Il Sole 24 Ore 09/02/2006, Giuseppe De Rita, Luca Diotallevi, 9 febbraio 2006
Proliferazione e sfarinamento delle istituzioni. Il Sole 24 Ore 9 febbraio 2006. Quando la politica non riesce ad interpretare il significato delle istituzioni, quando le istituzioni non sono più capaci di reinterpretare se stesse, allora il destino è uno solo: la proliferazione insensata delle sedi decisionali e il loro progressivo sfarinamento
Proliferazione e sfarinamento delle istituzioni. Il Sole 24 Ore 9 febbraio 2006. Quando la politica non riesce ad interpretare il significato delle istituzioni, quando le istituzioni non sono più capaci di reinterpretare se stesse, allora il destino è uno solo: la proliferazione insensata delle sedi decisionali e il loro progressivo sfarinamento. Ogni istituzione infatti, se correttamente interpretata, introduce nella realtà una certa dose di ordine, di misura, di semplificazione della dinamica sociale; stabilisce infatti alcune possibilità ed insieme ne esclude molte altre. Ma se questo non accade, se le possibilità restano non decifrate, allora vincono la dismisura e il disordine. E’ quanto è avvenuto in questi ultimi anni in Italia, dove abbiamo assistito ad una proliferazione illogica di sedi istituzionali di pura parcellizzazione del potere, figlia della diffusa astensione interpretativa; una proliferazione che, non mettendo fine alla crisi, ne crea un ulteriore non secondario effetto, cioè lo sfarinamento inconcludente, delle responsabilità decisionali. Il fenomeno è avvenuto dappertutto e a tutti i livelli, perché l’ipertrofia statale non ha risparmiato governo centrale né enti locali, non ha risparmiato settori né politiche. Si è trattato di una vera e propria (non) logica dominante e trasversale. Nell’ambito dell’amministrazione centrale si sono moltiplicati i dipartimenti e le direzioni generali, gli uffici speciali, gli enti strumentali (come le agenzie), le società per azione a partecipazione maggioritaria del Tesoro, nonché istituti e comitati con compiti – e corrispondenti risorse – che dovrebbero coprire la gestione di materie o settori una volta proprie della gestione amministrativa ordinaria. La logica della disperata proliferazione ha coinvolto persino il settore delle Authorities pure vocato ad introdurre anche nella società italiana, seppure un poco più di ordine nella competizione reale, plurale, e regolata. La specie è stata fatta moltiplicare (undici autorità già esistenti e 13 già previste in leggi entrate in vigore) con competenze alcune volte inspiegabilmente concentrate, altre volte altrettanto inspiegabilmente disperse o disfunzionalmente contrapposte. Per non parlare poi della proliferazione che sta avvenendo a livello periferico, dove ogni regione, ogni provincia, ogni comune di una plausibile dimensione hanno promosso la costituzione di enti, agenzie, comitati, consorzi, organi comunitari di ogni tipo, con la più o meno orgogliosa occupazione di competenze in una vastissima porzione delle politiche pubbliche; e con una altrettanto compiacente tendenza a fare outsourcing (in strutture più o meno controllate) di funzioni amministrative. In sintesi, i processi decisionali centrali e periferici si sono fatti ancora più incerti, confusi, a volte contradditori, a causa di duplicazioni di competenze, sovrapposizioni di funzioni, interferenze nei rispettivi ruoli. Sono aumentati i soggetti, almeno in parte autonomi e paritetici, che fanno la loro comparsa lungo gli iter decisionali, potendo o dovendo esprimere pareri, concessioni, nulla osta, assensi; mentre fatalmente diminuisce il potere di sintesi, di controllo e di coordinamento. La prevalenza del soggetto sul processo finisce per produrre uno sfibrante allungamento delle filiere decisionali, e della loro concreta attuazione. La proliferazione delle istituzioni porta così il suo frutto avvelenato, lo sfarinamento e la caduta del loro prestigio sociale. Abbiamo allora di fronte: -la costante instabilità del quadro di riferimento di strutture e di funzioni, con un generale disorientamento dei cittadini e delle imprese (con sorrisi diffusi sugli sportelli unici, sulle cabine di regia, sulle conferenze di servizio, ecc.); -il rigonfiamento degli apparati, la cui rafforzata ridondanza contraddice, la logica della ”minuta semplificazione” cui dovrebbe obbedire ogni sistema istituzionale; -la crescita dei poteri di interferenza e interdizione, che ritardano i processi decisionali, impaludano i progetti e gli interventi, contribuendo alla generale difficoltà nel dare risposte efficaci in tempi rapidi ai bisogni del sistema sociale ed economico; -il mancato raccordo tra i terminali periferici del potere centrale ed il sistema delle autonomie territoriali, titolari, concorrenti o esclusivi, di competenze e responsabilità in una vastissima porzione delle politiche pubbliche; -la crescita del contenzioso istituzionale e amministrativo, poiché la conflittualità diviene intrinseca e strutturale ai processi decisionali, con il conseguente sovraccarico degli apparati della giustizia amministrativa, contabile, finanche costituzionale, chiamati a dirimere le controversie (si pensi al ritmo di crescita delle vertenze al TAR ed al Consiglio di Stato). Proprio questa conflittualità, portata ben oltre il livello frizionale del contenzioso proprio di un sistema policentrico (a diversi livelli di governo, sia in senso verticale che in senso orizzontale), è una delle conseguenze più gravi generate da quell’aspetto cruciale della crisi istituzionale dello Stato che abbiamo definito astensione dalla interpretazione; l’interpretazione è fatta ex post in termini di giurisdizione, con una ulteriore caduta del prestigio delle istituzioni in campo. Lo sfarinamento in atto induce allora a non considerare esagerato il dire che lo Stato non c’è più, nel senso che esso non è più la matrice istituzionale ed istituzionalizzante dei rapporti tra sistema politico e contesto sociale. Forse continuerà a sopravvivere come mito ”pubblico”, o come protettore dei dipendenti suoi, ma il suo peso nella guida o anche soltanto nella rappresentazione dello scenario socio-politico non sembra destinato a reggere per molto. Giuseppe De Rita Luca Diotallevi