Giovanni Bensi Avvenire, 24/02/2005, 24 febbraio 2005
E il Kgb pensò all’«eliminazione fisica» del Papa, Avvenire, giovedì 24 febbraio 2005 Nel nuovo libro pubblicato in questi giorni, Memoria e identità, Giovanni Paolo II accenna all’attentato di cui fu vittima il 13 maggio 1981 per mano del terrorista turco Mehmet Ali Agca
E il Kgb pensò all’«eliminazione fisica» del Papa, Avvenire, giovedì 24 febbraio 2005 Nel nuovo libro pubblicato in questi giorni, Memoria e identità, Giovanni Paolo II accenna all’attentato di cui fu vittima il 13 maggio 1981 per mano del terrorista turco Mehmet Ali Agca. «Qualcuno aveva guidato quel proiettile...»: questo il titolo del capitolo in cui si parla dell’attentato. «Penso - scrive il Papa - che esso sia stata una delle ultime convulsioni delle ideologie della prepotenza scatenatesi nel XX secolo». E qui il Pontefice ricorda fascismo, nazismo e comunismo. Ma di queste tre ideologie, nel 1981 solo il comunismo era ancora vivo. Al processo l’attentatore, il turco Mehmet Ali Agca, coinvolse agenti dei servizi segreti bulgari, ovviamente legati al Kgb sovietico. Prove obiettive non ne furono trovate ed il principale imputato, Sergej Antonov, ufficialmente impiegato delle linee aeree bulgare a Roma, fu assolto per insufficienza di prove. Ma se «qualcuno» ha «guidato quel proiettile», è difficile non pensare all’Urss. Tuttavia lo sfacelo dell’Unione Sovietica, la caduta del comunismo in Russia e Bulgaria non hanno portato chiarezza. Il primo presidente della Bulgaria post-comunista Zhelju Zhelev dichiarò che un’indagine da lui ordinata non ha trovato nessuna conferma di una partecipazione bulgara all’attentato. Ed era molto improbabile che potesse trovarla. Zhelev fu eletto il 1° agosto 1990, ma pochi mesi prima il generale Atanas Semerdzhiev, già ministro degli Interni e vicepresidente dalla Bulgaria comunista, aveva fatto distruggere oltre 144.000 dossier della Dârzhavna Sigurnost, la «Sicurezza di Stato», per cui venne arrestato e nell’aprile 2002, in un processo a porte chiuse, condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione. Tuttavia il ”Times” di Londra pubblicò un’informazione secondo cui fra i documenti distrutti da Semerdzhiev vi sarebbero stati anche quelli relativi all’attentato al Papa. Giovanni Paolo II, in ogno caso, ha sempre evitato di indicare responsabili concreti, ed ha sempre tenute ben distinte le ideologie insieme a coloro che le incarnavano ai vertici del potere, e i popoli che da quelle ideologie erano dominati. Nel 2001, alla vigilia del ventesimo anniversario dell’attentato, il giornale ucraino ”Svit” scrisse: «L’Unione Sovietica temeva l’influenza del capo della Chiesa cattolica sui paesi dell’Europa Orientale... Il Kgb cercava con ogni mezzo di screditare la Chiesa cattolica in generale ed il Papa attraverso la disinformazione e le provocazioni». Può questo timore dei dirigenti comunisti averli spinti ad armare la mano di Ali Agca? Alcuni indizi indicano che sì, la cosa era possibile. La propaganda sovietica accolse con grande ostilità l’elezione del cardinale polacco Karol Wojtyla al soglio di Pietro e le sue prime iniziative pastorali. Nel dicembre 1982 la rivista moscovita ”Politiceskoje samoobrazovanie”, destinata agli «istruttori» e propagandisti del Pcus, addossava direttamente all’«attività antisocialista delle forze reazionarie della Chiesa cattolica» e al nuovo Papa la responsabilità per la crisi politica in Polonia e la nascita di Solidarnosc. La campagna di odio e denigrazione contro Giovanni Paolo II fu particolarmente intensa nella regioni dell’Urss dove si trovava una minoranza cattolica. Il giornalista Jurij Ermoljuk da Radio Minsk definiva il Papa «un campione dello scontro con il socialismo». E su ”Polymja”, allora la più importante rivista culturale bielorussa, nel marzo 1981 lo scrittore comunista Ales’ Bazhko affermava: «Nella persona di Karol Wojtyla abbiamo a che fare con un avversario ideologico astuto e pericoloso»; e più avanti: «Siamo di fronte ad un nuovo attacco ideologico contro l’Urss e il popolo sovietico, contro il socialismo». L’attacco al Papa si spostava poi sul piano personale. Giovanni Paolo II, a detta di Bazhko, sarebbe «meschino, cattivo, infido e retrogrado». Un tale livore giustificava un attentato. Dagli archivi dell’ex Kgb, però, finora non è uscito niente di probante. Ma c’è un documento dei servizi segreti sovietici, già parzialmente reso noto, che vale la pena di leggere interamente. Esso arriva dall’archivio dell’Stb, i servizi segreti dell’ex Cecoslovacchia. Poco dopo l’elezione di Wojtyla il Kgb, sotto la direzione di Jurij Andropov e per iniziativa di Leonid Brezhnev, allora segretario generale del Pcus, aveva elaborato un progetto di reazione a questo avvenimento e ne aveva inviato una copia «per conoscenza» ai servizi segreti dei «Paesi fratelli». Uno di questi era appunto la Cecoslovacchia. Dopo la caduta del comunismo, l’Ufficio per le indagini sui crimini del comunismo, istituito a Praga, ha ritrovato il testo e, data la sua delicatezza, non lo ha reso pubblico, ma lo ha fatto avere all’allora presidente Václav Havel. Il documento delineava due operazioni «anti-papa», indicate con i nomi in codice Pogoda (Il tempo che fa) e Infektsija (Infezione). Esse prevedevano una serie di misure volte a «screditare la Chiesa cattolica, organizzare campagne di disinformazione e minare la sua attività». Nel caso che questo non fosse bastato a vanificare l’influenza del Papa polacco sui Paesi comunisti, il documento contemplava anche «l’eliminazione fisica (nell’originale: «fiziceskoje ustranenie») del Papa, se sarà necessario». L’esistenza di questo documento è stata confermata anche da altre fonti. Una di queste è il maggiore Viktor Shejmov, ex capo dell’ufficio cifra del Kgb, fuggito negli Stati Uniti nel 1980. Egli sostiene di aver letto il documento «segretissimo» sul Papa, poichè era stato incaricato di trasmetterlo, in forma crittografata, ai servizi segreti degli altri Paesi comunisti. Giovanni Bensi