Eugenio Occorsio Affari & Finanza, 14/02/2005, 14 febbraio 2005
La caduta della donna più potente d’America, Affari & Finanza, 14 febbraio 2005 Il più imbarazzato era Warren Beatty
La caduta della donna più potente d’America, Affari & Finanza, 14 febbraio 2005 Il più imbarazzato era Warren Beatty. L’ex bello del Cielo può attendere, ora regista e produttore, stava per dare il via alle riprese: un gran film sulla vita e i successi di Carly Fiorina, la prima donna della storia a guidare una società del Gotha del Fortune 100, con protagonista nel ruolo appunto della Fiorina sua moglie Annette Bening, e un cast di prim’ordine. Proprio Beatty l’aveva condotta per mano sul palcoscenico degli Academy Awards, la notte degli Oscar, due anni fa, e l’aveva presentata ad Arnold Schwarzenegger che l’aveva resa sua consigliera quand’è diventato governatore. Quello che è successo mercoledì notte ha mandato all’aria i piani: la Fiorina, 50 anni, è stata licenziata in tronco dal consiglio d’amministrazione della sua società, il colosso HewlettPackard, misura pienamente legittima ai sensi della legge americana sulla corporate governance eppure raramente usata. Invece per lei, la Condoleezza Rice dell’economia, la first lady di Wall Street, la donna più potente d’America secondo ”Forbes”, non c’è stata pietà. Licenziamento in tronco, ed è stata fissata istantaneamente anche la liquidazione: 21 milioni di dollari, gran parte in cash. Il mattino dopo chi cercava le note biografiche della Fiorina sul sito della Hp è rimasto di sasso: nottetempo l’ufficio tecnico della società aveva provveduto a cancellare tutto. Non c’era più traccia del passaggio della Fiorina nell’executive team dell’azienda, il minimotore di ricerca dava zero entries. Solo pochi previdenti che se l’erano stampato in precedenza hanno potuto rileggere: «Dal momento in cui è entrata in Hp, Carly Fiorina ha condotto la reinvenzione della compagnia, riportando l’Hp alle sue radici di innovazione e immaginazione, riorganizzandola per renderla più agile e competitiva, elaborando tutta una nuova strategia per valorizzare la popolarità del marchio, per aiutare consumatori e clienti a prosperare nell’età digitale». Eccetera eccetera. Niente più di tutto questo. Ancora due giorni prima del licenziamento, in un’intervista al ”Corriere della Sera” la Fiorina assicurava che non c’era «alcun dissapore» con il consiglio d’amministrazione. E poche settimane fa, il 20 gennaio sera, aveva partecipato ai festeggiamenti per il reinsediamento di Bush cenando al fianco di Colin Powell, segretario di Stato uscente, e proprio della Rice che ne prendeva il posto, per concludere con un romantico ballo con il vicepresidente Dick Cheney. Tanto che in sala era apparso un cartello, per sottolineare la sua affiliazione con il partito repubblicano: «Carly batterà Hillary Clinton alle elezioni 2008». Questo, intendiamoci, è sempre possibile, ma certo lo scossone all’irresistibile ascesa della Fiorina, «colei che ha portato i tailleur di Armani fra quegli zoticoni della Silicon Valley» come scrive il ”Los Angeles Times”, è forte, anche se non proprio imprevisto. Gli analisti di Wall Street infatti l’avevano sinistramente scritto già tre anni fa: l’acquisizione della Compaq (perfezionata nel maggio 2002) costerà il posto alla Fiorina, aveva profetizzato più di un esperto delle banche d’investimento, e c’era chi l’aveva soprannominata «la follia della Fiorina». Ora, a scoppio ritardato, ha avuto ragione. stato uno dei più controversi affari della storia di Wall Street. Lei caparbiamente voleva creare un colosso dei computer in grado di tener testa alla Sun Microsystems nei server, all’Ibm nella consulenza (era da poco fallito il tentativo di comprare la divisione specializzata della Price Waterhouse che era finita proprio all’Ibm), soprattutto a Dell nei pc. Offrì 20 miliardi di dollari secchi, gran parte dei quali in azioni Hp, e fu l’insurrezione. Guidati dal figlio di uno dei due fondatori, Walter Hewlett (il cui padre Robert insieme con Dave Packard aveva creato la compagnia nel 1938 nel mitico garage di Palo Alto dando origine alla Silicon Valley), consiglieri e azionisti, almeno buona parte di essi, insorsero contro l’iniziativa della Fiorina. La quale per difendere il «suo» affare sfoderò tutta la grinta di cui dispone, affrontò un massacrante roadshow in tutto il paese per convincere anche il