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 2005  febbraio 14 Lunedì calendario

Far soldi o perderli, l’eterno gioco dei giornali inglesi, La Stampa, lunedì 14 febbraio 2005 Come tutte le istituzioni in questa repubblica travestita da regno, la stampa britannica ha una storia di continuo pragmatico adattamento ai cambiamenti di mercati e tecnologie

Far soldi o perderli, l’eterno gioco dei giornali inglesi, La Stampa, lunedì 14 febbraio 2005 Come tutte le istituzioni in questa repubblica travestita da regno, la stampa britannica ha una storia di continuo pragmatico adattamento ai cambiamenti di mercati e tecnologie. «Libertà di stampa in Gran Bretagna significa libertà di stampare i pregiudizi dei proprietari contro cui gli inserzionisti non abbiano obiezioni». Così la pensava Tom Driberg, il più grande opinionista del ”Daily Express” - 4 milioni di copie vendute! - di Lord Beaverbrook. Il canadese Max Aitken, poi Lord Beaverbrook, acquistò il ”Daily Express”, sull’orlo del fallimento, sui gradini del casinò di Monte Carlo nel 1910 e ne fece il giornale più venduto nel Regno Unito. Megalomane, bugiardo e ambiguo, non molto diverso da tanti dei suoi colleghi baroni della stampa, Lord Beaverbrook è l’originale su cui Evelyn Waugh modellò il personaggio di Lord Copper nel suo Scoop. «Helsinki è la capitale del Kenya, vero?». «Fino a un certo punto, Lord Copper» gli rispondono in coro i suoi servili redattori. Eppure per C. P. Scott, per 40 anni proprietario-direttore del ”Guardian”, il vero guardiano della coscienza liberale, «il commento è libero, i fatti sono sacri». La costante del giornalismo britannico è che si tratta di un’impresa con cui si può fare o perdere un sacco di denaro e esercitare una spropositata influenza politica, offrendo inoltre un impiego sia pur precario a persone di talento diversamente difficili da utilizzare. Eppure ha sempre reso un servizio di informazione affidabile senza il quale un paese industrializzato e dedito al commercio internazionale non può prosperare; una cosa cu cui Cina e Russia farebbero bene a riflettere. Il primo giornale del paese fu il ”Lloyds News” di John Lloyd - del Lloyds - fondato nello stesso anno, il 1694, della Banca d’Inghilterra. A cui presto fece seguito, nel 1704, il primo quotidiano, la ”Review” di Daniel Defoe, che scriveva per uscire di prigione, dove era rinchiuso per debiti. Era un giornale antigovernativo pagato dal primo ministro! Le opere di Daniel Defoe, Robinson Crusoe, l’incorreggibile puttana Moll Flanders, l’amante pentita Roxana, risuonano tutte nelle «storie di interesse umano» del ”Sun” di Murdoch, mentre le indagini sulla criminalità di Defoe ispirarono L’opera dei mendicanti di John Gay. Samuel Johnson, una generazione più tardi, fu l’altro padre del giornalismo; fu il primo scrittore professionista privo di mecenate e il successo del suo Dizionario attesta l’allargamento del mercato letterario. Già nel 1772 nella sola Londra venivano pubblicati ben 53 quotidiani, con vendite annuali di 11,5 milioni di copie. Il ”Times” risale al 1785. Quattro cose cambiarono i giornali nel XIX secolo: la fine della Stamp Tax da 1 penny, le nuove tecnologie come la linotipia, le ferrovie e il telegrafo, l’istruzione di massa che portò al 97 per cento di alfabetizzazione e il suffragio universale maschile. Uno dei risultati fu il primo giornale a circolazione di massa, il ”Daily Mail” «scritto da impiegatucci per impiegatucci». Il XX secolo ha segnato l’apice della diffusione di massa dei quotidiani, sebbene il mercato sia mutato in quanto la maggioranza della classe operaia è diventata ceto medio. Le nuove tecnologie di tv e Internet hanno chiamato in causa ancora una volta le finalità e metodi di produzione dei giornali. Si potrebbe riassumere così la situazione odierna: il ”Financial Times” (414.000 copie