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 2006  gennaio 31 Martedì calendario

I Paperoni non vivono più di rendita. Il Sole 24 Ore 31 gennaio 2006. Per sir Tony Atkinson - sessantunenne preside di Nuffield College a Oxford, già professore di Economia politica a Cambridge, già presidente della Royal Economic Society e della European Economic Association, Cavaliere della Legion d’Onore, 16 lauree ad honorem e molto altro ancora - studiare come la gente campa la vita, più accademicamente "la distribuzione del reddito sul lungo periodo nei vari Paesi", è un tema di "inesauribile fascino"

I Paperoni non vivono più di rendita. Il Sole 24 Ore 31 gennaio 2006. Per sir Tony Atkinson - sessantunenne preside di Nuffield College a Oxford, già professore di Economia politica a Cambridge, già presidente della Royal Economic Society e della European Economic Association, Cavaliere della Legion d’Onore, 16 lauree ad honorem e molto altro ancora - studiare come la gente campa la vita, più accademicamente "la distribuzione del reddito sul lungo periodo nei vari Paesi", è un tema di "inesauribile fascino". I poveri sono più di metà della popolazione mondiale, se si usano a parità di potere d’acquisto i criteri che definiscono la povertà in vari Paesi avanzati. I ricchi sono meno di dieci milioni. E i super ricchi meno di 100 mila. E studiando i super ricchi si scopre - questi alcuni dei primi risultati che ormai circolano nei convegni e di prossima pubblicazione su alcune delle più accreditate riviste di economia - che neppure loro sono quelli di una volta. Silenziosamente prima, clamorosamente negli ultimi anni, i top manager hanno sostituito i rentier. E le stock option il distacco della cedola, spesso da titoli ereditati. Atkinson è arrivato ormai vicino al suo obiettivo di fare il punto-nave sui livelli di ricchezza e povertà nei Paesi industriali avanzati, per vedere "se stiamo tornando agli anni 60 o agli anni 30". Lo ha fatto unendo le forze con il trentacinquenne collega francese Thomas Piketty professore di economia a Paris-Jourdan, lui pure un’autorità in materia di redditi, ricchezze e povertà, e con altri. Fra alcuni mesi un robusto lavoro collettivo diretto da Atkinson e Piketty (Top Incomes over the Twentieth Century, Oxford University Press) farà il punto su un secolo di super ricchi. Che sono l’altro estremo della realtà che più interessa ad Atkinson e Piketty, due studiosi sensibili ai temi della giustizia sociale e convinti che una società tanto più è robusta quanto più né mortifica né esalta le disparità di reddito. Quella fascia sottile e potente pari allo 0,1% più alto della grande scala dei redditi non è più la stessa, dichiara uno studio di Pikkety e dell’americano Emmanuel Saez di prossima pubblicazione sulla "American Economic Review" e presentato questo mese allìultimo congresso dell’American Economic Association. Quello che balza agli occhi per la realtà americana e anglosassone, e selettivamente per quella europea, è un cambiamento profondo nella composizione di quelli che Paul Fussel, autore di uno dei più efficaci ritratti della realtà socio-economica americana (Class: A Guide through the American Status System) chiama i "Top out-of-sight", il top dei top "che neppure li vedo", traducendo ad effetto. Mentre fino alla Seconda guerra mondiale erano soprattutto i ricchi azionisti a formare questo gruppo, spesso ricchezze ereditate, da allora è incominciata una ascesa dei manager, per 30-40 anni graduale, poi un balzo, e dal 1990 sono altre due categorie, i working rich, imprenditori e grossi professionisti, ma soprattutto i top manager i nuovi Paperon de’ Paperoni dei guadagni annuali (si veda il grafico in alto a destra). Da 15 anni le nuove ricchezze vengono soprattutto create con il lavoro ai vertici del sistema economico, più ancora che con la gestione della propria impresa. Chi era il braccio destro, l’uomo di fiducia, l’"occhio del padrone", è diventato, in