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 2006  febbraio 05 Domenica calendario

GRASSO

GRASSO Silvana Giarre (Catania) 3 giugno 1952. Scrittrice. «[...] sono sfuggita a un aborto. I miei genitori vivevano in una casa popolare e mia madre si procurò un aborto con 48 ore di prezzemolo nell’utero. Quando poi in maniera rudimentale credette di essersi liberata di me si accorse invece al sesto mese che ero rimasta abbandonata da qualche parte. Ebbene, essendo due gemelle almeno di una si era liberata... Mia madre era una donna intelligente ma povera, disgraziata, reputò la mia nascita un’imboscata e per questo non mi guardò mai [...] Sono vedova da anni, vivo da sola. Per quanti uomini abbia conosciuto nessun amante riesce a saziarmi come lo scirocco nelle notti di luna calante che ti rende cieco e ti toglie la vita e anche un mostro ti sembra Ulisse. Gela è greca e io vivo la grecità. Una terra dove bellezza e bruttezza convivono in un amplesso mitologico [...] Non userei la parola scrivere perché preferisco dire che narro per accarezzarmi più che scrivere [...] Della sillaba ho paura, solo di lei. Quando scrivo sono come la belva col suo domatore. Così è la scrittura. Con la stupidità, l’ingenuità del domatore, so che la belva mi sbranerà ma mi piace che mi dia l’illusione della sottomissione [...] sono nata senza regali, i libri li rubavo, mi sono sempre sentita in castigo perché nata contro la volontà. Sono una creatura del mito. Vivo sola, sul mare, dormo poco perché ho una nevrosi, mi lavo poco perché non c’è acqua. Sono pigra. Di notte in estate giro per la città, i muri di Gela parlano. C’è qualche gatto randagio e la luna. Sono sazia di tutto questo, dicono che abbia occhi strani, furiosi [...] Non ho avuto successo, chi come me cresce da un padre e una madre con la seconda elementare, con una povertà assoluta di mezzi, continua a camminare nella vita come un clandestino. una malattia genetica, non sentirsi legittimati mai. Chi nasce ai margini della società che conta ha una stimmate di santità [...] credo di essere la figlia del vulcano, scarto ogni invito a convegni, mi sento col peso della diversità [...] ho letto quello che mi serviva. Conosco milioni di versi a memoria. Credo che per viaggiare bene bastino Dante, Eschilo, Sofocle ed Euripide. Eppoi rileggo sempre i poeti ellenistici [...] Ho letto anche Moravia, Calvino, Sciascia, la Morante, ma la mia bulimia è più di libro che di autore. Mia madre riteneva che il libro non fosse spesa necessaria, non era pasta, non era pane, non erano scarpe [...] Sono una ritardata mentale, non sapendo parlare bene italiano come le mie compagne al liceo, partendo come loro da zero, sono diventata brava in greco [...] Sì, provo a vincere la mia insicurezza eppoi mi autodivoro. Ho sempre la temperatura degli uccelli, a 39 gradi [...] Io disconosco l’aplomb degli inglesi, ho la leggerezza di un rinoceronte sulla tastiera di un pianoforte» (Alain Elkann, ”La Stampa” 5/2/2006).