[1] Denise Pardo, ཿL’Espresso 2/6/2005; [2] Giorgio Mulè, ཿEconomy 12/5/2005; [3] Fabio Massimo Signoretti, ཿla Repubblica 23/4/2005; [4] Alberto Statera, ཿla Repubblica/Affari&Finanza 16/5/2005; [5] Giuseppe Turani, ཿla Repubblica 24/5/2005; [6], 2 giugno 2005
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 6 GIUGNO 2005
Er sor Ricucci ner salotto bbono.
«Lei sa chi è Ricucci, sì?» [1]
Come no! il fidanzato di Anna Falchi, si sposano a luglio. [1]
«E lo sa come ha fatto i soldi?» [2]
nato ricco? [2]
«Macché. La ”leggenda” narra che iniziò a far soldi grazie alla liquidazione del padre, un autista dell’Atac: era il 1985, ci comprò un palazzo a San Cesareo e lo rivendette dopo averlo rimesso a posto. Dice che ci guadagnò 246 milioni di lire. Poi, via via, passi sempre più lunghi. Le faccio un esempio: nel ’99 comprò attraverso la Magiste - Ma come babbo Matteo, Gi come mamma Gina, Ste come Stefano - un centro residenziale a Talenti. Prezzo: 17 miliardi di lire. Sa a quanto lo rivendette dopo poco? 50 miliardi». [2]
Ma come fa un palazzo a triplicare il suo valore in poco tempo? [2]
«Lui dice che la qualità paga sempre. Gli edifici di pregio, in piazza del Popolo o al Duomo, sono irripetibili, hanno un valore che nel tempo può solo crescere. Basta valorizzarli, con ristrutturazioni anche radicali. [2] In realtà il vero ”colpo” lo fece aprendo uno studio odontotecnico ai Castelli: tra i clienti c’era un importante dirigente di banca che l’introdusse nei giri che contano». [3]
Ho sentito che fa i soldi pure in Borsa. [3]
«Di palazzinari ce ne sono tanti. [4] Ma lui un bel giorno fece capolino nell’azionariato di Capitalia. E Cesare Geronzi disse la famosa frase: ”Ricucci chi?” [5] Zitto zitto, tra il 2002 e il 2003 accumulò quasi il 4 per cento. Poi vendette tutto, giusto in tempo per evitare un forte ribasso del titolo. Profitto: 100 milioni di euro». [6]
E ancora non gli bastano? [6]
«Povero lei. Adesso s’è incapricciato del Corriere della Sera. Da metà 2003 ha cominciato a raccoglierne le azioni. Quando nel dicembre di quello stesso anno dichiarò di aver oltrepassato il 2% nessuno lo prese sul serio. Si pensava al classico mordi e fuggi di un palazzinaro con il fiuto per le speculazioni. [7] Ma lui ha preso a dire che quello dell’editoria è un suo pallino, che gli piace diversificare. [2] Così è andato avanti fino ad arrivare al 16%». [8]
E quanto ha speso? [9]
«Una montagna di quattrini. Qualcuno dice addirittura 700 milioni di euro. [9] Adesso è il primo azionista. Ha superato anche Mediobanca, che ha poco più del 14». [10]
Cioè al Corriere adesso comanda lui? [11]
«Gli piacerebbe. Ma deve sapere che esiste una cosa che si chiama ”patto di sindacato”: per farla semplice, un gruppo di azionisti si giurano fedeltà e promettono che non venderanno le loro azioni. E siccome tutti insieme hanno quasi il 60 per cento, comandano loro». [11]
E chi sono? [11]
«Glieli cito in ordine di importanza: Mediobanca, Fiat, Italmobiliare, Ligresti attraverso Fondiaria-Sai, Generali, Dorint holding, Pirelli, Banca Intesa, Capitalia, Sinpar, Merloni, eccetera. In tutto sono sedici. [11] a loro che Ricucci ha chiesto di entrare in consiglio d’amministrazione». [12]
Che gli hanno risposto? [13]
