31 gennaio 2006
Tags : Angelo. Cereser
Cereser Angelo
• Nato a Eraclea (Venezia) il 6 aprile 1944. Calciatore. «[...] specialista in arretramenti e baluardi difensivi: ”Sono veneto di Eraclea, la prima squadra dove ho giocato è stata quella di San Donà di Piave, dove nella Grande Guerra abbiamo dato lo stop agli Austriaci. Per questo mi è sempre piaciuto essere soprannominato Trincea”. A Torino e al Toro dal 1961[...] ”[...] io ho fatto con il Torino 11 anni di serie A e provocato soltanto un rigore. E ai miei tempi non si poteva in area prendere per la maglia o abbracciare l’avversario, l’arbitro ti fischiava subito contro [...] Io potevo giocare anche in maniera saggia, pacata e persino intelligente. Ma mi faceva comodo che mi credessero un bruto. Avevano paura di me e giravano alla larga. Per un mio fallaccio su Mazzola mi hanno sbranato, e poi hanno mandato ad arbitrarmi uno che ha fatto solo quella partita in A, uno apposta per cacciarmi e farmi dare quattro giornate al mio primo falletto. Una vergogna”. Un solo gol di Cereser su azione, costò al Milan lo scudetto. Tanti gol su rigore. ”Al Toro gli specialisti ne avevano sbagliati quattro di seguito. Ho detto: se avete paura li tiro io. E ne ho segnati cinque di fila”. [...] Col Toro un trecento partite, nove allenatori. A Torino una moglie (’Faceva la Giacometta, l’ho conosciuta al Carnevale di Ivrea”), tre figli, un incidente d’auto. ”Con ’Stampa Sera’ che mi aveva dato per morto in prima pagina. Colpa di un tifoso juventino, quattro mesi per tornare a giocare [...] Stavo nei ragazzi del Torino e il tram costava 35 lire. Era già un lusso. Quando sono arrivato alla prima squadra, ho preso un’auto in società con Fossati, però Rocco voleva che camminassimo tanto per fare i muscoli, e lasciavamo l’auto a un chilometro dallo stadio”. Cereser è tutto Toro, i suoi ultimi quattro anni al Bologna sono come andati via dalla sua testa. [...] ”Sarei stato un buon manager del calcio, ma ho fatto troppi mestieri - assicuratore, barista, allenatore eccetera - e a un certo punto ho scelto di stare con la famiglia. Mi sono tolto così un po’ di carica. A proposito, Boniperti chiedeva a me e a Ferrini come facevamo ad avere tanta forza da sbattere in campo contro la Juve. Barbera, gli dicevamo. Ed era vero, a Firenze contro la Fiorentina io, Ferrini e Fossati avevamo la febbre: nell’intervallo ci siamo scolati del Nebiolo di Brunetto di Castellinaldo, spacciandolo per thé, e abbiamo vinto per 1-0”. [...]» (Gian Paolo Ormezzano, ”La Stampa” 31/1/2006).