Roberto Di Caro L’espresso, 24/03/2005, 24 marzo 2005
La Padania è un affare di famiglia: arriva Renzo Bossi, L’espresso, 24 marzo 2005 Stessi ricci, stessi occhi e bocca, stesso fare un po’ dinoccolato: come fa un leghista a non intenerirsi vedendo Bossi Renzo figlio di Umberto far capolino dietro il padre al suo primo comizio dopo un anno di ospedali, domenica 6 marzo dalla finestra della casa di Carlo Cattaneo a Lugano? Una botta di vita, contando che l’ombra vera del sovrano era, anche lì, l’occhialuto Mazarino di nome Giulio Tremonti, ex ministro della via padana all’Economia e gran pontiere tra Lega e Forza Italia
La Padania è un affare di famiglia: arriva Renzo Bossi, L’espresso, 24 marzo 2005 Stessi ricci, stessi occhi e bocca, stesso fare un po’ dinoccolato: come fa un leghista a non intenerirsi vedendo Bossi Renzo figlio di Umberto far capolino dietro il padre al suo primo comizio dopo un anno di ospedali, domenica 6 marzo dalla finestra della casa di Carlo Cattaneo a Lugano? Una botta di vita, contando che l’ombra vera del sovrano era, anche lì, l’occhialuto Mazarino di nome Giulio Tremonti, ex ministro della via padana all’Economia e gran pontiere tra Lega e Forza Italia. Il passo successivo dell’Umberto è stato, via stampa, una mezza investitura dinastica del diciassettenne pupillo, il suo secondogeníto: «La Lega ha ora bisogno di giovani coraggiosi», dichiara Bossi al ”Corriere”. «Come suo figlio Renzo, che domenica si è affacciato alla finestra con lei?», gli chiede Aldo Cazzullo. «Sono stato molto felice di questo. stato un messaggio chiaro su chi verrà dopo di me. Quando passerò la mano, non certo adesso, qualcosa di me resterà». E alla domanda se un anno di dramma lo ha riavvicinato alla fede, risponde: «Mi ha riavvicinato alla famiglia». Non che l’avesse mai trascurata del tutto, la famiglia. Né lui né la Lega. Manuela Marrone, sua seconda moglie, siciliana per parte di padre ed ex maestra all’istituto delle suore di Santa Maria Ausiliatrice di Varese, per il militante leghista è una specie di icona. Rare comparse alle assise di partito, ma quando timidamente lei esce sul palco è sempre un’ovazione. Nel ’94, allorché finalmente i due si sposano dopo 12 anni di storia e militanza condivisa e due figli, la cassetta delle nozze è il gadget più venduto al Congresso di quell’anno; quanto alle foto, cedute in esclusiva a ”Sorrisi e canzoni tv”, rendono alle casse del Carroccio 70 milioni. Ma è nell’ultimo terribile anno che il ruolo di Manuela è diventato anche ufficialmente decisivo: lei gestiva la degenza del marito, lei i rapporti con i luogotenenti della Lega, lei filtrava le notizie e le indicazioni del capo ai suoi. «Dovevo difendere mio marito e l’ho fatto», confidava agli amici intimi. normale: quando stai male i baluardi sono quelli che trovi in casa tua. Memorabile, nell’agosto 2002, il paginone di auguri della ”Padania” per il dodicesimo compleanno di Roberto Libertà, il terzo figlio, ritratto mentre si inerpica sul monte Paterno «sfidando le proprie forze e vincendo». Il quarto figlio, nato nel periodo celtico del padre, quando trascinava le folle sui barconi riempiendo ampolle del Po a Crissolo per santificarle a Venezia, si chiama Eridano, come l’antico Dio Po. Perché, dalla Valtellina a Lampedusa, la famiglia è sempre la famiglia: « e deve restare la prima agenzia educativa del cittadino», si legge a pagina 178 del volume La rivoluzione, steso da Bossi nel ’93 con Daniele Vimercati e pubblicato da Sperling & Kupfer: «La sua costante presenza nelle vicende storiche del genere umano ne fa un istituto di diritto naturale al quale il federalismo non può che guardare con profondo rispetto, come valore tradizionale profondamente radicato nella storia europea, potremmo dire pre-cristiano. Quindi il futuro Stato federale si impegnerà a sostenere la famiglia con opportuni incentivi economici». Se vale per le famiglie degli altri, varrà pure per quella del Capo, vivaddio. Detto fatto: al Parlamento europeo chi troviamo tra gli assistenti accreditati (un tempo detti portaborse, paga mensile euro 12.750) del deputato leghista Matteo Salvini? Bossi Franco, classe 1947, con un negozio di ricambi per auto a Fagnano Olona, tra Busto Arsizio e Gallarate: per la storia, è il fratello lavoratore dell’Umberto. E chi è l’assistente accreditato dell’onorevole Francesco Enrico