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 2005  aprile 11 Lunedì calendario

L’imminente fusione tra Telecom Italia e Tim non cambierà la vita dei 27 milioni di abbonati a ciascuna delle due aziende, che continueranno a usare i propri telefoni, fissi e mobili, senza differenze rispetto al passato

L’imminente fusione tra Telecom Italia e Tim non cambierà la vita dei 27 milioni di abbonati a ciascuna delle due aziende, che continueranno a usare i propri telefoni, fissi e mobili, senza differenze rispetto al passato. Ma, prodigi della finanza, la fusione tra i due colossi delle telecomunicazioni (che furono scorporati il 14 luglio del 1995 su iniziativa del Tesoro, allora azionista di controllo del gruppo) nel prossimo trienno 2005-7 porterà «sinergie» (cioè risparmi) per 1,5 miliardi di euro e una crescita dei ricavi annui tra il 4 e il 6 per cento, come il presidente di Telecom Italia Marco Tronchetti Provera ha detto martedì scorso agli analisti. Se volgiamo lo sguardo al passato, da quando il settore delle telecomunicazioni è stato liberalizzato sotto l’impulso della Commissione europea nel 1998, Telecom Italia ha mantenuto una posizione dominante nel mercato della telefonia fissa, con il 68 per cento del mercato, e ha avuto ricavi sempre superiori ai 16 miliardi di euro l’anno. Per non parlare della telefonia mobile, una gallina dalle uova d’oro tutta italiana: il margine operativo lordo (la differenza tra ricavi e costi diretti, cioè strettamente inerenti la produzione) di Tim è pari al 53,2 per cento dei ricavi, contro il 53 di Vodafone: si tratta di perfomence superiori alla media internazionale, se consideriamo che Vodafone nel mondo ha un margine del 21,8 per cento.