Il Sole 24 Ore 08/02/2006, Salvatore Carrubba, 8 febbraio 2006
Merkel e Bush a caccia di talenti. Il Sole 24 Ore 8 febbraio 2006. curioso. Da mesi siamo martellati con interviste, faccia a faccia, inchieste, ricerche d’archivio sui leader politici che ci vogliono governare
Merkel e Bush a caccia di talenti. Il Sole 24 Ore 8 febbraio 2006. curioso. Da mesi siamo martellati con interviste, faccia a faccia, inchieste, ricerche d’archivio sui leader politici che ci vogliono governare. Ne abbiamo ricavato due informazioni: a) se credono in Dio; b) se hanno mai fumato uno spinello. Aspetti importanti, certo, ma che poco dicono su come ci governerebbero e su chi sia meglio attrezzato a farlo. Non va meglio sul fronte dei partiti: chi si avventuri sulla Rete a visitarne i siti, difficilmente vi troverà il minimo spazio dedicato ai rispettivi programmi. Intendendo per programmi non enciclopedici e generici elenchi di buone intenzioni (comunque mancano anche quelli); ma una decina di punti chiari sui quali fare leva per migliorare l’Italia. Sarà il retaggio della debolezza di una autentica cultura riformista, della sfiducia nel gradualismo, della fuga dall’empirismo, del peso dell’ideologismo. Fatto sta che in una campagna elettorale già al calor bianco prima ancora di iniziare ufficialmente, di analisi precise, di proposte puntuali e di impegni realizzabili se ne continuano a sentire pochi. Non è nostalgia del "programmismo". Semplicemente, è curiosità di sapere che Italia si ha in mente, che Paese si vuole, che agenda si propone. Una curiosità che sembra destinata a durare a lungo, come conferma, da ultimo, lo scontro di lunedì scorso tra Rutelli e Bertinotti sul programma che dovrebbe essere comune. Diamo un’occhiata oltre confine; e oltre l’Atlantico. In Germania, pochi giorni fa, il cancelliere Angela Merkel (formidabile: adesso si spiega come sia potuta andare al potere senza le quote rosa), ha lanciato un programma ambizioso di formazione superiore d’eccellenza, al quale hanno aderito, con congrui finanziamenti, i maggiori gruppi industriali e finanziari del Paese: segno, tra l’altro, che quando si individuano le priorità giuste, le risorse si trovano. Succederebbe lo stesso anche in Italia. Pochi giorni prima, negli Stati Uniti, il presidente George W. Bush ha tenuto l’annuale discorso sullo stato dell’Unione: considerato quest’anno sulla difensiva, se non decisamente sotto tono. Ma, tra le poche cose veramente originali, una spiccava: la forte difesa della competitività del suo Paese con vari interventi, tra i quali, prioritari, quello per "continuare a guidare il mondo nel talento umano e nella creatività" e quello per dare "ai nostri ragazzi solide fondamenta in matematica e scienza". significativo che i leader, la prima a inizio mandato, il secondo quasi a fine corsa, dei due Paesi rispettivamente locomotive dell’economia europea e mondiale, puntino con tanta enfasi e concretezza sugli aspetti legati all’istruzione e all’innovazione. Essi danno così contenuto concreto a un tema, quello della competitività, sul quale anche in Italia, da parte della politica, si moltiplicano le presenze ai convegni ma latitano impegni e progetti. Partecipando, proprio nella sede del "Sole-24 Ore", a un dibattito organizzato da Vitale & Associati, Fausto Bertinotti, reduce lunedì dalla sua lite con Rutelli, ha difeso a spada tratta il sistema imprenditoriale italiano, rifiutandosi di considerarlo al capolinea e riconoscendolo tra gli artefici più importanti della trasformazione del Paese. Bene. Peccato però che per difendere il sistema produttivo del Paese e la sua carica innovativa, egli abbia poi indicato quale strategia possibile un rinnovato interventismo statale e un non meglio identificato (ma già sentito) "nuovo modo di produrre". inutile sottolineare quanto sia illusorio pensare di poter raggiungere con queste ricette gli obiettivi dell’agenda di Lisbona, soprattutto quando i nostri partner (o molti di essi) sanno stabilire le priorità che contano per tutelare la competitività: flessibilità, competizione, nuovo welfare, innovazione. Credano o meno nel Signore, abbiano o meno qualche scheletro di fumo nell’armadio, dai nostri leader si vorrebbe sapere cosa pensino al riguardo: con la stessa, esemplare, chiarezza di Bertinotti. Ricordando che realismo e concretezza non sono la negazione della politica, ma l’espressione di un riformismo autentico, che dovrebbe essere patrimonio di entrambi gli schieramenti. Salvatore Carrubba