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 1967  marzo 26 Domenica calendario

Ma come fa Gesù Cristo a proclamarsi Dio se non sa nemmeno quando arriverà la fine del mondo? Famiglia Cristiana, 26 marzo 1967 Il supremo magistero della S

Ma come fa Gesù Cristo a proclamarsi Dio se non sa nemmeno quando arriverà la fine del mondo? Famiglia Cristiana, 26 marzo 1967 Il supremo magistero della S. Chiesa Romana ci forma ed insegna che nel Cristo v’è la pienezza delle due nature – umana e divina – come, altresì, l’unità e trinità di Dio. Perché allora Gesù una volta rispose: «Ma quanto a quel giorno e quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figliuolo, ma il Padre solo» (San Matteo 24,36)? Forse che il Figlio è meno perfetto del Padre e perciò stesso limitato? Cesare Cabbas e Rinaldo Lecca La questione del significato di san Matteo 24,36 - «Quanto poi a quel giorno e a quell’ora, nessuno li conosce, neppure gli angeli dei cieli, e neppure il Figlio, ma solo il Padre» - è una questione molto discussa fra i cultori di teologia dogmatica e gli esegeti fin dal tempo dei Padri, cioè fin dai primi secoli del cristianesimo. Con l’andar del tempo si sono imposte in modo particolare due spiegazioni: 1. Tutte le spiegazioni presuppongono una nozione garantita dal dogma, e cioè che bisogna distinguere in Cristo una conoscenza o scienza umana e una scienza divina. Cristo non era soltanto il Figlio consustanziale del Padre eterno, ma era anche perfetto uomo della nostra stessa natura; e come hanno chiaramente definito i dogmi promulgati tra il quinto e il settimo secolo, possedeva anche una intelligenza umana vera e propria, una volontà umana e, quindi, anche una maniera umana di conoscere le cose. Inoltre, è per tutti chiaro che l’espressione in Matteo 24,36 si riferisce alla scienza umana e a non a quella divina di Gesù. Il punto discusso riguarda soltanto il rapporto che esiste in lui tra scienza umane e scienza divina. La teologia medioevale era dell’opinione che le due scienze si compenetrassero in maniera tale, che Gesù anche come uomo partecipava della onniscienza divina. Per poter spiegare Matteo 24,36 e altre affermazioni simili essa distingueva tra scienza comunicabile e scienza non comunicabile. Gesù, cioè, in forza della sua partecipazione alla scienza del Verbo eterno, avrebbe conosciuto ogni essere reale, però era venuto in questo mondo con l’incarico di rivelare un complesso ben definito e circoscritto di verità, fra cui non era inclusa la data della fine del mondo. Di conseguenza, tenendo conto delle nozioni ch’egli era stato incaricato di comunicare, potè dire con ragione che non conosceva il tempo e l’ora della fine del mondo, cioè che esse non facevano parte di quanto era stato inviato a rivelare. Egli si è limitato semplicemente a non rivelarli, perché non facevano parte del patrimonio della rivelazione divina. 2. Le spiegazioni moderne si spingono un passo più avanti. Esse dicono che Gesù nella profondità della sua anima umana era sempre immerso nel Verbo eterno, con cui costituiva addirittura una unica persona; però questa unione, che caratterizzava la profondità del suo essere, non riversava nella sua coscienza umana tutti i dettagli della onniscienza divina; lo faceva soltanto nella misura in cui ciò era necessario, perché potesse adempiere alla sua missione di rivelatore. In questo modo diviene possibile ammettere in lui una conoscenza e uno sviluppo genuinamente umano, senza per questo mettere in questione la sua unità ontologica - cioè sul piano dell’essere – con la seconda persona della Trinità. Il quadro complessivo dei vangeli, che ci presenta un Gesù così genuinamente umano, diviene più comprensibile. Secondo questa spiegazione Gesù poteva dire con ragione di non conoscere la data dell’ultimo giorno, pur essendo dal profondo del suo essere ”Figlio”, perché la base divina del suo essere non illuminava la sua mente umana su questo punto. Com’è evidente, questa seconda spiegazione ha dei punti in comune con la precedente, che distingueva tra una scienza comunicabile o una non comunicabile , però elimina il carattere un po’ fittizio di questa distinzione e cerca di tener seriamente conto e della vera filiazione divina di Gesù e delle affermazioni della Scrittura. Joseph Ratzinger