MACCHINA DEL TEMPO MARZO 2006, 8 febbraio 2006
Una bellezza giunonica che sprizza simpatia, una valchiria capace di conquistarsi l’affetto anche delle donne
Una bellezza giunonica che sprizza simpatia, una valchiria capace di conquistarsi l’affetto anche delle donne. Noi adesso la vediamo così, ma forse da bimba aveva complessi persino lei? «Sono stata una bambina molto sicura di me, lo ammetto. L’unico complesso erano i denti da coniglio, che in un visino piccolo sono ancora più evidenti: i miei amichetti mi chiamavano ”Pippi Calzelunghe”. Era ed è, il mio, un corpo di cui non ero proprio felice e fiera. Però non cambierei nulla e adesso i miei denti mi vanno più che bene». Mai avuto momenti difficili da piccola? «Certo! Il nomignolo di ”Pippi Calzelunghe” mi dava fastidio, ma io per orgoglio lo sottolineavo portando i capelli legati in treccine: in quel modo ero Pippi davvero! Io mi sono sempre difesa così: esagero ciò che gli altri trovano difettoso in me. E così gli chiudo la bocca...!». Un ricordo imbarazzante dell’infanzia? «All’asilo l’insegnante mi usò come ”cavia” per il suo esame di ammissione: una giuria di pedagoghi giudicava il lavoro svolto dalla mia maestra attraverso una serie di domande rivolte a me, piccola e timida. Volevo morire dalla vergogna! Ma ce l’ho fatta. E da allora ho sempre seguito l’ insegnamento di mia nonna: quando hai paura di una cosa, falla tante volte, cosi la paura ti passa». Qual è la sua ricetta per vincere i complessi? «Spirito e autoironia nella vita sono la chiave del mio successo. Mi critico da sola così evito le critiche degli altri. Secondo me, a esagerare i difetti, si diventa pure più simpatici!».