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 2006  gennaio 30 Lunedì calendario

Alexander Shaun

• Florence (Stati Uniti) 30 agosto 1977. Giocatore di football americano. Mvp 2005 della Nfl. Dal 2001 al 2007 ha giocato nei Seattle Seahawks. «[...] di Seattle è il running back nonché l’arma letale. l’uomo dei record: punti realizzati, distanze corse, presenze, è quello che ha materialmente portato la squadra al Super Bowl, è il meglio del meglio dentro la storia dei Seahawks, dopo esserlo stato in quella del liceo e poi anche dell’università, e nel suo ruolo potrebbe diventarlo dentro la storia dell’intera Nfl. Il suo ruolo: ricevere palla corta dal quarterback e correre, scatenare 103 chili di peso per 180 centimetri di altezza in mezzo al campo minato degli avversari, attraversando di corsa gli agguati e le aggressioni, che nel football americano sono a mano armata (sport con la palla dove puoi stendere anche chi la palla non ce l’ha), e filare dentro l’area del touchdown, la meta. Ci vuole coraggio, e fisico, e testa, e la certezza che non ti beccheranno mai. ”Io la chiamo fiducia in me stesso”, ma ci ha messo un paio d’anni Alexander a convincere il mondo che non era presunzione. A far da sé aveva imparato subito, da ragazzino: prima partita, primo pallone ricevuto, corsa dritta fin dentro l’area: touchdown. A fare con gli altri gli ha insegnato la moglie, Valerie, che una sera lo ha preso da parte e gli ha detto: ”Shaun, tu tratti tutti con amore. Tutti, tranne i tuoi compagni di squadra. Porta l’amore anche lì”. Il giorno dopo Shaun ha cercato uno ad uno i componenti della squadra, e a ciascuno ha detto: ”Fin qui vi ho trattati da colleghi. Da oggi vi chiamerò fratelli”. Sincero? Falso? Intelligente: ”All’università il mio coach citò Isaac Newton: ”Se ho potuto spingere il mio sguardo così lontano è stato solo perché sedevo sulle spalle di giganti’. E io mi circondo di giganti”. La moglie, Valerie: lo ha conosciuto il giorno del suo arrivo a Seattle, e nel 2003 gli ha dato una figlia, Heaven, Paradiso. Che è nata un pomeriggio in cui i Seahawks giocavano in casa contro i Rams: finito il parto, Valerie ha baciato il marito e gli ha intimato: ”Ora fila allo stadio, vai”. Auto della polizia a sirene spiegate, Shaun in campo nel secondo tempo. Shaun, quello che la gente chiama Alexander il Grande e che da sé si definisce Mister Uomo Medio, uno qualunque, ”a parte la bellezza, che è un po’ sopra la media”. Quello che è cresciuto con la sola madre, ”Mi ha sempre dato tutto, anche quando non aveva niente”, e ora ha messo su una fondazione per dare un modello maschile di riferimento ai ragazzi che negli Usa, sono 40 ogni 100, crescono senza padre. Quello che dice: ”Gioco per dire grazie al Signore che mi ha dato questo dono”, e che il Signore citò ancora [...] quando doveva decidere del proprio futuro: ”Pregherò Dio, e lui mi indicherà la strada”, e ne uscì un contratto annuale, da 6 milioni di dollari. Un contratto divino, chiaro. ”Il denaro? Conta, ma anche no”, però è Shaun che ha la lista dei 10 uomini più ricchi d’America attaccata dentro l’armadietto (’Nella vita bisogna pur porsi un obiettivo...”). E sempre lui è quello che studia ogni giorno il modo in cui corrono i vecchi e nuovi grandi del ruolo, ed è lui che è andato a ripetizione dall’allenatore dei velocisti Usa, è lui, Shaun Alexander, che da bambino scoppiò in lacrime davanti alla tv perché la sua squadra perse, e disse a se stesso: ”Prima o dopo, nel Super Bowl ci vado anche io”. [...]» (Alessandro Tommasi, ”La Stampa” 30/1/2006).