Daria Galateria la Repubblica, 19/02/2005, 19 febbraio 2005
Flaubert rendeva possibile la vita eludendola a colpi d’inchiostro, la Repubblica, sabato 19 febbraio 2005 «Sono vergine», tuonava Flaubert alle cene scollacciate per soli uomini, e tutti letterati, che si tenevano al ristorante Magny della rue Dauphine, a Parigi: le donne che aveva posseduto «erano solo il materasso di un’altra, sognata»
Flaubert rendeva possibile la vita eludendola a colpi d’inchiostro, la Repubblica, sabato 19 febbraio 2005 «Sono vergine», tuonava Flaubert alle cene scollacciate per soli uomini, e tutti letterati, che si tenevano al ristorante Magny della rue Dauphine, a Parigi: le donne che aveva posseduto «erano solo il materasso di un’altra, sognata». Tra gli schiamazzi e le proteste dei colleghi, Flaubert sosteneva grandiosamente la causa delle brutte: «Da giovane ero così vanitoso che, al bordello con gli amici, sceglievo la più brutta e la prendevo davanti a tutti, col sigaro in bocca». «Non mi divertivo per niente», concludeva trionfante: «Lo facevo per la platea». Una sola donna - George Sand - assisteva a quelle cene, stralunata da tante oscenità profferite dalle migliori menti dell’epoca - Turgeniev, il dolce gigante russo dalla bianca barba patriarcale, di una bellezza venerabile; i raffinati Goncourt; il grande e austero critico Sainte-Beuve: e Flaubert, che della sensibilità femminile aveva descritto i più delicati e vibratili recessi! Era lui che, nel febbraio 1866, l’aveva imposta a quelle serate, da quando - complice una recensione appassionata della Sand al suo romanzo Salambò - era nata tra loro una fervida corrispondenza. [...] Salambò in generale non era troppo piaciuto ai critici, ma molto ai lettori. Dopo lo scandalo e il processo a Madame Bovary, l’algido e corrusco romanzo cartaginese, appena venato di sadismo, era stato, per Flaubert, la consacrazione. Dai pulpiti della chiesa della Trinité e di Sainte-Clotilde i preti tuonavano contro il corruttore dei costumi. Lo prendevano di mira i caricaturisti, nei giornali, e le satire teatrali; madame Rimsky-Korsakov era comparsa a un ballo in maschera avvolta solo nei veli trapunti d’oro, e trattenuti in vita da un serpente, della figlia di Amilcare. Flaubert, sempre barricato nel suo studio a Croisset presso Rouen a combattere con gli aggettivi, i ritmi e tutti gli altri tormenti della creazione, di colpo era stato catapultato nei salotti dell’Impero. Presentato come una delle più splendide curiosità della Francia al re d’Italia, allo zar Alessandro II, al principe di Galles, aveva parlato con duecento persone, come un orso in calze di seta - lo avessero visto, i borghesi di Rouen! «Splendido, davvero», confidava, tornato nella sua tana, a George Sand: ma lo zar, un «Cafone». E di seguito parla all’amica di un nuovo accampamento di zingari, che lo incanta, e che terrorizza i suoi concittadini; è l’eterno «Odio dei Borghesi: c’è della paura in quest’odio». Flaubert s’è dedicato, quell’estate, a letture socialiste. «Che despoti! E che zotici!»; nelle lettere, difende le esigenze di tutti suoi disinganni contro la generosità socialista di George Sand (la sua passione per Mazzini risalta nelle 420 Lettres retrouvées della scrittrice pubblicate di recente da Thierry Bodin per Gallimard). Ma il bello della corrispondenza è che la storia travolge i due amici scrittori, e al di là dei dibattiti ideologici si trovano a confrontarsi con l’invasione dei Prussiani, la Comune, Parigi messa a ferro e a fuoco. «Prendo il fucile», reagisce a sorpresa Flaubert, che, con la casa di Croisset requisita dai Prussiani, la abbandona, e quando torna cambia i materassi, e gli sembra che niente sia mai stato aerato abbastanza. E poi, a cataclisma passato, pensa che la tragedia in agguato sia più sottile; torna il suo spauracchio di sempre, la stupidità umana: «Stiamo per