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 2006  febbraio 09 Giovedì calendario

Premi Nobel in visita a Milano. Macchina del Tempo ne ha intervistati due. Sono Arno Penzias (premio per la fisica, nel 1978) e Kary Mullis (per la chimica, nel 1993)

Premi Nobel in visita a Milano. Macchina del Tempo ne ha intervistati due. Sono Arno Penzias (premio per la fisica, nel 1978) e Kary Mullis (per la chimica, nel 1993). La Camera di Commercio milanese li ha invitati (assieme a un terzo Nobel, Gary S.Becker) alla presentazione del concorso europeo per progettare il futuro Palazzo dell’Innovazione, per sviluppare la competitività di Milano. Lo spazio occuperà 8 mila metri quadrati in via Soderini. Vi saranno uffici dedicati all’innovazione tecnologica, centri di ricerca europei, studi brevettuali e società specializzate in trasferimento tecnologico e in venture capital. Arno Penzias è un distinto signore americano di 72 anni, molto composto nei modi e nelle parole. Quando era 32enne, assieme al collega Robert W. Wilson (entrambi lavoravano come radioastronomi per i Bell Labs), scoprì nel cielo, quasi per caso, la radiazione cosmica di fondo dell’universo, ritenuta il residuo termico del Big Bang. In parole povere, Penzias e Wilson confermarono con un unico colpo di genio decenni di studi e ricerche teoriche nel campo. A 45 anni ricevette, proprio per questa scoperta, il Premio Nobel. Oggi, però, Penzias ha cambiato interesse: s’occupa principalmente di venture capital, ossia di società che investono su idee e progetti che hanno bisogno di soldi per partire. La Camera di Commercio milanese non poteva trovare padrino migliore per le sue iniziative a favore dell’innovazione. Dottor Penzias, che cosa ricorda di quella notte in cui lei e Wilson captaste la radiazione che ha rivoluzionato la storia dell’astrofisica? Per quanto mi riguarda, è storia vecchia. Ciò che potrei dire al riguardo sarebbero le medesime parole che ho scritto per la Fondazione Nobel, presentando ai tempi la scoperta. Chiunque può andarsele a leggere nel loro sito internet (http://nobelprize.org, NdR). Da un pezzo i miei interessi non sono più rivolti all’astrofisica. Ritengo che oggi ci siano molte cose interessanti... Ad esempio? Ad esempio ciò di cui mi sto occupando da parecchi anni: il venture capital e gli sviluppi dell’economia in questo nuovo sistema di globalizzazione, dove internet sta giocando una partita importante. Quindi lei prevede un costante e maggiore sviluppo di internet, soprattutto nel commercio on line? Questo è ovvio e sta già capitando. Anni fa, quando cominciai ad analizzare la situazione internazionale dei mercati, non mi resi subito conto (come invece me ne rendo adesso) del potere enorme che il cliente - in questo stato di cose - stava sempre più assumendo. Mi spiego: grazie a internet, oggi chiunque può acquistare le cose più impensate nei luoghi più impensati della Terra. Vuole droghe esotiche? Le troverà. Vuole strane tecnologie? Le troverà. Insomma, su internet si trova di tutto e si può acquistare di tutto. Ma in che modo quest’allargamento dei confini e del mercato conduce allo strapotere del cliente? Il primo motivo è facilmente intuibile. Se lei desidera qualcosa, la troverà sempre e comunque. Non dovrà rinunciarci per problemi di scarsa reperibilità nella sua zona, o perché non vuol subire l’egemonia di un qualche monopolio. In qualche modo, con un commercio globale qual è quello di internet, potrebbe trovare il modo anche di aggirare la legge e procurarsi materiali proibiti nel suo Paese. Insomma, le sue possibilità d’acquisto sono centuplicate, rispetto al recente passato. Non soltanto: un qualsiasi cliente potrà confrontare tra loro più offerte del medesimo prodotto, proposte magari da aziende molto distanti tra loro in termini di chilometri. chiaro che una simile situazione, del tutto impensabile un tempo, conduce a una lotta spietata tra le aziende che desiderano ottenere la sua preferenza. E significa che io, come azienda, non dovrò lottare soltanto con i miei vicini geografici, ma con tutto il mondo. Per accaparrarmi clienti che mi contattano da tutto il mondo. la fine del piccolo villaggio. E gli altri motivi che rafforzano il cliente? Sono meno intuitivi. Parto dalla fine: internet rivelerà le contraddizioni delle grosse aziende e favorirà le piccole. E in che modo? Semplice: una grande azienda sopravvive a causa degli attriti del mercato. Sa di poter contare su un numero definito e previsto di acquisti e di consumi. Ma se il mercato diventa senza confini, ogni previsione sarà impossibile. E a quel punto la piramidale impalcatura di una grande società comincerà a vacillare. Perché non riesce più a prevedere i clienti, né a comprenderli a fondo e quindi ad accontentarli. Se imposto un’intera catena lavorativa (dall’estrazione del metallo alle rifiniture finali) per costruire 500 mila automobili, lo faccio perché so che il mio mercato attuale può assorbirne 500 mila e, soprattutto, che non ha altre possibilità di scelta, se non limitate. Ma se il compratore può realmente fare ciò che vuole, tutta la struttura organizzativa va a pallino. Quindi il problema della grande società, a suo avviso, sta nella sua rigidezza elefantiaca? Esatto. Per questo aziende piccole e dinamiche s’imporranno sempre di più. Sapranno essere più duttili e permetteranno al cliente di costruirsi l’oggetto desiderato secondo i suoi gusti. E lo potranno fare perché non hanno niente, al loro interno, di strutturato. Insomma, i piccoli saranno davvero i primi, tra qualche anno. Come prevede la nuova attenzione verso l’innovazione, che sta prendendo piede anche in Italia? Come l’unico atteggiamento per sopravvivere. L’Italia ha frecce potenti al suo arco: occorrerà proteggere di più i marchi e rendere i prodotti sempre più attraenti.