più sparuto gruppo di azionisti, si trovò a fronteggiare perfino una causa che gli intentarono per «danneggiamento alla società» Hewlett e i suoi amici (poi ritirarono la querela), mise in campo tutta la sua (notevole) potenza mediatica per convincere il pianeta degli affari che il colosso dell’informatica che stava per nascere avrebbe sgominato il modo. Così non è stato. Alla fine l’affare andò in porto: il consiglio d’amministrazione votò dopo due giorni di riunione ininterrotta e la Fiorina vinse di un soffio (50,9 contro 49,1 per cento). Hewlett si dimise e lasciò per sempre la società che porta il suo nome. Durante l’interminabile querelle le azioni Hp andarono sulle montagne russe, tanto che ad un certo punto l’offerta per Compaq (che come si diceva era basata sulle azioni) valeva non più di 8 miliardi di dollari. Poi le quotazioni in qualche modo si risollevarono, ma l’integrazione in cash che la Fiorina dovette garantire fu molto più cospicua del previsto. Il prezzo finale fu di 19 miliardi di dollari. Ma il problema vero è stato che il merger non ha mai funzionato. La Fiorina si trovò a governare su una società da 80 miliardi di dollari di fatturato, il secondo gruppo informatico globale ad un soffio dall’Ibm, grande dieci volte la Apple, ma le sinergie sperate non andarono mai a regime. Malgrado migliaia di licenziamenti, sforzi titanici di integrazione, anche qualche lusinghiero risultato di bilancio (nel 2004, per citare l’ultimo, gli utili sono aumentati del 38% fino a 3,5 miliardi di dollari), il titolo in Borsa non si è mai risollevato. Oggi vale la metà (20 dollari) rispetto al luglio 1999 quando la Fiorina entrò e ne valeva 41 (poi durante il boom della new economy era arrivato fino a 65). E questo i consiglieri stracarichi di stock option proprio non possono sopportarlo. Senza contare che l’anno scorso, estrema beffa, la Dell si è ripresa la leadership nei personal computer, e che a ben guardare il risultato di gruppo è garantito solo dalla divisione stampanti perché tutte le altre (computer appunto, ma anche consulenza, software, servizi) stentano a chiudere i bilanci. Insomma, era troppo, e la Fiorina è stata messa alla porta. Lei, Carleton Fiorina (il cognome è quello del secondo marito, un ingegnere di origine italiana conosciuto quando lavorava all’At&t), l’ha presa con il consueto stile: «La Hp è una grande società e saprà sempre dire la sua nel mondo della tecnologia», si è limitata a commentare algidamente. Lo stesso atteggiamento glaciale ed efficiente che l’aveva fatta notare da subito appena entrò, lei laureata in filosofia e storia medievale, alla divisione commerciale dell’At&t nel 1980. Nell’allora grande e importante gruppo telefonico salì tutti i gradini della carriera, al punto da trovarsi sul ponte di comando quando nel 1995 si decise di scorporare la Lucent, non a caso la branch del gruppo dove erano più richieste doti commerciali (produce apparecchiature telefoniche). Lei assunse la guida della Lucent, e così realizzò il salto di qualità: copertine dei giornali, donna dell’anno, manager-simbolo della parità. Appellativi che si moltiplicarono per mille quandò passò al timone della HewlettPackard, uno dei primi dieci gruppi industriali americani. Lei si è sentita sempre più a suo agio nel ruolo, ha condotto e vinto come si è visto prove di forza epocali, ha cominciato a muoversi disinvoltamente dai palcoscenici di Hollywood a quelli del Forum di Davos. Ha sempre più impresso alla società, altro passo che alla fine è stato fatale, una caratterizzazione verticistica, riducendo via via le unità operative da 83 a 5, e questo proprio mentre gli altri grandi del settore, da Intel a Ibm, stanno cercando viceversa forme di «federalismo» sempre più accentuate. Infine, le sono mancati i puntelli di un paio di consiglieri influenti, Dick Hackborn e Phil Condit (l’ex presidente della Boeing): il secondo si è dimesso, il primo ha cambiato opinione e le si è messo contro. E ora? C’è chi prevede per lei un futuro nel mondo delle fondazioni umanitarie, settore che al quale si è sempre più accostata negli ultimi anni, contrassegnati da premi con nomi come Appeal of Conscience Award o Seem of Hope. Ma c’è chi più realisticamente prevede un futuro in politica, visto che il decisionismo e la grinta non le mancano. E ripensa a quel cartello «Fiorina Versus Clinton in election 2008». Eugenio Occorsio