1 febbraio 2006
Angela Kasner è nata ad Amburgo il 17 luglio del 1954. Padre pastore evangelico, madre maestra, è cresciuta a Templin, piccola città del Brandeburgo (allora Germania Est, quella comunista) a cento chilometri da Berlino
Angela Kasner è nata ad Amburgo il 17 luglio del 1954. Padre pastore evangelico, madre maestra, è cresciuta a Templin, piccola città del Brandeburgo (allora Germania Est, quella comunista) a cento chilometri da Berlino. Da bambina sognava di diventare una pattinatrice su ghiaccio ma, come ha confessato in una autobiografia, soffriva di gravi difficoltà motorie ed aveva paura perfino di scendere le scale («ho imparato prestissimo a parlare, ma nel movimento ero un’idiota»). A 15 anni vinse ”l’olimpiade di russo”. Primo premio: un viaggio a Mosca. Lì acquistò il suo primo Lp dei Beatles: «Si trattava di Yellow Submarine, o forse era un disco dei Rolling Stones?». [1] Carlo Bastasin: «A Washington raccontano del suo primo viaggio in America quando già ministro le fu presentato il disegnatore Charles Schulz di cui lei ignorava l’esistenza: a 36 anni non aveva mai sentito parlare di Snoopy o Linus. Non sapeva chi fosse Madonna, né James Bond». [2] L’università l’ha fatta a Lipsia. Avrebbe voluto diventare interprete, ma l’iscrizione a lingue straniere non le fu permessa perchè figlia di un pastore protestante nella cui casa ogni venerdì sera si riunivano intellettuali spiati dalla polizia di sicurezza. [2] Scelse allora chimica. Titolo della tesi (1978): Calcolo delle costanti di velocità nelle reazioni elementari con idrocarburi semplici [3] (divertente il lapsus di Paolo Valentino del ”Corriere della Sera”, che forse pensando ai suoi problemi di peso invece di idrocarburi scrive sempre ”carboidrati”). [4] Diventata ”cancelliere”, ha fatto sapere che per pagarsi gli studi lavorò come cameriera in una discoteca: «Mi davano 20-30 pfennig per ogni drink e significava 20-30 marchi in più a settimana. Considerando che la mia entrata era di 250 marchi al mese, quei soldi extra erano piuttosto importanti» (da Potere, Politica, della giornalista Patricia Lessnerkraus). [5] Finiti gli studi, trovò lavoro all’Accademia delle Scienze di Berlino Est: volevano ricavasse plastica dal metano, per farlo le diedero un computer sovietico vecchio e lento, lei si rese conto dell’irrimediabile ritardo tecnologico del blocco socialista rispetto all’ovest ma andò avanti senza protestare. [6] Specializzatasi sui quanti, incontrò il primo marito, il fisico Ulrich Merkel, che sposò nel ’77. Nell’82 avevano già divorziato, ma lei si tenne cognome e anello. Valentino: «Dopo la separazione, i sedicenti amici che in realtà la spiano riferiscono alla Stasi di aver visto diversi uomini lasciare al mattino l’appartamento di Angela, salutati sull’uscio da lei ancora in vestaglia. Il vero amore arriva alla metà degli Anni Ottanta: è il consigliere accademico del suo dottorato, il professore Joachim Sauer, chimico di fama mondiale. Vivono insieme, more uxorio, per oltre 17 anni. Si sposano solo nel 1998 per mettere fine ai mugugni crescenti nella Cdu e alle pubbliche lamentele di un cardinale conservatore per quell’unione sacrilega. Sauer nella vita pubblica è un’ombra pettinata. Appare al fianco della moglie solo una volta l’anno, in luglio al festival wagneriano di Bayreuth. Per questo è stato ribattezzato ”il fantasma dell’opera”». [4] Non ha avuto figli, forse non li ha mai voluti. «Non mi sono mai pentita della mia scelta. Certo, è bello avere una grande famiglia, ma io non mi lamento. Ho fatto altre cose». [6] La sera del 9 novembre 1989, quando si diffusero le voci sulla caduta del Muro, non rinunciò alla sauna settimanale con un’amica. A tarda notte fece un giro nel settore occidentale, ma tornò subito indietro perché l’indomani doveva alzarsi presto. Anche nei mesi precedenti, scanditi dalle dimostrazioni di piazza contro il regime comunista, il suo interesse per la politica era stato poco o punto. A dicembre però aderì a Rivolta democratica, uno dei primi partiti d’opposizione per passare poi a Rinascita democratica, la Cdu dell’Est guidata da un musicologo amico del padre, Lothar de Maizière, che vinse le prime e ultime elezioni democratiche della Ddr e ne fece la voce del suo governo. [4] Il suo debutto in politica avvenne aprendo una porta di legno scuro all’inizio