MACCHINA DEL TEMPO MARZO 2006, 9 febbraio 2006
Da un punto di vista tecnico, non ci sono grossi problemi a rendere fertili aree desertiche e a sfruttarle per l’agricoltura
Da un punto di vista tecnico, non ci sono grossi problemi a rendere fertili aree desertiche e a sfruttarle per l’agricoltura. Per irrigarle, oggi è possibile scavare pozzi da cui estrarre l’acqua e sfruttare le falde geologiche a migliaia di metri di profondità. L’apporto di concimi, inoltre, può rendere fertile anche il suolo più desertico e povero. Il problema sta piuttosto nella convenienza economica di una tale operazione. Soprattutto se si tratta di aree a condizioni estreme, in cui, nella maggior parte dei casi, le produzioni agricole non riescono a coprire i costi del recupero del terreno desertico. Ci sono molti esempi di deserti coltivati: in Israele, in Libia, negli Emirati Arabi. Ma si tratta sempre di paesi ”ricchi” che possono permettersi enormi investimenti a fronte di modesti guadagni. Ricordiamo però che non è solo grazie alla moderna tecnologia che si possono rendere produttive tali zone. Infatti, da millenni, le popolazioni che vivono nel Sahara e nei deserti del Medio Oriente impiegano tecnologie tradizionali a basso costo che però richiedono manutenzione. Grazie ad esse, è possibile coltivare ortaggi, frutta e cereali in zone tra le più inospitali del pianeta. A titolo d’esempio, nell’Air nigerino si coltivano la vite e il fico, nelle oasi della Mauritania si poduce il grano, in quelle del Maghreb si raccolgono milioni di tonnellate all’anno di datteri e in Medio Oriente gli alberi del melograno e dell’albicocco.