tau». Come funziona? «Due compresse al giorno, per quindici giorni, aiutano a guarire dall’influenza». Quindi potremo dire addio ai vaccini? «Nel resveratrolo noi ci crediamo davvero: non per nulla, in questo progetto, abbiamo investito due milioni di euro tra il 2005 e il 2007. E l’area della ricerca sull’influenza aviaria ha nel progetto un ruolo prioritario».