varie, 31 gennaio 2006
BERLUSCONI
BERLUSCONI Rosa Milano 25 gennaio 1911, Milano 3 febbraio 2008. La Mamma di Silvio. «[...] ”Mia madre morì a 38 anni, quandoio ne avevo appena 16. Soffriva di cuore.Nel giro di tre ore spirò fra le mie braccia. Prima che chiudesse gli occhi, le giurai che avrei fatto da mamma a mia sorella e a mio fratello più piccoli [...] Io abitavo in via Volta e prendevo il tram 4. Vedevo sempre questo giovane distinto che parlava di banca e di azioni con un’altra persona. Che uomo intelligente, che bella voce, pensavo dentro di me. Scendeva alla mia stessa fermata, in Cordusio. Un giorno al ritorno decisi di perdere il tram. ”Rosina, non sali?”, mi chiese la mia amica. No, risposi, aspetto il prossimo per vedere se c’è su il biondino. Subito dopo s’avvicinò lui: ”Permette, signorina, che mi presenti? Sarebbe un onore per me accompagnarla’. Io scoppiai a ridere. Secondo me aveva sentito tutto. [...] tutti i minuti della giornata ringrazio il Signore di quello che mi ha dato. Ho fatto tanti sacrifici, ma sempre volentieri. Da ragazza dovetti imparare la stenografia e trovarmi lavoro come segretaria. La sera, per arrotondare, dopo aver sbrigato le faccende domestiche, stavo in piedi fino a tarda ora a sferruzzare i golfini neri che il partito fascista mi commissionava per le ”piccole italiane’. Mi sono sempre licenziata io, per andare a guadagnare di più. L’ultimo impiego fu alla Pirelli, perché pagava 14 mensilità anziché 12 e in tempodi guerra distribuiva i pacchi viveri [...] eravamo sfollati a Oltrona San Mamette. Incinta di Maria Antonietta, tutti i giorni raggiungevo a piedi Fino Mornasco, tre chilometri all’andata e tre al ritorno, per prendere il treno che mi portava a Milano. In stazione alcuni compagni di viaggio mi sollevavano di peso per non farmi affaticare e m’infilavano attraverso il finestrino nella carrozza affollata. Mi ero cucita dei mutandoni fino al ginocchio per non mostrare le gambe. Nel terrore di quei giorni era un momento d’ilarità. Ci si divertiva con poco, allora. Una sera un soldato tedesco intimò a una signora di scendere dal treno. Mi misi fra lui e la donna. Mi puntò lacanna del fucile sulla pancia. Ero ormai all’ottavo mese di gravidanza. ”Sparami pure’, gli gridai, ”però prima guarda le facce intorno a te: da questo vagone non scenderai vivo neppure tu’ [...] Ai miei figli non ho insegnato nient’altro che questo nella vita: l’altruismo. Tutte le domeniche ospitavamo a pranzo la Regina, un’amica di mio marito che viveva alla Baggina, l’ospizio per anziani. Lei andav amatta per il lesso, mentre i ragazzi non lo sopportavano. Eppure per solidarietà lo mangiavano. Una domenica suonò alla porta un’altra vecchietta: ”Me manda la sciura Regina. L’è morta. Mi ha detto di venire al posto suo’. Abbiamo tenuto a tavola anche lei per anni. Per fortuna non era fissata col bollito [...] Silvio era l’unico, a Oltrona San Mamette, a parlare l’italiano e per questo i compagni di gioco lo rifiutavano. In una settimana aveva già imparato il loro gergo. Vedendomi allattare Maria Antonietta, concluse: ”Come la vacca col vitèll’. La maestra midiceva: ”L’è pussè bravo lù de mì’. sempre stato molto intelligente”. vero che al liceo dai salesiani vendevai compiti in classe? ”Sì, oltre al suo ne compilava un paio da regalare ai compagni meno fortunati che arrancavano e un paio per gli amici ricchi disposti a pagare”. Quale fu il suo primo lavoro? ”Vendeva elettrodomestici. Una vigilia di Natale portò sulle spalle un frigorifero Ignis a una signora. Salito al quinto piano, s’accorse d’aver sbagliato scala e dovette rifare il percorso. Tornò a casa stravolto. La fatica non gli ha mai fatto paura. Le prime mance le guadagnò lavandomi i piatti e dando la cera al parquet. [...] Io posai per lo scultore Alfredo Sassi e per il pittore Guido Tallone. La ragazzina del monumento ai Caduti nella piazza di Seregno sono io. Ma non mi sarei mai spogliata, avevo l’abito lungo fino ai polpacci[...]”» (Stefano Lorenzetto, ”Il Giornale” 25/1/2006).