«Che non se ne parla nemmeno. [13] A piazza Affari però sono tanti quelli che pensano che essendo ormai il primo azionista, a lasciarlo fuori non ci fanno mica una bella figura. Ma sa qual è la cosa buffa? Se quelli la prossima settimana gli dicessero: ”Va bene, sei un bravo ragazzo e hai speso un sacco di soldi, vieni, ti diamo un posto in consiglio”, lui sarebbe veramente nei guai, avrebbe speso un sacco di soldi per avere una sedia in un consiglio di amministrazione nel quale non conterebbe assolutamente niente". [14]
Non capisco. [14]
«Si consoli, non è l’unico. Io penso che tutto questo agitarsi ha un senso solo e soltanto se Ricucci arriva ad avere il controllo della Rcs, mandando a casa l’attuale sindacato. E per fare questo è inevitabile passare l’Opa, un’offerta pubblica d’acquisto. Si fissa un prezzo e si dice: offro tot per ogni azione. l’unico strumento che per legge può disintegrare il sindacato di controllo". [14]
E quanto costerebbe un’operazione così? [14]
«Diciamo che bisognerebbe impegnare intorno ai 3 miliardi e mezzo, per poi magari spenderne la metà. Tanti soldi oggi in Italia non li ha nessuno, se non le banche. E forse nemmeno quelle, per un affare come la Rcs. Di certo Ricucci ha alle spalle qualcuno molto potente e molto ricco che gli ha garantito finora coperture e fondi illimitati». [14]
Perché, lui tutti quei soldi non li aveva? [5]
«Ricucci non è Rockefeller, 6-700 milioni sono troppi. [5] Vabbe’ che con i palazzi ha fatto miracoli, ma hai voglia a ristrutturare... Deve ricordare che a quel livello le cose funzionano diversamente. Le banche che gli fanno credito, si fidano del suo fiuto e delle informazioni di cui dispone, gli prestano i soldi e poi a volte si ”accodano” sperando di fare profitti anche in conto proprio. Ricucci nega di aver dato in pegno le sue azioni Rcs, ma non ci crede nessuno». [15]
E una cosa del genere è legale? [10]
«La chiamano ”margin lending”: la banca mette i soldi, l’acquirente pone i titoli in garanzia, per un valore solitamente pari al finanziamento più un terzo. Finché i titoli salgono il meccanismo tiene, ma con i ribassi arrivano anche i guai. Bisogna integrare il margine con denaro contante, e il margine, nel caso dei titoli Rcs, potrebbe essere molto più ampio, anche fino al doppio dell’usuale 25-30% chiesto dagli istituti». [10]
Quanto tempo ha Ricucci? [10]
«Un paio d’anni per trovare qualcuno che gli paghi a peso d’oro il suo 16%. Ha speso una media di 4 euro ad azione, adesso stanno intorno a 6. Cioè 60 volte gli utili netti annunciati nel 2004, che a molti sembra un prezzo folle. [15] Rischia di fare un botto che lo sentono pure in Nuova Zelanda. Ma poiché tutti ammettono che Ricucci non è uno sprovveduto, il mistero rimane. Insomma, da qualche parte deve avere un asso. Un ”traditore” sicuro dentro il patto, qualcuno che è pronto a comprare le sue azioni". [14]
E se non ce l’ha? [14]
«In quel caso con l’Opa arriverebbe al massimo al 40 per cento della Rcs, potrebbe giusto andare alle assemblee sociali per rompere un po’ le scatole. Insomma, come comprare un jet transoceanico per andare a pescare in Valle Scrivia». [14]
Non è possibile che qualcuno nel Patto gli venda le azioni solo perché gli conviene? [16]
«Come no! Chi di mestiere non fa l’editore, cioè praticamente tutti, ed è quotato in Borsa - tutti tranne Bertazzoni e Merloni - avrebbe serie difficoltà a rifiutare un’offerta allettante in termini di prezzo. Prendiamo per esempio il 10% della Fiat: come potrebbe il cda della casa automobilistica rifiutare 400-500 milioni di euro per una partecipazione che non è strategica per il business dell’auto? [16] Ma Ricucci potrebbe fare una scommessa del genere? Mi sembra più probabile che punti sull’instabilità del Patto. A gennaio il fronte guidato da Banca Intesa ha difeso a spada tratta la scelta di Vittorio Colao, dal luglio dello scorso anno amministratore delegato al posto di Romiti. Ma Tronchetti e Geronzi non sembravano convinti». [7]
