MACCHINA DEL TEMPO MARZO 2006, 9 febbraio 2006
Curioso, agile, libero e cacciatore nato. Ma anche affettuoso, giocherellone, intelligente e a volte stressato
Curioso, agile, libero e cacciatore nato. Ma anche affettuoso, giocherellone, intelligente e a volte stressato. Tutte queste caratteristiche per un solo batuffolo di morbido pelo che da sempre contende al cane il ruolo di amico a quattro zampe per eccellenza dell’uomo. Il gatto, tra fusa, inseguimenti ai gomitoli di lana e balzi sulle librerie, è uno degli animali più diffusi nelle case degli italiani e non solo. Una passione, quella per i compagni felini, non da poco se la californiana Genetic Savings & Clone ci ha costruito sopra un vero e proprio business. Dopo aver dato alla luce la prima gattina clonata al mondo, Copycat, la società ha infatti aperto una banca del Dna dove facoltosi padroni di mici (e anche di cani) pagano fino a mille dollari per conservare il patrimonio genetico dei loro animali dal quale ottenere dopo la loro morte dei cloni, anch’essi da pagare a caro prezzo. Del resto, quella tra felini ed esseri umani è una convivenza che ha radici profonde. Risale infatti a circa novemila anni fa, come dimostrato dalla scoperta di un’équipe di archeologi francesi del College de France. Durante gli scavi in una tomba del Neolitico sull’isola di Cipro, essi hanno rinvenuto, accanto a ornamenti e conchiglie, i resti di un felino (Felis silvestris) sepolto accanto al suo padrone. Ciò ha permesso di fissare molto indietro nel tempo l’addomesticamento dei primi gatti, finora ritenuto opera degli antichi egizi nel 4000 a.C. Nelle società neolitiche, come prova anche la scoperta di statue e lastre tombali in Siria, Turchia e Israele, il micio aveva già un ruolo speciale. «Il gatto è stato addomesticato molto più tardi rispetto al cane e in modo diverso. Mentre il cane è stato adottato volontariamente dall’essere umano, che prese con sé i cuccioli selvatici, il gatto si è presentato praticamente alla porta», spiega Barbara Gallicchio, etologa e veterinaria e autrice del volume Lupi travestiti. Le origini biologiche del cane domestico (55 euro, Edizioni Cinque). «Con lo sviluppo dell’agricoltura nel vicino Oriente e i depositi di granaglie, i villaggi erano infestati da topi e piccioni. Per questo il nostro ambiente è diventato per il gatto selvatico (Felis lybica) una nicchia ecologica interessante e lui per noi una grossa utilità perché cacciava questi animali indesiderati. Inoltre, il ritrovamento in Turchia di statuine che ritraggono donne mentre giocano e allattano i gattini è un’altra prova che l’addomesticamento dei gatti è molto più antico di quanto creduto finora». Nonostante questo, il gatto è rimasto un animale per lo più selvatico. «Mentre il cane, pur restando ancora un lupo dal punto di vista zoologico, etologicamente si è staccato dal suo antenato e si è adattato alla convivenza con l’uomo, il gatto ha mantenuto una certa distanza dalla nostra specie. Ecco perché, mentre il cane non esisterebbe senza l’essere umano, il gatto può sopravvivere anche da solo», continua Gallicchio. Il piccolo felino, insomma, è più che altro un ospite e anche se vive in casa conduce per certi aspetti una vita privata. «Ha bisogno», dice l’etologa, «dei cosiddetti ”campi di isolamento”, spazi che si ritaglia per riposare e stare tranquillo. Questi possono essere anche in alto, perché è un animale tridimensionale e sfrutta lo spazio verticale. Si arrampica per avere punti di osservazione ai quali gli altri non possono arrivare perciò è bene lasciare libero uno spazio sulla libreria o mettere in casa delle mensole dove l’animale può accoccolarsi tranquillo a studiare l’ambiente». Oggi in Italia una famiglia su tre ne ha unesemplare in casa. «Se in passato il gatto viveva all’aperto ed entrava nelle abitazioni solo per poche ore, oggi è un animale che ha assunto una valenza familiare», sottolinea Enrico Alleva, etologo dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). «Basti pensare che i padroni comprano cibo sempre più adatto a lui e lo considerano una vera e propria spesa». Il petfood ha, infatti, un’aliquota Iva del 20 per cento e viene calcolato come un bene di lusso, tanto che cani e gatti italiani sono i più costosi da mantenere in Europa. Motivo per cui la Lav, l’Ente nazionale protezione animali (Enpa) e l’associazione veterinari Anmvi hanno chiesto un abbassamento del 10 per cento, che favorirebbe non solo le famiglie ma anche i canili e le colonie feline. Ma l’amore per i felini sta facendo fiorire anche il mercato dei gadget: pillole anti-stress, tinte per la pelliccia, smalti per unghie, eau de toilette e creme solari. Attenzione però a trattare i gatti come esseri umani o accessori