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 2006  febbraio 07 Martedì calendario

FIAT: Marchionne calma il mercato comprandosi azioni per un milione. Se il suo piano andrà in porto, nel 2007 Sergio Marchionne conta di presentare una Fiat con un Ros (Return on sales) attorno a 5-6% e un utile per azione pari a 1,25-1,55

FIAT: Marchionne calma il mercato comprandosi azioni per un milione. Se il suo piano andrà in porto, nel 2007 Sergio Marchionne conta di presentare una Fiat con un Ros (Return on sales) attorno a 5-6% e un utile per azione pari a 1,25-1,55. A quel punto - ne è convinto l’Ad del Lingotto - il titolo dovrebbe essere ben lontano dai minimi storici toccati nell’ultima settimana. Nella bufera di questi giorni, quando dietro il rinvio dell’assemblea il mercato ha ipotizzato tutto quanto di peggio può capitare a una società per giunta già in cattive acque - mancati obiettivi, nuove sopravvenienti difficoltà finanziarie magari legate a un peggioramento del clima con le banche, revisori e Consob in stato d’allerta - la mossa di Marchionne di investire nella società che deve salvare e rilanciare non è passata inosservata: anzi, ha rallentato la caduta del titolo da una parte, dall’altra ha lanciato un messaggio forte alle banche in vista dell’incontro di martedì. La decisione di Marchionne non è una novità nella storia di Fiat. Se Romiti si vantava di aver guidato per 25 anni la Fiat senza mai possederne un’azione, tanto - disse - da indispettire quasi l’Avvocato che più volte lo invitò a diventare azionista di Fiat, a investire in titoli Fiat furono Paolo Fresco e Paolo Cantarella, quando si trovarono nel tunnel della crisi, a riprova di quanto credessero nei piani di rilancio predisposti. Entrambi lo rivelarono ”coram populo” all’assemblea degli azionisti: Fresco lo fece per un equivalente pari all’intero ammontare dei compensi percepiti dalla data del suo arrivo, nel giugno 1998, alla presidenza in Fiat; Cantarella per la parte variabile del proprio stipendio. Era il 28 febbraio 2002. Il titolo stava scendendo ben al di sotto dei 15 euro, oggi siamo sotto i cinque. Due anni prima, al momento dell’intesa con Gm l’ordinaria Fiat sfiorava quota 35 euro. Cantarella si sarebbe dimesso nel giugno 2002. Fresco sarebbe durato solo un po’ di più. Solo nel luglio 2001, dopo l’esame del primo semestre, da Fiat era uscito il rassicurante messaggio di un gruppo, che, ultimati acquisti e riassetti, era «strategicamente a posto per cui doveva limitarsi a implementare le cose già fatte». Torino prevedeva ancora di chiudere l’anno con un risultato operativo di 1,1 miliardi di euro. A fine anno, altro che utili, emerse un rosso operativo di 791 milioni di euro con un debito netto schizzato a oltre 6 miliardi. Adesso che il titolo è precipitato sotto il nominale, Marchionne ha comunicato di aver investito circa un milione per acquisire 220mila azioni Fiati al prezzo di 4,60 euro. Mossa imitata da altri top manager del gruppo torinese per un importo complessivo di un altro milione. Sotto la sferzata della speculazione e dei rumors che trovano nei titoli dell’auto facile esche per innescare ribassi a catena, Fiat è precipitata anche a 4,39 euro. Ma nelle ultime due sedute Fiat è risalita, in modo deciso, fino a 4,81 euro. Il guadagno lordo teorico per Marchionne sarebbe pari a 46/200 euro. Ma se Marchionne compra, un report di Morgan Stanley invita tutti ad alleggerirsi di Fiat con il giudizio underweight: cioè sottopesare. Risolta la querelle del put con un incasso di 2 miliardi di dollari, che ha riportato l’indebitamento del Lingotto entro le linee guida del convertendo da cui era deragliato a fine 2004, la Fiat si trova però senza più la valvola di sfogo della possibile cessione dell’Auto. «Vogliamo sapere di che morte morire», disse Fresco al momento della sigla con Gm, mai immaginandosi che si potesse materializzare di lì a poco una situazione tanto negativa. Che Marchionne ha di fatto attribuito anche all’intesa con Gm che ha ingessato entrambi i partner. «Abbiamo così riacquistato la libertà di essere padroni del nostro futuro e del nostro destino», ha detto Marchionne subito dopo la fine dell’alleanza. Ma il futuro di Fiat, tornata sola, è legato all’evolversi positivo di più fattori, sia industriali (il successo dei nuovi modelli e magari di nuove alleanze su prodotti specifici), sia finanziari (soluzione del convertendo e rinnovo di linee di credito per 2 miliardi entro luglio). Come diceva giorni fa il ”Financial Times”, non è più ammesso sbagliare. Anche una comunicazione incerta, come quella che ha accompagnato il rinvio dell’assemblea, basta a scatenare mille sospetti in un mercato che ha i nervi scoperti. Martedì dal rendes-vous ai massimi livelli tra Fiat e banche il mercato attende chiarezza, con certo le solite frasi di convenienza e di reciproca stima. Tanto più che nessuno dei due sta facendo una gran bella figura: Fiat perché di fatto è incapace di rimborsare il prestito come dovrebbe invece fare un’azienda virtuosa; le banche perché devono spiegare ai propri azionisti, al di là degli artifizi usati per la copertura, come si possono registrare 1,5 miliardi di minusvalenza su un prestito da 3 miliardi. Aldo Bernacchi