Il Sole 24 Ore 15/01/2006, pag.34 Luigi Sampietro, 15 gennaio 2006
Un parafulmine per il pregiudizio. Il Sole 24 Ore 15 gennaio 2006. Benjamin Franklin, nato puritano, sarebbe diventato lo scienziato e l’inventore più famoso del suo tempo
Un parafulmine per il pregiudizio. Il Sole 24 Ore 15 gennaio 2006. Benjamin Franklin, nato puritano, sarebbe diventato lo scienziato e l’inventore più famoso del suo tempo. Nel mondo intero. Un autentico genio americano da esportazione, grazie anche, e soprattutto, alle sue straordinarie capacità nel campo delle pubbliche relazioni. Ma non c’è contraddizione, per quanto possa sembrare un paradosso, tra le sue origini (fosse stato più ricco il padre lo avrebbe mandato ad Harvard a studiare perché diventasse ministro della chiesa congregazionalista) e la sua carriera di uomo di mondo e di illuminista un po’ sui generis, sorridente e pragmatico, tutto dedito, arnesi alla mano, alla causa delle "magnifiche sorti e progressive". E questo perché non c’è contraddizione tra il calvinismo dei puritani della terza generazione nella Nuova Inghilterra e il deismo, peraltro abbastanza presto rientrato, di un uomo come Franklin. La ragione è molto semplice. Calvinisti e deisti avevano - non dal punto di vista teologico ma, per così dire, psicologico - un atteggiamento comune nei confronti della divinità. I calvinisti, a forza di predicare la grandezza di Dio e la miseria dell’uomo, avevano promosso l’idea di una divinità abissalmente lontana. Quasi inavvicinabile nella sua maestà e nella sua gloria. E senza santi né preti che potessero fare da intermediari. Dal canto loro i deisti avevano concepito la divinità virtualmente come un’astrazione. Un presupposto necessario che deve per forza esistere come causa, visto che abbiamo sotto mano gli effetti. Ma che dopo aver creato il mondo deve essersi ritirato molto in alto senza più interferire nelle nostre faccende. La differenza stava nel fatto che, mentre per i calvinisti Dio era presente dappertutto e dirigeva - attraverso i suoi agenti, cioè le cause seconde - persino i movimenti del più piccolo uccellino e dell’ultima foglia; i deisti pensavano che il mondo Dio lo avesse lasciato alle cure e alle iniziative degli uomini di buona volontà. Ricorrendo a un gioco di parole possiamo dire che gli uni, i calvinisti, credevano nella provvidenza, cioè nell’intervento continuo e totale della volontà di Dio nello svolgersi della storia e nell’orientare l’intero universo; mentre gli altri, i deisti, credevano nella previdenza, cioè nella necessità da parte di ciascun individuo di calcolare e dominare tutto quanto avviene nel piccolo o grande mondo in cui vive. Ma, come ho detto, Dio restava "psicologicamente" lontano - invisibile - per entrambi. I puritani però avevano un modo per raggiungerlo. Cercavano di conoscere i disegni compulsando le Scritture ma anche, e questo è il punto che ci riguarda, leggendo nel grande libro del creato. vero che i loro interessi erano di natura simbolica, soprattutto volti a scoprire le tracce della presenza della Trinità nella natura secondo l’insegnamento della teologia agostiniana confermata dalla Riforma; ma è anche vero che, da grandi cultori del sapere in ogni campo quali erano, finirono per prenderci gusto e si ritrovarono a essere gli antesignani della ricerca scientifica in senso moderno. Facciamo l’esempio di due contemporanei di Benjamin Franklin. Il primo è Jonathan Edwards (1703-58), filosofo e teologo che applicò l’insegnamento di Locke alla ridefinizione della tradizione calvinista e che è considerato ancora oggi la più grande mente speculativa che l’America abbia mai prodotto. Il secondo è Cotton Mather (1663-1728), autore dei Magnalia Christi americana e la figura più rappresentativa dell’ultimo puritanesimo. Ebbene, Edwards, che era quasi coetaneo di Franklin (nato il 17 gennaio 1706, giusto trecento anni fa) aveva cominciato la propria carriera scrivendo un trattatello sui ragni ed era poi morto, quasi da martire della scienza, per le conseguenze della vaccinazione contro il vaiolo a cui si era sottoposto sfidando la rabbiosa diffidenza dei suoi concittadini e parrocchiani. Mentre Mather, che era stato pastor and preacher della congregazione di Boston a cui Franklin aveva appartenuto da bambino, aveva interessi che si estendevano alla botanica e alle scienze naturali. Tant’è vero che per i risultati delle sue ricerche era stato chiamato, nel 1713, a far parte della Royal Society di Londra, il massimo istituto scientifico dell’epoca. Non solo. Come Edwards, e come già suo padre, Increase Mather, che era stato rettore di Harward, Cotton Mather fu un sostenitore della campagna a favore dell’innesto del vaiolo. Insomma, lo scienziato Franklin non ebbe bisogno di combattere per farsi largo, mise semplicemente da parte i presupposti metafisici senza calpestarli, e si dedicò all’osservazione dei fenomeni: a risolvere i problemi pratici della comunità in cui viveva. Inventò un nuovo tipo di stufa, un nuovo tipo di tiraggio perché i camini non facessero fumo, le lenti bifocali e la sedia a dondolo; istituì un corpo di pompieri, ebbe l’idea di una biblioteca circolante e fondò un’accademia che sarebbe poi diventata la University of Pennsylvania. E molto altro ancora. Quando rivolse l’attenzione allo studio dell’elettricità inventò il famoso parafulmine, e coniò nuove parole, tuttora in uso: "positivo", "negativo", "carica", "batteria", "conduttore", "condensa". Fu scrittore, diplomatico e politico. Contribuì alla stesura della Dichiarazione d’indipendenza americana. Avanzò la proposta di abolire la schiavitù. Fece parte della delegazione che firmò la pace di Parigi e fu in corrispondenza con il Papa. Quando morì, nel 1790, al suo funerale parteciparono 20mila persone. Ed è significativo, come è stato più volte notato, che l’unica cosa che Franklin abbia mai trattato senza nemmeno un filo di ironia sia stata la scienza. Per la quale aveva un religioso rispetto. Luigi Sampietro