alla moda, perché potrebbero sviluppare una serie di patologie che vanno dalla iperaggressività alla depressione. «Oggi il gatto viene troppo umanizzato e questo nuoce alla sua igiene mentale. un animale che ha i suoi tempi e i suoi modi di rapportarsi alle persone e deve essere rispettato», spiega Alleva. Il gatto resta un cacciatore ed è importante riprodurre tra le mura domestiche la sequenza predatoria attraverso il gioco. «Esso ha una funzione sociale per i felini. In natura è una premessa per il corretto ed equilibrato sviluppo psicosociale perché favorisce la formazione dell’apparato scheletrico e muscolare attraverso il quale anche il cervello si abitua a fare i movimenti necessari per cacciare e sopravvivere», spiega Laura Borromeo, comportamentalista dei gatti. «Per il micio domestico, invece, il gioco è la sostituzione della caccia che non compie più e che in natura consiste in circa 150 attacchi al giorno. Perciò è bene farlo giocare con fili o canne da pesca (stecche con un filo a cui è attaccato qualcosa), usare palline o lanciargli i croccantini per replicare la sequenza predatoria». Se invece sperate di far stare buono il vostro micio offrendogli un biscotto, non avrete molta fortuna. Secondo una ricerca condotta dal biologo Joseph Brand del Monell Chemical Senses Center di Philadelphia, infatti, i felini non mangiano i dolci perché non ne sentono il sapore. Colpa di una mutazione genetica che li renderebbe indifferenti al dolce. Nei gatti il gene deputato a produrre una delle due proteine che formano le papille gustative specializzate nell’individuazione del sapore dolce non funzionerebbe. Ecco perché i suoi recettori degli zuccheri risultano inefficienti. Sarebbe proprio la loro incapacità di avvertire nei cibi qualsiasi sapore dolce, e di conseguenza anche i carboidrati, ad averli portati a sviluppare una dieta totalmente carnivora. Se alcune attenzioni portano benefici ai felini, ci sono altre situazioni che sono invece fonte di ansia e stress. Anche la pet therapy, terapia che integra quella medica e che si sta facendo strada in Italia per la cura dell’ipertensione, nella riabilitazione degli arti, nella neuropsichiatria infantile e nelle cefalee pediatriche, potrebbe avere risvolti negativi per gli animali se fatta in maniera non adeguata. «Il rischio è quello di sfruttare i gatti, quando invece dovrebbero essere rispettati. Il governo italiano ha stanziato dei fondi per progetti di pet therapy ma la legislazione in materia non è valida», conclude Laura Borromeo. « necessario fare delle leggi che tutelino gli animali e avere dei centri con personale qualificato perché solo un esperto può accorgersi se il gatto è stressato dal contatto con molti bambini oppure no». Altra fonte di stress per i mici sono gli episodi che avvengono in casa. Rivalità e gelosie con altri gatti, per esempio, possono farli diventare sedentari, solitari e in sovrappeso. Tutti fattori che contribuiscono a provocare disturbi all’apparato urinario. Lo sostiene una ricerca di Danielle Gunn-Moore dell’Istituto di Medicina Felina dell’Università di Edimburgo. Dopo aver osservato per sei anni centinaia di gatti che vivevano in famiglie diverse, il ricercatore è giunto alla conclusione che certi comportamenti, come mangiare troppo, bere poco e muoversi di rado, sono conseguenza dello stress accumulato. Anche le cattive abitudini dei padroni possono nuocere ai gatti. Uno studio condotto da Nicki Reed, veterinario dell’University of Edinburgh’s Hospital for Small Animals, ha dimostrato che polvere, forfora e fumo aumentano i disturbi infiammatori dell’apparato respiratorio dei gatti e nei casi peggiori possono provocare veri e propri attacchi d’asma. I ricercatori stanno infatti svolgendo ricerche sul batterio Mycoplasma, presente anche nell’asma umana, in un campione di 50 gatti, per poter individuare una terapia efficace che permetta di curarli. Ma c’è anche un’altra ricerca che fornisce una prova delle conseguenze sugli animali domestici del fumo passivo. Secondo uno studio condotto alla Tufts University di Medford, nel Massachusetts, gli animali sottoposti al fumo passivo dei padroni hanno il 60 per cento di probabilità in più di contrarre un tumore. Ciò vale a maggior ragione per i mici, più sensibili ad asma e bronchite. Tra i gatti fumatori passivi, infatti, i linfomi sono addirittura il triplo. Non solo lo respirano ma le particelle di tabacco si annidano nel loro pelo e finiscono per essere ingoiate durante la quotidiana pulizia della pelliccia. Motivo sufficiente per spingere il sindaco di New York Michael Bloomberg a lanciare una crociata animalista antismoking chiedendo l’eliminazione del fumo anche nelle case dei cittadini per amore degli animali.