Speroni? Bossi Riccardo, anni 25, primogenito di Umberto, figlio della prima moglie Gigliola Guidali. Tipo riservato, racconta chi lo conosce. Tant’è che non ha mai firmato i resoconti e le informative sull’attività del gruppo parlamentare che, almeno sotto la direzione di Giuseppe Leoni fino al 28 febbraio scorso, mandava regolarmente al quotidiano leghista ”La Padania”. La seminvestitura di Renzo ha però tratti diversi. Vista l’età del ragazzo, non la si può considerare una successione coreana alla maniera di Kim il Sung con Kim Jong Il. I leghisti attenti all’immagine del movimento, come il trentatreenne neodirettore della ”Padania” Gianluigi Paragone, la girano nei termini di promozione di un’intera generazione di giovani e giovanissimi, in un movimento che dà loro più spazio di altri: snocciola, a sostegno della tesi, i nomi di Roberto Rota, che a 35 anni è già sottosegretario alle Attività produttive, Marco Reguzzoni, anni 33 e genero di Speroni, presidente della Provincia di Varese, Roberto Maroni, nel ’94 tra i più giovani ministri della storia della Repubblica. Argomentazione: cosa doveva fare Cesare Maldini, vietare al figlio Paolo di fare il calciatore o insegnargli l’arte? Nella squadra «primavera» del Carroccio ci può stare dunque anche Bossi junior. Del resto ci sono precedenti in altri partiti, non solo nella Lega di governo e di famiglia. Quel che resta dell’Edera s’attacca ormai ai muri che capitano, ma fin che c’è un La Malfa in circolazione, sia pure Giorgio, resta almeno la fallace impressione che i repubblicani esistano ancora come tali. Il Garofano ha perso tutti i petali, che seccati a dovere decorano oggi marginalmente entrambi gli ikebana della vita politica italiana, Unione e Cdl: ma fin che un Craxi tira su lo stelo, sia pure Bobo, permane la bizzarra suggestione che una chiamata alle armi del vecchio esercito socialista sia sempre possibile. Funziona così per tutti: un partito, un nome, un simbolo. E infatti il primo apporto di Renzo Bossi alla Lega di papà è stato un enorme Sole delle Alpi, il simbolo della Padania, fatto con un tubo verde al neon montato su una griglia di ferro: dono del pupillo al segretario leghista di Gemonio, il ventenne Alessandro Variatti. Complice in tutti e tre i casi una accentuata somiglianza fisiognomica di tratti e movenze, nei meccanismi di trasmissione ereditaria concepiti a questo modo il richiamo è agli elementi originari e ai segni del carattere. Non è la complessità quella che così si tramanda, ma la radicalità in tutta la sua immediatezza ed efficacia emozionale; non le spregiudicate giravolte della tattica, di cui Bossi padre è maestro, ma le pulsioni profonde, prepolitiche, non ancora mediate. E infatti der junge Bossi al suo primo e finora unico vagito politico alle spalle del padre dalla finestra della casa di Cattaneo, non grida qualcosa tipo «riforma federalista dello Stato», ma «Padania libera e indipendente!». Quadra con tale immagine anche il resto che si sa del giovane Renzo. Gira in jeans e sneakers ai piedi. Appassionato di basket, è tifoso del Casti Group Varese, ha giocato come guardia nella squadra Rione Piazza di Gemonio e da anni milita con il Valcuvia di Cuveglio, campionato juniores. Ma quando il padre tirò su una rete di tre metri sul muretto di casa perché la palla non finisse in strada, il sindaco di Gemonio, Franzetti della Margherita, avviò una procedura per abuso edilizio. La partita si chiuse qualche mese dopo con un telegramma dei ministero degli Interni che definiva la rete abusiva «necessaria per tutelare la sicurezza dell’illustre cittadino», a causa di una adiacente cabina Enel abusiva anch’essa e mai abbattuta. A scuola Renzo segue le orme paterne, pagelle senza brividi d’orgoglio. Dopo le elementari alla dialettale scuola Bosina di Calcinate, frequenta il liceo al severo Rosetum di Besozzo, gestito dalle Suore di Carità della Santa Croce di Ingebolit. Come papà e mamma, che si conobbero nell’82 al Centro culturale di Varese studiando entrambi i dialetti lombardi, anche Renzo è tutto preso dalla difesa delle parlate locali e dalla «lotta contro le omologazioni culturali». Dal padre deve aver preso persino i gusti musicali, se è vero che la sua passione è quel Davide Van de Sfroos (La curiera, E semm partì) che Umberto, come ha dichiarato, vorrebbe finalmente vedere a Sanremo. Roberto Di Caro