Come mai? [17]
"I giornalisti accusano Colao di essere un ragioniere, uno in grado di guardare soltanto ai conti e alla gara di redditività con la ”Repubblica”. Dicono che è miope quando si tratta di valutare la situazione da un punto di vista politico ed editoriale. [17] Per il momento, sono stati Tronchetti Provera e Geronzi a decidere il ritorno alla direzione di Paolo Mieli, scelta approvata anche da Montezemolo, Della Valle e Ligresti, mentre Bazoli l’ha solo assecondata. All’inizio si pensava che Ricucci fosse stato mandato avanti da Geronzi, che insieme a Ligresti e a Caltagirone avrebbe spostato gli equilibri del Corriere verso l’area Berlusconi. Poi però la scalata all’Antonveneta ha visto Geronzi da una parte e Ricucci dall’altra, e i due si sono allontanati. [7] Quanto a Caltagirone, che non faceva parte del patto di sindacato, ha venduto il suo 2% incassando una plusvalenza di 38 milioni". [12]
A Berlusconi non piace quello che scrivono sul ”Corriere”? [17]
«Per nulla. E gli piace ancora di meno quel salotto di signori che controlla il gruppo Rcs; dunque se qualcuno lo destabilizzasse non gli dispiacerebbe affatto. Ma stia attento: è vero che Ricucci a Palazzo Chigi è visto di buon occhio, ma c’è anche un altro asse politico finanziario al quale è legato. Penso a quello che passa attraverso l’Hopa di Emilio Gnutti, l’Unipol e il Monte dei Paschi di Siena. E lei lo sa chi è il riferimento politico di quest’ultimo?". [17]
Abbia pazienza... [17]
«Il presidente dei Ds Massimo D’Alema. Sono le cosiddette ”relazioni pericolose” dei Democratici di sinistra. Non è un caso che i Ds tacciano su tutta la questione. [17] Se la sinistra non parla, avrà i suoi buoni motivi. Non lo dico io, l’ha detto Della Valle». [18]
Ora i soldi a Ricucci li ha dati D’Alema! [17]
«No, i soldi si sa chi glieli ha dati. Perché quando la Consob l’ha convocato per chiedergli spiegazioni, non è che poteva continuare a fare lo gnorri. La francese Société Générale avrebbe concesso fidi per 800 milioni. Altri 450 milioni ce li avrebbe messi la Popolare Lodi. Ma la parte più sostanziosa, un miliardo di euro, ce l’ha messa Deutsche Bank. Che in Italia è guidata da Vincenzo De Bustis, molto vicino, guarda caso, a D’Alema. [6] Ma non è questo il punto: Ricucci non ha dato spiegazioni riguardo le garanzie patrimoniali fornite. Una circostanza insolita che lascia spazio a diverse interpretazioni. Qualcun altro potrebbe aver offerto le garanzie a fronte delle quali le banche hanno concesso il credito. [8] E badi bene, in gioco non c’è solo la Rcs». [5]
Si spieghi. [5]
«I pattisti di Rcs sono quasi gli stessi di Mediobanca. Riuscisse l’assalto si ritroverebbero invischiati in polemiche reciproche. Lo stesso copione verrebbe poi applicato alle Generali, e questa, per varie ragioni, sarebbe una preda ancora più facile. Una volta fatto saltare il cuore della Galassia del Nord, e cioè Mediobanca-Rcs-Generali, sarebbe facile sistemare uno a uno i sopravissuti: Unicredito, Intesa, Pirelli, eccetera». [5]
I fedeli del Patto Rcs sono senza difesa davanti all’Opa?
