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 2006  febbraio 05 Domenica calendario

Jack London, le foto del Big One. La Repubblica 5 febbraio 2006. San Francisco. Il 18 aprile 1906 era un mercoledì

Jack London, le foto del Big One. La Repubblica 5 febbraio 2006. San Francisco. Il 18 aprile 1906 era un mercoledì. Alle 5 e 12 del mattino Jack London e Charmian (la sua seconda moglie) stavano tranquillamente dormendo nella loro casa di Glen Ellen quando la terra iniziò a tremare: una prima scossa, forte abbastanza per essere sentita nell´intera baia di San Francisco, e poco dopo una seconda, questa volta terribile, a seminare il panico per cinquanta lunghissimi secondi in tutta la California. Un "Big One" che venne sentito lungo l´intera costa del Pacifico, dal sud dell´Oregon ai sobborghi di Los Angeles, e che all´interno arrivò a lambire le contee semideserte del Nevada. L´epicentro fu San Francisco. Alla vigilia si era addormentata sulle note della Carmen cantata da Enrico Caruso, in una di quelle serate destinate a passare alla storia della città. Alla Grand Opera House si erano date convegno la crema della ricchezza e del potere californiano, per uno di quei "social event" da ricordare con orgoglio: «Io c´ero». Nel giro di poche ore quella memoria venne cancellata. Colpita da una scossa di magnitudo 8,5 Richter, San Francisco si risvegliò dentro un incubo, le pittoresche strade a saliscendi che sussultavano, piccole case e grandi palazzi che venivano giù come fossero di cartapesta. E il peggio doveva venire, e arrivò sotto forma di un incendio che per giorni sconvolse la città, incenerendo interi quartieri e provocando la morte di centinaia di persone. Alle sei del mattino Jack e Charmian erano già in groppa ai loro cavalli lanciati al galoppo verso il Beauty Ranch, sogno campestre ancora in costruzione. Dalla stalla semidistrutta, guardando verso Santa Rosa e San Francisco potevano vedere i fumi che si levavano alti nel cielo. Bastò uno sguardo e la decisione fu presa: partire. Inizia così il breve ma intenso viaggio che porterà uno dei più celebri autori della letteratura popolare americana attraverso le creste della Sonoma County, giù fino a San Francisco e Oakland, poi di nuovo a nord verso Fort Bragg e Santa Rosa, per tornare a San Francisco. Un viaggio che Jack London racconterà sulle colonne di Collier´s, il settimanale fondato da Peter Collier nel 1888, pioniere di quel "investigative journalism" che Theodore Roosevelt definì poco amichevolmente "muckraking journalism", il giornalismo di denuncia. Durante quel viaggio la scrittura non fu l´unica attività di London e della moglie (che tenne aggiornato il suo diario, dove il 18 aprile campeggia in rosso la scritta «earthquake!»). Per l´autore del Tallone di ferro, sensibile alle nuove frontiere che le moderne macchine offrivano al nascente fotogiornalismo - da lui già sperimentato a Yokohama e in Corea ai tempi della guerra russo-nipponica (1904) - il "terremoto del secolo" fu anche l´occasione per scattare centinaia di foto. Che per un secolo sono rimaste sepolte (e inedite) negli archivi del California State Parks, un piccolo tesoro di cui solo in pochi sapevano. Adesso, in occasione del centenario del terremoto e dell´incendio che distrusse "Frisco" nel momento del suo maggiore splendore, la California Historical Society ha preparato una mostra sulle foto dello scrittore che verrà inaugurata il 9 febbraio: Jack London and the Great Earthquake and Firestorms of 1906. A quel tempo London era all´apice della sua fama. «La popolarità sua e di sua moglie Charmian era paragonabile a quella di una odierna stella del cinema o di una rockstar», spiega Stephen Becker, il gioviale e attivo direttore della California Historical Society, mentre gira da una stanza all´altra per controllare che tutto proceda con ordine. «Di quelle foto neanch´io conoscevo l´esistenza, e sono uno che la storia e la vita di Jack London l´ha studiata». Becker racconta come è nata l´idea della mostra. Da quando, «qualche anno fa», Philip L. Fradkin (che della mostra è il curatore) si imbatté quasi per caso nelle foto; alle lunghe trattative con il California State Parks che conservava i negativi; fino alla straordinaria bravura di Philip Adam, il fotografo della Chs che da quei negativi invecchiati e rovinati è riuscito a ridare vita a straordinarie foto in bianco e nero. Quando parla di Jack London and the earthquake, Phil Fradkin - che è il maggiore studioso del terremoto di San Francisco oltre che autore di libri di storia della California, professore a Stanford e Berkeley, e vincitore di un premio Pulitzer con il Los Angeles Times - non nasconde un po´ di delusione. Lo scrittore («che io ammiro, sia ben chiaro») decise infatti di scrivere per il Collier´s solo per una questione di denaro: «Era pagato dieci cent a parola, il massimo che un giornale all´epoca si potesse permettere. Per quel reportage incassò 240 dollari che gli servivano per finire i lavori dello "Snark", la barca con cui voleva fare il giro del mondo e che finì invece per solcare solo il Pacifico». Il fotografo Adam, quando ebbe in mano i negativi, pensava che London avesse usato una macchina fotografica da pochi soldi, magari una di quelle Eastman Kodak che nel primo decennio del secolo scorso avevano reso la fotografia un hobby accessibile a molti: «Ma quando ho iniziato a lavorare con i negativi mi sono reso conto che le foto dovevano essere state fatte con una macchina decisamente più costosa». Una volta stampate le foto, il risultato colpì anche un professionista come lui. «Mi disse subito: non sapevo che Jack London fosse un fotografo così bravo. E anche a un profano come me il risultato fu subito evidente: quelle foto sembravano fatte da un fotografo vero», racconta Stephen Becker. Philip Fradkin entra nel dettaglio: «Quelle foto non sono state scattate nel giorno del terremoto, ma quando Jack e Charmian fecero ritorno a San Francisco dopo il viaggio a nord, a Santa Rosa, nella Sonoma County e a Mendocino. Se ci dicono qualcosa di nuovo sul terremoto? Quelle di San Francisco direi di no, ma se guardiamo a tutte le foto del viaggio allora quella di Jack London diventa una testimonianza unica su cosa è stato il terremoto nei dintorni, nelle campagne, su come ha cambiato la storia della California del nord. Un esempio per tutti: le foto che lo scrittore ha scattato a Santa Rosa, una città che in proporzione ha avuto molti più danni e più morti di San Francisco». Becker mostra orgoglioso la prima foto, già in cornice, che insieme a altre decine si potrà ammirare nella sede della California Historical Society al 678 di Mission Street, pochi blocchi di distanza dalla casa natale di London. Poi, quasi di nascosto, tira fuori - mettendosi dei guanti quasi fosse un´operazione chirurgica - l´unico memorabilia appartenente allo scrittore di cui la "Society" è in possesso: una fiaschetta da whisky. A pochi giorni dall´inaugurazione nella sala ci sono ancora i pannelli della mostra che ha appena chiuso i battenti, sulla San Francisco anni Sessanta dei "figli dei fiori": «Ma quella è un´altra storia». Alberto Flores D´Arcais