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 2006  febbraio 09 Giovedì calendario

Siamo sicuri che il caso Fiat è un pasticcio? Libero 9 febbraio 2006. La vicenda delle azioni Fiat comperate all’estero dalla famiglia Agnelli per impedire alle banche di prendere il controllo della Fiat, è finita con una dichiarazione della Consob per cui ciò non ha dato luogo a una infrazione alla legge sull’Opa, e non genera nullità dell’operazione

Siamo sicuri che il caso Fiat è un pasticcio? Libero 9 febbraio 2006. La vicenda delle azioni Fiat comperate all’estero dalla famiglia Agnelli per impedire alle banche di prendere il controllo della Fiat, è finita con una dichiarazione della Consob per cui ciò non ha dato luogo a una infrazione alla legge sull’Opa, e non genera nullità dell’operazione. Descrivo ciò che è accaduto. Le banche avevano delle obbligazioni Fiat che, a una certa scadenza, il giorno x 2005 venivano convertite automaticamente in azioni. Gli Agnelli avevano, tramite la società di famiglia, il 30,8% delle azioni Fiat, una maggioranza a prova di Opa. Chiunque arriva al 30% delle azioni di una società è obbligato a lanciare un’Opa pubblica su di esse. Dunque basta lo 0,06 sopra il 30 per essere sicuri da scalate notturne. Ma la conversione delle obbligazioni in azioni generava, automaticamente, un aumento del capitale Fiat, pari al valore nominale delle obbligazioni convertite. E ciò, automaticamente, portava gli Agnelli sotto il 30%. Il calcolo è semplice Supponiamo che il capitale Fiat sia 100 e che, con la conversione di obbligazioni esso diventi 135. Chi aveva il 30,8 di 100 ha ora il 22,81%. Gli occorre, pertanto, un 8% di 135 per tornare sopra il 30. Gli Agnelli, tramite una società, hanno acquistato mesi prima del giorno x il diritto ad acquistare da un’altra società sita in Lussemburgo azioni Fiat con scadenza della decisione di acquisto il giorno x, al prezzo predeterminato. Se avessero rinunciato all’acquisto, avrebbero subito una penale. Quando hanno fatto questo accordo non erano tenuti all’Opa avendo più del 30%. Ma si sostiene che il giorno x, essi siano scesi sotto il 30% E avrebbero dovuto comunicare che stavano effettuando una risalita, che per legge comportava l’Opa. Un cavillo sballato. L’acquisto di azioni Fiat in Lussemburgo è avvenuto mentre le obbligazioni venivano convertite, non dopo. Inoltre le banche per poter tenere queste azioni ed esercitare il diritto di voto dovevano avere l’autorizzazione della Banca di Italia, che può tardare settimane, non giorni. Quindi non è vero che gli Agnelli avevano perso, in quel momento, la quota del 30,8 in quanto questa riguarda la quota dei voti, non delle azioni. Ora però si dice che ci potrebbe essere un reato di aggiotaggio perché gli Agnelli non hanno comunicato l’operazione in questione, prima del fatidico giorno x. Tenere nascosta una notizia può turbare il mercato. Ma perché ci sia il reato di aggiotaggio bisogna che ci sia un nesso fra la notizia diffusa ad arte o nascosta ad arte e i corsi di borsa. Nel caso di Fiat le variazioni del titolo (allora molto scassato) dipendevano essenzialmente da altre notizie: se Fiat guadagnava o perdeva quote di vendita, se il suo bilancio continuava a esser in rosso. A parte ciò, per commettere un reato ci vuole l’intenzione di commetterlo. Se io prendo per sbaglio una scatola di pelati in più dal negozio di frutta e verdura, non commetto un furto. Se non la rendo perché non me ne accorgo non ho neppure commesso una appropriazione indebita. L’intento degli Agnelli non era di tenere celata la notizia per lucrare sull’eventuale aumento di valore del titolo, ma per essere sicuri che le banche non adottassero nel frattempo misure a loro danno, ad esempio minacciando di ritirare i crediti a Fiat. E non è detto che la notizia che la Fiat è rimasta agli Agnelli anziché essere andata a banche come il Monte dei Paschi, il San Paolo Imi, Banca Intesa, Unicredito valesse a far salire il titolo più che la notizia che essa era oramai delle banche. Mi pare insensato, in punto di diritto e di fatto, definire aggiotaggio le operazioni finanziarie con cui un azionista di maggioranza spende soldi per mantenere la propria quota di controllo di una impresa in rosso, in cui ha profuso denaro, sperando di poterla risanare e di ricevere, così, il compenso per lo sforzo compiuto. La Consob poteva prendere le decisioni ora annunciate due mesi fa, spazzando via le dicerie nel frattempo diffuse. E sarebbe bene che tutto venga chiarito al più presto, in un senso o nell’altro, in quanto per la Fiat è in corso una grossa emissione di obbligazioni. E il risparmiatore ha bisogno di trasparenza. Francesco Forte