della Oranienburgerstrasse e salendo le scale che portavano all’ufficio di de Maizière. Bastasin: «Entrò insieme ad altri aspiranti candidati cristiano democratici a un collegio nelle prime elezioni della Germania riunita. Stavano in gruppo con un’abitudine tutta orientale di ridurre gli spazi tra gli individui e di nascondersi tra gli altri. Rimase in gran parte in silenzio nella stanza piena di fumo e carte, fino a che senza formalità le fu assegnata una remota chance nella circoscrizione 267 di Ruegen. Angela si guardava circospetta, consapevole che il primo partito a cui si era iscritta, Risveglio Democratico, era stato sciolto perché composto da ex informatori della polizia segreta. Quel senso di allerta e accerchiamento le è rimasto addosso, tuttora si fida di pochissime persone. Sembra temere di finire circondata, come se davvero un Muro invisibile fosse incancellabile dalla sua vita. Non aveva tutti i torti: pochi mesi dopo anche de Maiziere si sarebbe rivelato un’ex spia russa. A sopresa però lei vinse il mandato parlamentare di Ruegen. Fu solo la prima vittoria». [2] Nel 1990 la Merkel diventò una dei quattro vicepresidenti della Cdu, oltre che membro del Bundestag. Dal 1991 al 1994 fu ministro per le Donne e la Gioventù. Nel 1994 fu ministro per l’Ambiente, nel 2000 presidente della Cdu, nel 2002 capogruppo al Bundestag. [7] De Maizière: «Quando è diventata ministra per le donne, le ho detto: ”Nella costituzione c’è scritto che uomini e donne hanno uguali diritti. Nel tuo discorso d’investitura potresti dire che lo stato dovrebbe far di tutto perché questo principio diventi realtà”. La risposta non lasciò dubbi: ”Ma con un’affermazione del genere diffami la costituzione, metti a nudo i punti deboli”». [3] Uno dopo l’altro la Merkel ha messo fuori gioco i suoi rivali, con mosse d’anticipo da giocatrice di scacchi. Bastasin: «La terribile lettera del 22 dicembre ’99 al giornale di Francoforte con cui invitava Helmut Kohl, ”vecchio cavallo”, a farsi da parte, ha sancito la fine dell’ex cancelliere che l’aveva adottata con il famoso soprannome di ”la ragazza”. Il parricidio le ha aperto la strada alla presidenza del partito dopo solo sei mesi. Allo stesso modo ha messo fuori gioco i giovani leoni della Cdu, tutti più vicini all’apparato del partito e spesso più popolari nell’opinione pubblica. La sua rapidissima ascesa è degna di una studiosa di fisica che ha saputo vedere la ”stringa cosmica”, quello speciale difetto nello spazio-tempo che si crea quando due sistemi - e forse anche due paesi - si uniscono: è lì che avvengono accelerazioni imprevedibili». [2] Il suo metodo di ragionamento è tipico di chi è particolarmente dotato in matematica. Bastasin: «Procede all’indietro: si comincia dal risultato e si risale ricostruendo il processo di soluzione. Fu grazie a questa dote che Angela emerse negli studi come le veniva chiesto in famiglia. Non avrebbe più abbandonato questa attitudine a puntare alla soluzione del problema nemmeno entrata in politica, un ambito in cui i processi sono in genere opposti: prima di tutto si valutano le condizioni dei problemi la cui soluzione è solo eventuale. Quando oggi discute di programma di governo, procede allo stesso modo: la diagnosi mette subito a fuoco il problema e la cura è conseguente». [2] Evelyn Roll - autrice di una biografia di Angela Merkel uscita nel 2001 con il titolo La prima: «Guarda le situazioni come un esperimento di laboratorio: questi sono gli ingredienti, vediamo che cosa ne esce. pragmatica e flessibile, cerca le soluzioni senza il peso di un’ideologia da salvare. Se una strada non va, ne prova subito un’altra». [8] Giuseppe Vita, il «manager italiano di maggior successo in Germania», uno dei pochi italiani che la conoscono bene: «Credo, la mia è però una deduzione, che ammiri Einstein». [9] Alla Merkel mancano tutte le deformazioni tipiche della politicante di Palazzo. Lo scrittore Peter Schneider: «Ha un cervello tecnico, non retorico. Non ride per i fotografi e parla senza peli sulla lingua. E poi non è, a differenza di Schröder, legata mani e piedi ai capitani d’industria». [11] Bastasin: «In un’intervista le è stato chiesto perché parlasse di ”relazione tedesco-americana”, anziché di ”amicizia”: ”Che cosa cambia? - ha chiesto . La chiamerò amicizia! Cambia qualcosa?». [12] Ha detto: «Io sono sempre stata