3 febbraio 2006
Tags : Ko Un
KO UN. Nato a Kunsan (Corea del Sud) il primo agosto 1933. Poeta. «’Questi piccoli istanti poetici non sono che gocce di luce che cercano di esprimere una parte del più ampio ciclo del vivere”: così, con sommessa semplicità, il poeta coreano Ko Un presenta al lettore italiano l’antologia di liriche Fiori di un istante [
KO UN. Nato a Kunsan (Corea del Sud) il primo agosto 1933. Poeta. «’Questi piccoli istanti poetici non sono che gocce di luce che cercano di esprimere una parte del più ampio ciclo del vivere”: così, con sommessa semplicità, il poeta coreano Ko Un presenta al lettore italiano l’antologia di liriche Fiori di un istante [...] prima opera della sua vastissima produzione a essere tradotta nella nostra lingua [...] La vita di Ko Un, nato nel 1933 a Kunsan, si intreccia alle drammatiche vicende del suo paese nel corso del Novecento, ed è stata segnata da momenti di crisi radicale, da pulsioni autodistruttive, da traumatiche quanto clamorose svolte esistenziali: e tuttavia una intima coerenza sottende il percorso di questo ”avventuriero del silenzio e della libertà”, come lo definisce la sua traduttrice. Nella sua infanzia conosce la spietata durezza dell’occupazione giapponese, ed è poi testimone delle violenze e delle atrocità della guerra civile - un’esperienza di insostenibile orrore che lo induce, nel 1952, a farsi monaco buddista. Lascia la vita monastica dopo un decennio, e negli anni Settanta diviene protagonista della lotta per la democrazia e autorevole leader della dissidenza sudcoreana contro la dittatura militare; il suo coraggioso impegno gli costa lunghi periodi di reclusione, e perfino, nel 1980, una condanna all’ergastolo. Amnistiato nell’82, esce di prigione, e ha inizio per lui un fertile periodo creativo, ma fino al ’92 è incluso in una lista di scrittori di cui è vietata la traduzione. In quell’anno terminano finalmente le restrizioni cui è soggetto: compare la prima traduzione in inglese di una sua opera (The Sound of My Waves), a cui molte ne seguiranno negli anni successivi nelle lingue più svariate, e Ko Un può finalmente cominciare a viaggiare per il mondo, dalla Germania all’Australia, dagli Stati Uniti alla Spagna, all’Italia [...] In questa stagione fitta di riconoscimenti per la sua attività poetica (più volte fra l’altro è stato candidato al premio Nobel per la letteratura), è anche l’esemplarità del suo impegno civile a ricevere significative attestazioni: nel 2000, è chiamato a far parte della delegazione sudcoreana allo storico vertice di Pyongyang con i nordcoreani, e al Millennium Peace Summit delle Nazioni Unite legge il suo Canto della pace davanti all’Assemblea generale dell’ONU in sessione plenaria. ”Pace è ponti/ che la guerra distrugge/ e che solo la pace, la pace soltanto, ricostruisce./(...) I sogni di oggi/ sono la realtà di domani”. In Fiori di un istante compaiono anche questi accenti della musa civile di Ko Un, ma i toni dominanti sono altri: ”Ammiro l’ultima neve di primavera/ le alte foglie/ a corpo nudo/ incerte/ incerte stanno/nessuna menzogna nelle loro parole/procedo con umiltà in posti come questo”. Nelle brevi liriche di Ko Un ritroviamo così l’assorta auscultazione dei ritmi di un cosmo che si rifrange nell’erba e nelle foglie, nel brusìo delle gocce di pioggia, nell’arrancare di una mosca dall’ala spezzata. Ed entro la sovrana perennità della natura è sobriamente evocato il pulsare dell’esistenza delle creature umane, colto con sguardo partecipe nei gesti di anonime figure, come la madre che stanca si addormenta, mentre il bambino resta solo ad ascoltare lo sferragliare del treno notturno. ”La gente dice questo e quello, ma/ dopo il commiato/ il lago/ è sempre lì” e ”nel cortile dell’umile casa/ la luce della luna risplende piena”: una luce quieta e serena si irradia, in questi versi, sulla fatica e sul dolore dei viventi» (Amina Crisma, ”il manifesto” 2/2/2006).