vendute giornalmente) è letto dalle persone che possiedono il paese, il ”Times” (616.000) da quelle che lo governano, l’’Independent” (224.000) dai professionisti, il ”Guardian” (359.000) da quelli che credono che dovrebbero governare loro il paese, il ”Telegraph” (878.000) da quelli che vogliono che il paese sia governato come 20 anni fa. Dei tabloid di mercato medio, l’’Express” (892.000) è letto da quelli che credono che il paese sia ancora governato come 20 anni fa, il ”Mail” (2.233.000) dalle mogli di quelli che governano il paese. Il sensazionalista ”Mirror” (1.883.000) da chi fatica per il paese, mentre i sensazionalisti ”Sun” (3.366.000) e ”Star” (899.000) da quelli a cui non importa da chi sia governato a patto che abbia delle grosse tette. Semplificazione estrema, certo, che però ci fa vedere come, in vera tradizione alla Defoe, i giornali li legge anche quel popolino che in Italia non legge affatto; quelli della domenica poi vendono ancora di più. Però c’è un generale declino a lungo termine a cui resiste solo il ”Times” che ha ridotto i prezzi e, seguendo l’esempio dell’’Independent” che ha così aumentato le vendite del 22 per cento, è passato al formato tabloid. La pagina del tabloid non è solo visualmente costruita come uno schermo televisivo ma mescola pure fatti e commenti, articoli e pubblicità, come una rivista. Il centro del dibattito pubblico ora è la tv, non più il Parlamento. Il ”Guardian”, pur resistendo alla sirena tabloid, è diventato il quotidiano online più visitato negli Usa, visto come la voce liberal anglosassone per eccellenza. Per il ”Guardian”, dopo il passaggio a tabloid il ”Times” non può più essere il punto di riferimento dell’establishment. Però, se vuol soddisfare l’ambizione di prendere il posto del ”Times”, il ”Guardian” deve cessare di essere un giornale settario di sinistra. «Potere senza responsabilità. Il privilegio delle meretrici attraverso i secoli» scrisse dei baroni della stampa Rudyard Kipling a suo cugino, il primo ministro Stanley Baldwin. Sin dai tempi dell’editore dei giornali di Defoe, profugo ugonotto francese, i proprietari tendono a essere degli outsider. L’australo-americano Rupert Murdoch (’Times”, ”Sun”, ”News of the World”, ”Sunday Times”, ”Sky”) non sapeva come rispondere alla domanda «Dove abita?» postagli da Tony O’Reilley, proprietario irlandese dell’’Independent”. Lord Harmsworth proclama i valori della famiglia inglese sul ”Mail” dal suo appartamento parigino e i fratelli Barclay (’Telegraph” e ”Scotsman”), che vivono come eremiti in un’isoletta sperduta della Manica, sono subentrati al canadese Conrad Black. Richard Desmond (’Express”, ”Star”) è diventato ricchissimo con le riviste pornografiche. Il ”Guardian”, quindi, che appartiene al sobrio «Scott Trust», è una vera stranezza. A parte la Press Complaints Commission non c’è nessuna Magna Charta grazie a cui il governo possa sottomettere questi «prepotenti baroni». Conquistarsi l’appoggio di Murdoch fu una mossa cruciale per Blair nel 1997. Ora spera di essere forte abbastanza da poter affrontare, qualora decida di ricorrere a referendum sulla Costituzione europea o l’euro, un brutale assalto di Murdoch a cui si uniranno il ”Mail” e il ”Telegraph”. Va comunque detto che, come accadde per il sostegno a Blair nel ’97, Murdoch sta solo seguendo le opinioni del suo mercato. I quotidiani sono un business e le pressioni democratiche sulla stampa in Gran Bretagna sono di natura commerciale piuttosto che politica. I politici, invece, aiutati da personaggi alla Alastair Campbell, hanno nel corso dei secoli sviluppato l’arte di stabilire l’agenda delle notizie del giorno e, per dirla con Montgomery, «far in modo che il nemico marci al ritmo della loro musica». A sua volta il «nemico» è altrettanto deciso a comporre la propria musica - o pernacchia. Richard Newbury