diffidente e questo mi ha molto aiutato nella vita». [4] «Mi chiedete se sono una dura? Preferisco definirmi tenace»; «Bisogna sfidare i propri limiti per sviluppare coscienza di sé e della propria forza» [9]; «Da Kohl ho imparato che si deve avere sempre con sé il proprio portafoglio» [10]. Roll: «Ogni volta che qualcuno dice che non ce la farà, lei sente la sfida e si diverte a smentirlo. Si rafforza. Nelle crisi emerge tutto il suo talento». [11] I più cattivi dicono che dalla combinazione dell’istinto da prima della classe con l’addestramento alla prudenza sia uscito un mostro di iperopportunismo, che non si accontenta di uniformarsi, ma vuole essere un passo avanti nella direzione «giusta». Guido Ambrosino: «Un’Angela più realista del re, o, come scrive la ”Berliner Zeitung”, una ”leninista dell’economia di mercato”. La Merkel sa snocciolare tutti i dogmi del catechismo bundesrepubblicano: ”Sono orgogliosa della costituzione della Repubblica federale, dell’economia sociale di mercato, della nostra integrazione nella Nato, dei traguardi raggiunti dal nostro popolo”. Un tedesco-occidentale, un Wessi, non avrebbe bisogno di queste litanie. Qui traspare lo zelo della Ossi, ex pioniera della Rdt, che si è applicata, ha imparato la lezione, e vuole il dieci e lode dalla maestra». [3] Alcuni contorni del «Merkel-pensiero» sono emersi con chiarezza al Forum di Davos. Maurizio Ferrera: «Nel suo discorso la Cancelliera ha presentato la sua visione di una ”nuova” economia sociale di mercato. Come è noto, questa idea è da almeno cinquant’anni il pilastro portante del modello tedesco, incentrato su una sintesi di libertà economica, solidarietà sociale e sussidiarietà. Quali sono le ”novità” proposte dalla Merkel? Sono essenzialmente quattro. Innanzitutto, più apertura. La sintesi fra i tre principi va ricercata assecondando e non contrastando le dinamiche di globalizzazione, cercando semmai di ricreare ordine attraverso le istituzioni europee e internazionali. Seconda novità: la sintesi deve comprendere anche le generazioni future. La sostenibilità del welfare e quella ambientale devono quindi diventare un vincolo più stringente e automatico. Terza novità: l’’imperativo creativo”. L’apertura richiede massicci sforzi di innovazione all’interno delle società europee: dunque massima priorità alla ricerca, alla formazione, all’imprenditorialità, e massima valorizzazione dei talenti, della concorrenza fra idee. Quarta novità: una incisiva modernizzazione dello Stato. Meno burocrazia, meno interventi diretti, meno vincoli alla libera iniziativa, ma anche più regole (o comunque regole più intelligenti) per collegare libertà e responsabilità individuali». [13] Prima donna cancelliere, la Merkel deve ancora fare i conti con quelli che l’attaccano per l’aspetto: «Ho fatto pace con me stessa. Vorrei cambiare una sola cosa: i miei capelli. Li vorrei folti e forti. Invece sono fini...». [14] E poi: «Una donna non trova il suo stile da un giorno all’altro, e deve cambiarlo a mano a mano che cambia la sua vita professionale». [15] Adesso porta la collana come una cravatta. Marina Verna: «Negli anni della militanza nella gioventù socialista, intorno al collo portava il foulard blu con il sole giallo che regalavano insieme alla tessera d’iscrizione. Ma già alla fine degli Anni 90, quand’era ministro dell’Ambiente e segretario generale dei cristiano-democratici, l’aveva abbandonato per la prima collana ufficiale: un semplice filo d’argento che scendeva sul top nero, ancora accollato». [16] Negli anni il top è leggermente sceso e la collana è salita. Verna: «Quando ancora portava la frangetta intera, usava spesso un girocollo fatto di piastre d’argento martellate a mano. L’argento è stato declinato in tutte le variazioni, dalla semplice catena alle lamine di grandezza variabile. Da quando il suo nuovo ruolo le ha imposto di ripensare lo stile, i gioielli sono diventati più preziosi. Nel giorno del giuramento da cancelliera portava un collier di corniola rossa, una bella pietra che si dice conferisca forza vitale. La collana che le si vede più spesso addosso - troppo spesso, lei stessa ha raccontato che riceve lettere di cittadini che la invitano a non ripetersi - è di perle intervallate da pepite di quarzo rosa. La indossa anche la bambola Merkel: tiratura limitata, 999 pezzi a 189 euro l’uno». [16]