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 2005  febbraio 15 Martedì calendario

Il trionfo dei bloggers: come fu che inguaiammo la Cnn, Il Sole-24 Ore, martedì 15 febbraio 2005 L’America, almeno quella dei media, è da ieri immersa fino al collo nell’ennesima crisi di credibilità

Il trionfo dei bloggers: come fu che inguaiammo la Cnn, Il Sole-24 Ore, martedì 15 febbraio 2005 L’America, almeno quella dei media, è da ieri immersa fino al collo nell’ennesima crisi di credibilità. In questo caso lo specchio delle contraddizioni è ”l’Easongate” il nuovo volàno per lo scontro tra giornalismo tradizionale e l’aggressività di nuovi siti: tra autorevolezza e prudenza da una parte e accuse di pettegolezzo a calunnia gratuita dall’altra. In due giorni questa scandalo si è trasformato da una polemica di basso rango in un confronto culturale a tutto campo. Una nuova forma di polarizzazione tra la destra e la sinistra del Paese: schierati su fronti opposti giornalisti professionisti dei MSM (Mainstream Media) e ”bloggers”, bucanieri - almeno per quel che fa intendere Edward Morrissey nel suo sito captainquartersblog.com - che navigando su Internet rivendicano e qualche volta ci azzeccano - il primato della verità. Mentre la polemica infuria; l’unica cosa certa è che ieri, attorno alle dimissioni di Eason Jordan da capo delle ”News” di Cnn per via di certe sue dichiarazioni non provate sull’uccisione di giornalisti americani in Iraq, il termometro degli insulti è salito su livelli che equivalgono a una dichiarazione di guerra. Per Bertrand Pecquerie, il capo del gruppo direttori nell’associazione mondiale dei giornali, i bloggers (in America sono 8 milioni!) sono «figli del senatore McCarthy» e «cacciatori di scalpi». Steve Lovelady, direttore del Columbia Journalism Review Daily, ha scritto al Blog Pressthink che purtroppo, nel nostro tempo «stanno vincendo gli idioti con la bava alla bocca pronti a scatenare il linciaggio tra la folla». Sempre sullo stesso sito si legge: «Si tratta di un gruppo di utopisti assetati di sangue con la Bibbia alla mano». Sul fronte opposto i bloggers: Edward Morrissey appunto, o Jeff Jarvis («buzzmachine.com: chiedevamo la verità») o Rony Abovitz, che per primo, dal Forum di Davos, il luogo del fattaccio, ha fatto suonare l’allarme per la comunità Internet: «Non è questione di destra o sinistra - ci ha detto in un’intervista Abovitz - è questione di provare le proprie affermazioni; i blogs per definizione sono apolitici». Michelle Malkin, sul conservatore ”New York Post”, definisce i bloggers che hanno smascherato Jordan come degli eroi coraggiosi schierati contro i «parrucconi dei grandi media. Questa rivoluzione non potrà essere fermata», dice. Il messaggio sulla potenza dei bloggers diventò inconfutabile quando un sito dimostrò per primo che in piena campagna elettorale, Dan Rather, un mito del giornalismo americano, mise in rete documenti contro George W. Bush che erano dei falsi. In questo caso tutto è partito da una legittima protesta di Abovitz, un imprenditore che partecipava tra il pubblico a uno dei convegni organizzati a Davos dal World Economic Forum. Jordan disse che certi giornalisti, almeno 12, erano stati uccisi deliberatamente da soldati americani in Iraq. Abovitz chiese a Jordan di provare le sue accuse. Fu appoggiato sia dal deputato Barney Frank che dal senatore Christopher Dodd, entrambi esponenti della sinistra democratica del Nord-Est. Jordan fece a quel punto una parziale marcia indietro. Abovitz chiese ai giornalisti presenti se avrebbero scritto dell’evento e tutti gli dissero che si trattava di una questione irrilevante. Così Abovitz quella stessa sera mise sul suo ”weblog” su Internet, una lettera di cui riproduciamo un estratto: in sostanza metteva in guardia contro un certo giornalismo leggero, pericoloso in quanto coperto dall’autorevolezza di un nome come quello della ”Cnn” di cui Jordan era appunto il direttore delle News. La denuncia di Abovitz veniva ripresa da molti siti con il risultato che la ”Cnn” è stata travolta da migliaia e migliaia di e-mail scandalizzate per il comportamento di Jordan. Ma ecco l’ultimo colpo di scena: un’apparente vittoria, le dimissioni di venerdì di Jordan su pressioni della stessa ”Cnn”, potrebbe trasformarsi in una sconfitta per i bloggers. Non foss’altro perchè ieri è scesa in campo la portaerei delle pagine dei commenti americane, quella del ”Wall Street Journal”, rappresentativa della destra americana, che ha liquidato gli eccessi attorno a quest’ultimo caso come un esempio di futilità infantile, prendendosela sia con i ”bloggers” che con la ”Cnn”: a differenza del caso Rather che ha mostrato documenti falsi in diretta televisiva in piena campagna elettorale, scrive il ”Wall Street Journal”, la peggiore accusa che si può portare a Jordan è di inettitudine e di leggerezza, «e questo è stupido ma non è un crimine giornalistico. Vi è un eccesso di zelo nel definire il conflitto di interesse, ed è preoccupante che la Cnn abbia incoraggiato Jordan ad andarsene dopo un fedele servizio alla rete per tutta la sua vita adulta per una piccola trasgressione». Abovitz non è sorpreso da questa posizione: «Questo prova che i bloggers non sono necessariamente schierati. Io non lo sono. E non chiedevo le dimissioni di Jordan. Chiedevo che la stessa Cnn facesse ammenda. Così Jordan diventa un capro espiatorio. Ma il problema della trasparenza resta. E non credo che la mentalità faziosa di un certo giornalismo cambi». Mario Platero