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 2006  febbraio 10 Venerdì calendario

Caro direttore, ho letto con grande attenzione gli articoli che Francesco Forte ha dedicato alla vicenda Ifil-Exor

Caro direttore, ho letto con grande attenzione gli articoli che Francesco Forte ha dedicato alla vicenda Ifil-Exor. Soprattutto, li ho letti con la stima che al professor Forte mi lega da anni, perché lui è di quelli attenti a considerare numeri e norme per quello che sono, e non per quello che le facili polemiche vorrebbero che fossero. Detto questo, io personalmente e tutti noi di Finanza&Mercati non siamo d’accordo con le conclusioni di Forte. E poiché stiamo parlando della Fiat, che continua a chiedere aiuti al governo per i suoi esuberi nicchiando a Maroni che invece giustamente tiene duro, forse può interessare ai lettori di Libero sapere perché. Due volte può interessarli, se per caso fossero operatori del mercato pronti a sottoscrivere nuove obbligazioni Fiat, che l’azienda oggi è tornata ad annunciare visto che riprende a fare utili dopo anni di perdita a bocca di barile. Con gli Agnelli bisogna stare ben attenti, alla luce di quanto è avvenuto. Forte spiega che era in corso una conversione di obbligazioni in azioni Fiat che avrebbe diluito la quota di controllo degli Agnelli sotto il 30% che li rende in controllo della holding torinese e al riparo da scalate. Aggiunge che si siano impegnati – tramite una loro controllata lussemburghese – ad acquistare il numero di azioni che consente loro di non scendere sotto il 30% alla stessa data in cui le banche prestatrici sarebbero esse divenute le prime azioniste Fiat, non comporta né obbligo di Opa né il dovere di informarne il mercato. Il primo punto – l’obbligo di Opa – è quanto meno tecnicamente controverso. Il secondo, per nulla. Andiamo per ordine. L’operazione di risalita in Fiat messa in piedi dagli Agnelli con le banche estere si deve a quei grandi maestri del diritto e della finanza che sono Gabetti e Grande Stevens. Essa si basa su una lacuna della legge Draghi, il testo unico della Finanza. La norma attuale – bisognerà cambiarla - non equipara all’acquisto reale di titoli i contratti derivati – quelli ai quali nella primavera 2005 hanno fatto ricorso in Ifil-Exor per impegnarsi a rilevare dalle banche straniere che avrebbero comprato titoli Fiat nel frattempo quel certo quantitativo di azioni necessarie il 15 settembre a impedire che le banche del prestito convertendo diventassero loro prime azioniste in Fiat. Ma il mercato per tutta l’estate che cosa sapeva? Che a settembre le banche avrebbero convertito il loro prestito, e che Ifil non si sarebbe opposta. Dunque chi aveva titoli Fiat in portafoglio si è comportato ”scontando” l’eventualità che, senza più un soggetto al di sopra della soglia del 30% in Fiat, da settembre in avanti potesse scattare un’operazione sul mercato volta a garantire un nuovo nucleo di controllo alla holding torinese: con tanto di regolare lancio di offerte pubbliche d’acquisto, estese a tutti i soci di minoranza. Il titolo Fiat è cresciuto vertiginosamente dai 5 ai quasi 8 euro, da aprile a metà settembre, anche per questo. Ed è per questo che, secondo noi, una volta appresa la ”sorpresa” della risalita tramite derivati la Consob doveva tutelare il mercato sancendo per l’Ifil una bella opa obbligatoria, visto che il suo scendere sotto il 30% scontato dal mercato è risultato una bufala. Quanto poi ai reati collegati alle mancate informative al mercato, il fatto è lapalissiano. Per due volte, di fronte al fatto che il titolo Fiat saliva in Borsa a rotta di collo, grazie anche alla pressione di noi giornalisti la Consob chiese a Ifil che cosa diavolo le risultasse. Il 26 luglio e il 24 agosto Ifil rispose alla Consob che non aveva la minima idea del perché il titolo fosse in tanto vorticosa risalita, perchè nessun nuovo dato finanziario o industriale giustificava l’andamento, né Ifil stava compiendo alcuna operazione. Ed ecco la duplice balla. Non era infatti Ifil a comprare sul mercato: ma le banche straniere alle quali Ifil-Exor avevano dato esplicito mandato in tal senso nella primavera precedente. Dirsene all’oscuro, da parte dei torinesi, è stata deliberata volontà di tenere il mercato all’oscuro di ciò di cui invece andava informato. Chiunque abbia venduto titoli Fiat prima che il titolo toccasse i massimi nel 2005 – due giorni prima del convertendo a metà settembre – potrebbe rivalersene direttamente sugli Agnelli, visto che le informazioni di cui disponeva erano deliberatamente sballate. Noi non siamo affatto dei patiti della giustizia penale applicata alle imprese. Dunque non tifiamo affatto perché i pm di Torino e Milano si sostituiscano alla Consob. Tanto meno ci auguriamo che il risanamento Fiat da parte di Marchionne venga intralciato. Ma la Consob del dottor Cardia doveva far vedere a tutta Italia che il rispetto delle regole non vale solo per i cosiddetti ”furbetti”. Ma in primis per chi, dal vertice Fiat e di Confindustria, s’impanca da mesi a maestro di un nuovo codice etico del mercato italiano. Invece nisba, a Torino si possono raccontare le balle. Oscar Giannino.