Corriere della Sera 24/01/2006, pag.39 Sergio Romano, 24 gennaio 2006
L’avventura di un pescivendolo rivoluzionario. Corriere della Sera 24 gennaio 2006. In un articolo di fondo del Corriere del 17 gennaio è scritto: «
L’avventura di un pescivendolo rivoluzionario. Corriere della Sera 24 gennaio 2006. In un articolo di fondo del Corriere del 17 gennaio è scritto: «...(Berlusconi) ha smesso l’abito del presidente del Consiglio per vestire i panni, che evidentemente sente a lui più congeniali, di un moderno Masaniello mediatico». Un involontario complimento per Berlusconi, se teniamo conto della straordinaria eco che la vicenda di Masaniello ebbe a suo tempo in Europa, fino a Cromwell e alle terre d’ America. Al di là della polemica giornalistica, lei ritiene argomentabile questo paragone? Eduardo Alamaro Napoli Caro Alamaro, credo che Ernesto Galli della Loggia abbia usato l’ espressione nel suo significato corrente: tribuno, leader popolare, incantatore di folle. Non credo di dover dire a lei, napoletano, che il pescivendolo Tomaso Aniello da Amalfi, detto Masaniello, ebbe caratteri alquanto diversi da quelli del presidente del Consiglio. Esiste qualche analogia? Proviamo a fare un gioco lasciando al lettore il compito di individuare le differenze e le eventuali somiglianze. Uno dei migliori studiosi della storia di Napoli e del Mezzogiorno, Michelangelo Schipa, gli dedicò un libro, apparso presso Laterza nel 1925, in cui si legge che era «vizioso (...), dissoluto, giuocatore, bestemmiatore, scomunicato per non avere adempiuto al precetto pasquale», ma dotato di «quella temerità orgogliosa e prepotente che bastava a dargli un certo ascendente sul monellume diseredato formicolante nel suo quartiere». L’ occasione per «scendere in campo» venne nel 1646 quando il popolo di Napoli cominciò a brontolare e a rumoreggiare contro il viceré e gli spagnoli per una nuova gabella che colpiva la frutta. L’ idea della protesta, probabilmente, non fu sua, ma di un uomo politico, Giulio Genoino, che gli spiegò come occorreva procedere. La massa di manovra fu una banda di ragazzi armati di canne, gli «Alarbi» che partecipavano abitualmente a uno spettacolo popolare nella piazza del Mercato. Masaniello ne riunì circa duecento, distribuì le canne, dette le istruzioni e soprattutto insegnò a strillare in coro uno slogan che divenne il loro grido di battaglia «Viva il re di Spagna, mora il malgoverno». Fu così che il 30 giugno Masaniello cominciò ad attraversare la città portandosi dietro una folla di monelli «armati, scalzi e cenciosi» con «uno straccio per bandiera e un tamburo rotto». Questa fu soltanto la prova generale. Il vero spettacolo andò in scena una settimana dopo, la domenica 7 luglio, quando Masaniello riuscì a organizzare la protesta dei mercanti di frutta e prese la guida di un corteo in cui agli Alarbi, ora molto più numerosi, si erano aggiunte parecchie centinaia di adulti con armi bianche e da fuoco. Comincia da quel momento la irresistibile ascesa del pescivendolo Masaniello. Il suo regno durò dieci giorni durante i quali divenne generalissimo, capitano del popolo, organizzatore e comandante della milizia popolare. Vi fu persino un momento, mentre il viceré tremava nel suo palazzo, in cui ordinò a tutti i nobili di mandargli le loro armi e i loro servi. Molti obbedirono, qualcuno preferì fuggire dalla città. Il potere cominciava a offuscargli la ragione quando la mediazione del cardinale Filomarino riuscì a ristabilire l’ ordine e la corte cominciò a riprendere in mano il controllo della situazione. Abbandonato dai più scaltri fra i suoi seguaci, Masaniello fu arrestato, fuggì, riparò nella Chiesa del Carmine e diede spettacolo di fronte ai fedeli spogliandosi sull’ altare maggiore. Poche ore dopo, mentre riposava nella cella di un monastero, un gruppo di sicari lo uccise con una raffica di archibugi. Il corpo fu decapitato e il cadavere, senza la testa, fu abbandonato sulla spiaggia tra cumuli di spazzatura. Forse perché era diretta contro lo Spagna, la rivoluzione di Masaniello suscitò l’ interesse degli inglesi, degli olandesi e dei francesi. Più recentemente gli storici di formazione marxista hanno visto negli eventi di Napoli (e in quelli di Palermo che li precedettero di qualche mese) l’ annuncio dei grandi movimenti politici e sociali che avrebbero dominato la scena europea dopo la rivoluzione industriale. una tesi interessante e brillante. Ma è bene ricordare, come disse Michelangelo Schipa, che molto di quanto accadde nella Napoli di Masaniello non appartiene alla storia politica, ma alla psichiatria. Fu un carnevale rivoluzionario e fu seguito, inevitabilmente, da una lunga Quaresima. Sergio Romano