Corriere della Sera 05/02/2006, pag.5 Ennio Caretto, 5 febbraio 2006
«Ma solo un cambio di regime può evitare il conflitto». Corriere della Sera 5 febbraio 2006. Washington
«Ma solo un cambio di regime può evitare il conflitto». Corriere della Sera 5 febbraio 2006. Washington. Per Marvin Cetron, lo sbocco attualmente più probabile della crisi iraniana è «un attacco militare internazionale a Teheran entro qualche anno». L’autore del Rapporto 2000 sul terrorismo per Fbi e Cia ritiene che soltanto un cambiamento di regime in Iran potrebbe prevenirlo. E auspica che l’Occidente si attivi a questo fine: «Come gli iraniani insorsero contro lo scià nel ’79, così potrebbero insorgere contro i fanatici religiosi che li governano». Reduce da una visita nei Paesi islamici, Cetron ammonisce che «la situazione è esplosiva e mette in gioco anche il futuro di Iraq, Pakistan e Arabia Saudita». Perché è così pessimista? «Perché sebbene la decisione dell’ Aiea di rinviare la questione all’Onu sia estremamente importante, l’Iran non cederà. I suoi governanti hanno enormi problemi interni, dalla gestione dei giovani in fermento, alla povertà. E cercano di relegarli in secondo piano sfidando il mondo. Inoltre vogliono armi nucleari per poter dominare Golfo e Medio Oriente». Ma se il Consiglio di Sicurezza imponesse sanzioni, non ci ripenserebbero? «No. Penso che le sanzioni verranno varate, nonostante le riserve di Cina e Russia. Ma Teheran andrà avanti sulla sua strada. A quel punto, forse l’anno prossimo, l’Onu darà un ultimatum che avrà anch’esso scarso effetto». In risposta l’Iran potrebbe provocare una crisi petrolifera... «Non tale da metterci in ginocchio. Il suo peso nel settore energetico sta diminuendo, contano di più Russia e Venezuela, e noi stiamo sviluppando fonti alternative. Non troverebbe molti sostenitori all’Opec». Quindi, a suo giudizio, è una corsa contro il tempo: o il regime cambia o scoppierà una guerra. «Non bisogna esitare a favorire il cambiamento di regime se necessario con finanziamenti o con azioni clandestine. A me fa paura il Pakistan, l’unico Paese islamico al mondo con armi nucleari. Che cosa succederebbe se il presidente Musharraf, nostro alleato, cadesse nel frattempo, e il Pakistan, entrato nell’orbita radicale, aiutasse l’Iran a procurarsi in fretta la bomba?». Ma favorire un cambio di regime non sarebbe una grave interferenza negli affari interni dell’Iran? «Sarebbe il minore dei mali. Ripeto, l’alternativa è bombardare Teheran. Un attacco non unilaterale, da parte solo di Usa o Israele, ma multilaterale: una coalizione con membri europei. E non breve, a solo titolo dimostrativo». Una nuova guerra dell’Iraq? «L’estremismo iraniano, che nega l’Olocausto e predica la distruzione di Israele, va fermato o coinvolgerà anche Paesi come Iraq e Arabia Saudita. Chi ci garantisce che altrimenti l’Iraq non diventerà una teocrazia, che i re sauditi non verranno rovesciati, che Bin Laden o qualcuno come lui non riemergerà?». La diplomazia, allora, è stata sconfitta? «Purtroppo sì. Anche l’Unione Europea ha capito che non rimane alcun margine di manovra». Ennio Caretto