«Il presidente Piergaetano Marchetti è al lavoro per trovare una soluzione tecnica che permetta ai soci di non sfilacciarsi nel caso arrivasse un’Opa ostile. I grandi soci si sono dati appuntamento proprio per oggi nel suo studio. Una possibilità potrebbe essere che gli stessi soci si impegnino vicendevolmente, ma al di fuori del patto di sindacato, a concedere agli altri componenti un’opzione sulle azioni in uscita nel momento in cui venisse lanciata un’Opa. In questo modo si eviterebbe il rischio che qualche componente del patto, per esempio la Fiat, sia costretta a consegnare a Ricucci il proprio pacchetto. A quel punto gli altri pattisti avrebbero il diritto di comprare quelle azioni allo stesso prezzo dell’Opa. Ma non sarà facile trovare la formulazione giusta per convincere la Consob che le eventuali opzioni non rappresentano un modo per aggirare gli articoli 122 e 123 della legge Draghi, i quali attribuiscono il diritto di recesso ai soci di un patto in caso di Opa». [19]
Che altro potrebbero fare quelli del Patto? [10]
«Potrebbero lanciare un’Opa per liquidare il poco gradito ospite, ma sembra non ci stiano pensando. Potrebbero convertire le azioni di risparmio, per aumentare il capitale, o ritirare la società dal mercato, dopo un’Opa totalitaria. Ma la prima opzione è di poca entità, mentre la seconda imporrebbe un costo di immagine molto alto: un Corriere fuori da Piazza Affari. Per ora, gli assaltati si affidano a dichiarazioni rassicuranti e tendono le antenne». [10]
Mettiamo che ci sia un cavallo di Troia. Lei chi sospetta? [20]
«A furia di guardare Ricucci ci siamo dimenticati di Giovanni Bazoli, che è il vero padrone della baracca. L’immobiliarista romano compra e il presidente della Banca Intesa se ne sta zitto e buono come se nulla fosse. Poco credibile, se pensiamo al carattere dell’uomo e alla storia del suo lungo appassionato rapporto con il quotidiano di via Solferino. Qualche anno fa era bastata la velleitaria scorribanda di Luigi Giribaldi, un vecchio finanziere che da Montecarlo si divertiva a infastidire il grande capitale, per convocare nottetempo una riunione in Mediobanca dove i membri del patto di sindacato Rcs giurarono fedeltà al loro vincolo. Possibile che adesso quelle stesse persone se ne stiano placidamente a guardare?". [20]
’Sto Bazoli sembra più furbo che santo... [20]
«Potrebbe essere che la tranquillità gli derivi dal fatto che controlla movimenti e pacchetti di quelli che stanno facendo incetta di azioni Rcs. Non mi meraviglierebbe che dietro una eventuale offerta pubblica sul giornale ci fossero lui con i suoi alleati. E siccome ogni interpretazione economica sulle vicende del primo quotidiano d’Italia è anche politica, terreno su cui il professore si muove con agio, tutto il bailamme sulla Rcs potrebbe nascere come antidoto alle presunte mire berlusconiane su via Solferino». [20]
Insomma, è tutta una roba di politica. [20]
«Bazoli potrebbe aver temuto un ribaltone di Geronzi e Ligresti in chiave berlusconiana, ed aver orchestrato le contromosse d’intesa con Prodi e D’Alema. A quel punto il presidente dei Ds, nonostante il biasimo di Giuliano Amato, avrebbe fatto da tramite per assicurare al professore l’appoggio di Ricucci. [20] Ma è un’idea come un’altra. Il fatto è che il nome di chi sta davvero comprando non lo sa veramente nessuno».