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 2006  febbraio 10 Venerdì calendario

NOGARO

NOGARO Raffaele Gradisca di Sedegliano (Udine) 31 dicembre 1933. Ex vescovo. di Caserta (fino al 2009) • «Abituato a schierarsi senza ipocrisie dalla parte di immigrati, prostitute e in generale di deboli e perdenti [...] appoggiò apertamente il candidato del centrosinistra Aldo Bulzoni, che fu poi effettivamente eletto e governò Caserta dal 1994 al ”97. ”Si rivelò un uomo forse non politicamente idoneo ma certamente onesto - dice il vescovo -. E comunque anche allora agii per la mia città, cercando di operare affinché qui sorgesse una primavera”» (Fulvio Bufi, ”Corriere della Sera” 10/2/2006) • «[...] è, per chi è nato alla fine degli anni Settanta [...] ed è cresciuto in Campania, una sorta di figura epica. Un simbolo. Si potrebbe sintetizzare con molta semplicità il suo impegno pastorale. Tutto ciò che di umano è stato fatto a Caserta e dintorni è stato fatto grazie a Nogaro, tutto ciò che è stato fatto di disumano corrotto immondo ha avuto contro Nogaro. [...] Quando nella primavera del 1992 papa Giovanni Paolo II andò in visita a Caserta, un parlamentare locale lo avvicinò e gli disse: ”Santità, mandi via questo vescovo, che è un demonio”. Giovanni Paolo non si curò di quell’avvertimento e rispose rivolgendosi agli scout e ai ragazzi della diocesi, alle generazioni a cui era affidata la speranza: ”Amatelo, ascoltatelo”. Giovanni Paolo II aprì un varco nel silenzio perché le sue parole venissero accolte da coloro che potevano ancora capire, cambiare, sognare. [...] La prima messa la celebrò nel 1958 [...] in Friuli e mentre credeva che tutta la sua vita si sarebbe svolta lì, nel 1982 fu trasferito a Sessa Aurunca nel Casertano. ”Rifiutai immediatamente. [...] Quella nomina vescovile per me era una cosa abnorme, inconcepibile. Monsignor Battisti mi guardò negli occhi, forse perché voleva essere sicuro della mia risposta, e mi disse: ”Guarda che questo no te lo porterai nella coscienza per tutta la vita’. Quasi una minaccia, benché fatta paternamente”. Nogaro non lascerà mai più questa terra. Ci arriverà con la morte nel cuore perché sembrava per lui un esilio e invece quello che gli pesava era altro, era un senso iniziale di profondo isolamento: ”Avevo la sensazione di essere solo. Ma mi sbagliavo”. Lì già iniziano i primi conflitti con la Democrazia cristiana, forza egemone che voleva usare il vescovo come un raccoglitore di voti. E lui tutto era fuorchè un vescovo arruolabile. Non fu l’unico problema. Nel 1990 Nogaro, ormai beniamino della gente di Sessa Aurunca, dovette lasciare la diocesi anche a seguito di una incredibile vicenda legale visto che il precedente vescovo, che era stato generale dei conventuali francescani, aveva presentato ricorso non volendo mollare la curia. ”Tu fai il pastore d’anime, perché l’amministratore lo faccio io”, gli aveva detto. Quando arriva a Caserta comincia a parlare di camorra. Fedeli e politici tremano e suoi colleghi sacerdoti gli chiedono: ”Non parli di camorra, monsignore. Perché offendere questa terra? Perché offendere questa gente?” Offendere. Chi racconta di certi poteri offende. E Nogaro in questo gioco d’omertà e ambiguità si trova male e inizia con ostinazione una prassi nuova. Una catechesi della legalità. Non si può esser cristiani senza combattere i clan. E così in terra di camorra non basta il solito percorso pastorale: bisogna affiancare un valore aggiunto, un percorso nuovo che guardi negli occhi la realtà peggiore. Lo ha fatto fino agli ultimi giorni della sua missione diocesana [...] Nogaro viene definito vescovo di frontiera ma in realtà ciò che davvero ha fatto è stato comprendere le potenzialità laddove invece altri vedevano solo disperazione e marginalità. andato oltre, riuscendo a scorgere la speranza oltre l’orizzonte di desolazione. [...] Il giorno in cui è andato in pensione c’è stata una messa, ma Caserta come ci si aspettava è stata fredda, assente, terra ancora troppo malata per riconoscere chi l’ama veramente. Nogaro non ha badato a chi non c’era ma al contrario a chi c’era. ”"Vorrei che la mia Chiesa oggi fosse sempre più una Chiesa di frontiera, protesa verso i bisogni dell’uomo, non di vertice”. E poi ha regalato un sogno ai suoi fedeli: ”Io sono convinto che quanto prima questa città metterà le ali, le ali d’aquila: diventerà una città di cultura, una città d’arte e soprattutto una città di fede”. A Nogaro bisogna dar atto di aver cercato davvero di esser l’unico in una provincia difficilissima a poter dare una strada altra al compromesso, a offrire una prospettiva diversa dagli appalti imposti, dai voti comprati in un mercato velenoso, dalle baracche degli immigrati trattati come schiavi, dai sindaci collusi che vendono il futuro dei loro cittadini, dai costruttori senza anima, dai divoratori di montagne delle cave che hanno distrutto il territorio, dagli intombatori di rifiuti che hanno contaminato la vita di un’intera regione. Nogaro è stato il contrario di questo [...]» (Roberto Saviano, ”la Repubblica” 24/9/2009).