termini di reddito, il padrone. Nel ’70 lo stipendio medio di un amministratore delegato delle 500 società dello S&P era 30 volte quello di un operaio, nel 2002 era 360 volte e oggi ancora più su. Classifiche e cronache, giudiziarie e non, con i salari e i benefit dei top manager hanno indicato la forza dei vari Terry Semel di Yahoo, 230 milioni di stock option nel 2004, Stanely O’Neal di Merrill Lynch, più di 80 milioni di dollari in tre anni, o Michael Eisner già della Wal Disney Corporation, 800 milioni in 13 anni durante i quali i suoi azionisti avrebbero guadagnato di più investendo in titoli del Tesoro americano. Uno studio 2005 della Harvard University (autori Lucian Bebchuk e Robert Jackson) valutava in 15 milioni di dollari il valore medio del pacchetto pensione di un campione di top manager. William J. McDonough, lo stimato ex presidente della Federal Reserve di New York, denunciava il fatto come "grottescamente immorale" un anno fa; ma adesso fa il consulente di Merrill Lynch. "I cambiamenti più forti non sono avvenuti nel top 10% dei redditi, ma nel top 1% e sono questi ad aver determinato nel corso dei decenni il cambiamento nella distribuzione della parte più alta della ricchezza", dicono Piketty e Saez. Le due guerre mondiale e la crisi degli anni Trenta sono stati l’origine dell spostamento di fortune, come dimostra il fatto che senz’altro la Svizzera e, in parte, la Svezia, Paesi neutrali, non hanno subìto la stessa traiettoria (si veda il box in alto a destra). Ma mentre il crollo delle fortune dei rentiers fu diffuso in quasi tutto il mondo industrializzato nella prima metà del secolo, sia pure con le menzionate significative differenze, è la nascita dei nuovi super ricchi che vede una sensibile divaricazione, i Paesi anglosassoni da una parte, l’Europa continentale e il Giappone dall’altra, con sbalzi assai più contenuti. "Gli aumenti - sostengono i due studiosi - sono più forti negli Stati Uniti, ma sono notevoli e con la stessa tempistica anche in Canada e nel Regno Unito. Mentre in Francia (lo studio non tocca l’Italia, ndr) e in Giappone non si registra negli ultimi decenni un rilevante aumento dei redditi dello 0,1% più alto della popolazione". I milionari nel mondo sono 8,3 milioni, sostiene l’ultimo studio annuale di Merril Lynch e Capgemini del giugno scorso, e in netta crescita. La definizione usata parla di almeno un milione di dollari di disponibilità finanziarie e immobili, prima casa esclusa. E i super ricchi, definiti dall’indagine come quelli con disponibilità finanziarie di 30 milioni di dollari e oltre, sono poco meno di 80mila, tra lo 0,6% dei milionari in Asia-Pacifico, lo 0,8% in Europa, l’1,2% in Nordamerica per arrivare al 2,3% dei milionari del subcontinente in America Latina. E all’1,9% in Africa. Il 2003 e il 2004 hanno visto una rapida crescita dei supericchi nel mondo. In Cina e India, documenta Piketty in due studi dedicati ai giganti asiatici, gli strati alti del reddito si stanno tutti arricchendo in fretta, ma lo 0,1% più alto si sta arricchendo molto più in fretta degli altri. Il brusco calo delle ineguaglianze di reddito dopo la Seconda guerra mondiale aveva portato Simon Kuznets, il padre dei moderni studi su reddito e ricchezza e Nobel dell’economia, a teorizzare mezzo secolo fa una curva discendente, la curva di Kuznets (si veda la scheda) che prevedeva una diminuzione delle diseguaglianze di reddito man mano che l’economia di un Paese procedeva e diventava strutturalmente più progredita. Kuznets è rimasto un’icona per i successori, ma nel 2003 furono Piketty e Saez a documentare che la sua teoria non reggeva, con uno studio sull’ineguaglianza dei redditi Usa dal 1913 al 1998. Dimostrava che la J rovesciata dei redditi era in realtà una U la cui traiettoria destra era ormai risalita ai livelli di inizio secolo (vedere il grafico in alto a destra), anche se diversissima nella composizione, con il trionfo dei top manager. Mario Margiocco