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 2006  gennaio 30 Lunedì calendario

VACIS

VACIS Gabriele Settimo Torinese (Torino) 18 ottobre 1955. Regista. Dal 1987 tiene seminari alla Scuola d’arte drammatica «Paolo Grassi» di Milano. Insegna lettura e narrazione orale alla Scuola Holden di Torino. Premio Ubu 1995 per il teatro civile (con Paolini), ha curato la regia di innumerevoli spettacoli di prosa e lirici, fra cui Adriatico, Il racconto del Vajont, Olivetti • «[...] c’era un posto, il teatro Garybaldi, a Settimo Torinese, che prima era un cinema a luci rosse. L’abbiamo ristrutturato e ci abbiamo messo una gradinata, come nel teatro greco, è lì che abbiamo parlato la prima volta del racconto del Vajont. al Garybaldi che è nata la saga degli Olivetti di Laura Curino. Da chi è stato inaugurato il Teatro Garybaldi, nel 1987? Da Lella Costa. E dove ha debuttato Kholhaas, di Marco Baliani, un altro degli spettacoli ”storici” del teatro di narrazione? Ancora al Garybaldi. Non è un caso, no? Era un ”ambiente culturale”. [...] I gruppi non si organizzavano intorno ad un testo da mettere in scena. I gruppi riunivano persone che avevano gli stessi sogni. Che volevano parlare del mondo che vedevano. Erano persone che la drammaturgia volevano farsela, e rifiutavano i ruoli tradizionali di attore, regista, commediografo. Era gente che trovava umiliante andare in giro a fare provini per farsi scritturare. [...] Quello dei gruppi era un ambiente con radici estremamente ramificate. Alcune paradossali. Paolini ed io ci siamo incontrati all’ISTA che era una scuola diretta da Eugenio Barba. Eugenio Barba e Jerzy Grotowski erano i profeti del ”teatro del corpo”. Noi siamo cresciuti facendo molto esercizio fisico, convinti che il teatro prima di tutto fosse azione. [...] Sembra un paradosso, ma il teatro dei narratori soli è nato dal teatro di gruppo. I fenomeni importanti nascono sempre da ambienti culturali complessi. Questo teatro di narrazione fatto di parole, milioni di parole, in realtà è teatro-danza. Davvero. Quello che affascina il pubblico è senz’altro il senso delle parole, ma conta anche la musica su cui le parole ballano. Il teatro di narrazione non è questo? Non è tenere un discorso in equilibrio su una danza?» (’La Stampa” 29/1/2006).