entrare in un’era stupida. Che sarà utilitaria, americana e cattolica». L’idiozia passerà, come passa la pioggia, si spazientisce la Sand: com’è bella la vita, quando tutto ciò che si ama «è vivo e brulicante: tu sei il solo buco nero nel mio cuore, perché sei triste». Forse gli è mancato «l’incastro del sentimento femminile, di cui si mostra sprezzante»? Flaubert è stupito: ma lui ha amato più di chiunque altro e protesta: «Tutte le tenerezze mi sono note; le tempeste del cuore mi hanno versato la loro pioggia». Ma in giovinezza ha avuto paura della vita, e ora la solitudine si ingrandisce attorno a lui, «tutto si paga». Ha l’impressione ormai d’attraversare una solitudine senza fine per andare «non so dove: e sono insieme il deserto, il viaggiatore e il cammello». A una delle prime cene da Magny, George Sand si era presentata in abito «fior di pesco»: una «toilette d’amore», scrissero nel diario i pettegoli Goncourt, messa probabilmente «con l’intento di violentare Flaubert». Flaubert, 45 anni, è mondo di qualsiasi cattivo pensiero; Sand ha 62 anni e tutti la trattano con deferenza. Sand però, mentre procedeva per la sua fortunatissima carriera letteraria, costellata di alcuni deliziosi romanzi campestri, ha vulcanicamente amato Musset e Chopin, un amico e poi un precettore del figlio, una cantante sorella della Malibran e un’attrice strappata al poeta Vigny che si era vendicato in versi, e nobili, medici e socialisti, e qualcun altro, alla rinfusa: ma ha appena perso Manceau, suo amante da 15 anni, e la stessa età - più o meno - di Flaubert (e anche se gli scrive, in un raro momento di sfogo femminile: «Non sono più una donna, e se il buon Dio fosse giusto, diventerei un uomo», in ogni caso si consolava già da un po’ con un giovane pittore). Sand va dunque subito a trovare Flaubert a Croisset, dove trova la madre di Flaubert «affascinante», la nuova opera dello scrittore, La tentazione di Sant’Antonio, «superba», e l’arredamento «grazioso» (i Goncourt, degli intenditori, lo avevano appena giudicato borghese e soffocante). « un po’ complimentosa», trova Flaubert, «ma ha buon senso, ammesso che non parli del suo argomento preferito, il socialismo: come può credere ancora nei Fantasmi?». E nessuno sospetta nulla, se la occhiuta madre di Flaubert rimane così incantata, e insiste perché la Sand torni. «Dopo la vostra partenza, sono tutto svitato», confessa Flaubert, stordito da quell’infusione di vita. Nella sua agenda, Sand annota che Flaubert, nella sua casa da canonico, la entusiasma. Quando lui le rende la visita a Nohant, nel Berry, gli capita di mascherarsi da donna e tentare un fandango, ma riparte da quell’ambiente carico di affetto e di rumore con mille pensieri profondi che non ha potuto esternare: tutto quello che non è letteratura è per lui tempo perso. Questa corrispondenza, tra i più toccanti e intelligenti ritratti della vita quotidiana del cuore del secolo, naturalmente ha i suoi punti forti nelle discussioni letterarie. «Se scopro una brutta assonanza, sono certo di aver sguazzato nel falso», dice Flaubert, lui stesso per primo stupito che esista «un rapporto necessario tra la parola esatta e la parola musicale» - così, nel silenzio della casa, da cui è scomparsa anche la madre, urla le sue frasi come un energumeno; «si riesce sempre a fare un verso quando si afferra il proprio pensiero». Sand trasecola: ma davvero il suo amico ha una repulsione invincibile a mettere sul foglio qualcosa del suo cuore? A lei sembra che non ci si possa mettere altro. Mentre lui si chiude sempre più nella letteratura, «l’unica», scrive il curatore Vito Sorbello [della corrispondenza tra i due] «che renda possibile la vita eludendola», ubriacandosi con l’inchiostro, come altri si ubriacano di acquavite, lei continua a incalzarlo, per amicizia, col suo grande cuore: «perché non ti sposi?». Daria Galateria