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 2006  febbraio 06 Lunedì calendario

Il signore delle mosche: prove inconfutabili dell’esistenza di Satana, 19. Quella finestra del terzo piano Staccare il tubo, staccare la spina

Il signore delle mosche: prove inconfutabili dell’esistenza di Satana, 19. Quella finestra del terzo piano Staccare il tubo, staccare la spina. Terri ha smesso di vivere. Il principe ha smesso di soffrire. L’ex marine John Welles nella foto è un omone con la pipa che ride a sproposito. Lo sai o non lo sai di avere un cancro terminale? Lo sai. Williams, un vero amico, gli spiega il punto esatto della tempia dove puntare la pistola. Spararsi in bocca, no. Non c’è certezza. Meglio mirare verso il centro del cranio. Un colpo e quella foto diventa assurda per sempre. Arrestato, l’amico, per omicidio di secondo grado. Facile, se sei uno qualunque, trovare l’alleato compassionevole che ti aiuta a sparire. Tutto si complica se sei invece un immane significante vestito di bianco, affacciato alla finestra del terzo piano, sopra una folla che pende dalle tue labbra e invece dell’amico una suora di Cracovia. Un immane significante che non respira. Che ha perso la parola. Un immane significante che sembra un divo del muto. Che invece di lasciarsi scivolare giù da quella finestra, come farebbe chiunque al suo posto, inventa tra gli spasmi del parkinson, in fin di vita, una benedizione che è uno spasmo. Quel fotogramma insostenibile che i giornali pubblicano a ripetizione senza mai azzeccare la didascalia giusta (a cosa servono le riunioni di redazione? A non capire quello che è indispensabile capire). Afferra il microfono. Spalanca la bocca. Cerca il suono da amplificare. Ma il suono non esce. Amplificato è solo l’incubo. è allora, nell’esatto momento del panico, che ci benedice o traccia nel vuoto il gesto che somiglia a un disperato esorcismo. Non abbiate paura è la frase più bella mai detta dall’uomo che ora ci spaventa e ci protegge da quanto ci spaventa. Ma se non sei un immane significante. Se non hai folle da benedire. Se passi il tuo tempo a meditare da quale ponte buttarti, da quale automobile farti investire. Se non hai libero accesso alla camera di Gertrudstrasse 84, a Zurigo, il paradiso del suicidio assistito. Non avere paura. Basta tenere la notte sul comodino, insieme alla bibbia e alla copia di tivù, sorrisi e canzoni, la brochure di Michel Landa che ti insegna a morire (droit de mourir dans la dignitè). Sparire dignitosamente. Immaginare almeno di poterlo fare. Come non fallire il gesto definitivo. Il barbiturico giusto. La composizione chimica. Come farselo prescrivere più volte senza indurre sospetti. La dose letale da prendere, a seconda di quanto pesi. Come prenderlo. L’analgesico da associare al barbiturico. O il sedativo, che non è letale, ma aiuta se hai deciso invece d’infilarti la testa nella busta di plastica. Il valium o il librium, insieme a una compressa anti-vomito, il bicchiere di acqua gasata e la dose di scotch. Dopo aver lasciato o no una lettera ai familiari. Le tue ultime volontà. La colonna sonora da mandare, i fiori, l’indirizzo delle pompe funebri, se la cerimonia intima o no. Scrivere anche, se hai voglia, l’annuncio del tuo decesso. Ti spiega come fare, a stringerti la busta intorno al collo. O a collegare in garage l’interno della tua macchina con il tubo di scappamento (non dimenticare prima di fare il pieno di benzina). Giancarlo Dotto