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 2006  febbraio 01 Mercoledì calendario

KUSTERMANN Manuela.

KUSTERMANN Manuela. Nata a Roma il 9 marzo 1946. Attrice. «’La vita ha un senso in sé. La mia lo ha per il lavoro che faccio”, dice [...] attrice di teatro dal 1963, anno del suo debutto con Carmelo Bene. Spiega: ”Credo che ognuno abbia un compito da svolgere. Io cerco di conoscermi, di migliorarmi, di fare qualcosa per gli altri. ’Conosci te stesso’. Guardati dentro: nel profondo della tua coscienza”. Sorride: ”Penso di essere nata per fare la modesta, piccola cosa di stare sul palcoscenico. E trasmettere emozioni, energia, gioie, ma pure suscitare inquietudini”. [...] Lette oggi, davano un significato alla sua esistenza anche l’aggressività e la trasgressività che hanno caratterizzato gli spettacoli dei primi tre anni con Bene? [...] ”Quando si è molto giovani, si è aggressivi e trasgressivi perché non si capisce bene la vita, si è incapaci di valutare le cose nel modo giusto, non si conoscono le mezze misure. La mediazione non appartiene alla giovinezza. La trasgressione era quasi inconsapevole... Nel Risveglio di primavera di Wedekind recitavo con i seni nudi; mi sono spogliata in Franziska (rispettando peraltro il testo). Non mi denudavo soltanto io, come insegnava il Living. Ho fatto scandalo interpretando, a Verona, il principe di Danimarca nell’Amleto ... Se ripenso a quelle stagioni, riconosco di aver commesso qualche sbaglio, ma tendo ad assolvermi. Mi sono trovata catapultata in un mondo che non riuscivo a gestire. anche comprensibile. L’aggressività che sprigionavo mi piaceva, avevo una spavalderia che con gli anni è diminuita. Probabilmente si è attenuata perché, andando avanti, si pretende sempre di più da se stessi e io ho un senso dell’autocritica, mamma mia!, eccessiva. Mi confortano i ringraziamenti del pubblico, quando si chiude il sipario” [...] dal 1990 gestisce con Giancarlo Nanni il teatro Vascello, a Monteverde Vecchio, (’si fa una fatica enorme, ci si arrampica sugli specchi”) [...] ”[...] il palcoscenico è importante. Sì, sì. Non bisogna mai dimenticarlo. Mai. Il teatro è un luogo sacro, sì. Sì. E, quando è alto, e a me piace il teatro alto, trasmette qualcosa di sacro. Il quotidiano può andare bene in televisione. Sulla scena servono gli eroi, i grandi miti, perché avvicinano all’idea del divino. Gli attori dovrebbero essere un tramite fra il cielo e il pubblico [...] è importante essere coscienti di aver fatto una cosa al meglio delle proprie possibilità. Se poi non viene riconosciuto, c’è dell’amarezza. Ma in ogni personaggio che ho interpretato, qualcuno sarà stato meno bello, ho sempre creduto molto e profuso lo stesso impegno: infatti, mi distruggo. E dovunque mi trovo cerco di dare il massimo. Non mi viene riconosciuto? Per me conta aver fatto coscienziosamente il mio lavoro. Questo dà significato al mio essere attrice”. Quale personaggio, più di altri, ha dato un senso alla sua recitazione: Nora in Casa di bambola? ”Beh, Nora è stata una svolta particolare: mi piacerebbe rifare un Ibsen, perché Ibsen scava nell’animo femminile come pochi altri... Non mi stancherei mai di recitare e approfondire Shakespeare... [...] Anche Cechov. Ma Cechov è corale. [...] nella vita, come dice mio marito, annaspo: ’Scendi quel gradino del palcoscenico e annaspi’. così: mi sento molto meglio su quelle quattro tavole, molto più sicura. Il teatro è una grandissima scuola. Magari questo piccolo microcosmo si diffondesse... Insegna la disponibilità, la generosità: quando si lavora insieme, nron dimenticando il rigore, bisogna aiutarsi, collaborare. [...] Sono credente, non praticante per una pigrizia che detesto perché metto sempre la scusa che, siccome faccio l’attrice, tutte le mie energie le impiego là. In parte è vero: chi non fa questo mestiere non lo capisce. Insomma: devo fare una cosa, so fare quella, la devo fare bene... Comunque credo, sì. Amo profondamente la natura, che mi commuove e mi stupisce sempre con il suo ordine meraviglioso. Quindi immagino che ci debba essere Qualcuno sopra di noi... Aspetto di smettere di lavorare per incominciare a leggere, a studiare. E a viaggiare di più [...]”» (Luigi Vaccari, ”Il Messaggero” 31/1/2006).