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 2005  gennaio 27 Giovedì calendario

Ilaria Cirino (Pomicino) parla di suo padre, «uno che ha incontrato poco se», Vanity Fair, 27 gennaio 2005 Si intitola ”Briciole”

Ilaria Cirino (Pomicino) parla di suo padre, «uno che ha incontrato poco se», Vanity Fair, 27 gennaio 2005 Si intitola ”Briciole”. La fiction, tratta dal libro di Alessandra Arachi (Feltrinelli editore) e in onda dal 20 gennaio su Raiuno, è il debutto, in televisione, dell’anoressia, in una storia che intreccia sentimentalmente mali nuovi e sotterranei – come il rifiuto del cibo a mali vecchi e socialmente evidenti come la tossicodipendenza: eroina e vomito, overdose e ospedali. «Alla fine delle riprese ho regalato a tutta la troupe un cesto con spaghetti, olio e sugo di pomodoro», dice ridendo la regista, che si chiama Ilaria Cirino Pomicino, ha 33 anni e da quando ne aveva 20 lavora nel cinema – aiuto regista, regista, produttrice – e sì, è la figlia di Paolo Cirino Pomicino, campione democristiano della Prima Repubblica, uno di quelli che ha pagato Tangentopoli con la galera, uno di quelli che non si è dato per vinto ed è di nuovo sulla scena, parlamentare europeo nell’Udeur, il partito di Mastella. Perché l’anoressia? C’è qualche motivo particolare? «Non sono anoressica, anche se sono molto magra: ma questo dipende da mia madre, che fin da piccola mi dava - se le ricorda? – quelle maledette pillole che facevano in farmacia per non ingrassare. Praticamente non ho avuto il tempo di prendere peso. Bè, qualche volta vomito, ma è solo nervoso, sono molto emotiva». Perché le dava le pillole? «è ossessionata dalla magrezza, e un po’ anche papà, perché c’erano degli obesi in famiglia». è una cosa un po’ singolare, no? «Se è per quello, non è l’unica. In casa o era una festa o era un dramma. Sono stati genitori particolari, hanno litigato tutto il tempo, e sempre di notte. Avevo il terrore della notte, quando di là succedeva di tutto. Certe volte, non riuscendo a dormire per le urla, alle 4 del mattino mi mettevo la divisa di scuola (andavo dalle suore), così quando smettevano potevo dormire un quarto d’ora in più perché ero già pronta. Ancora adesso studio e lavoro di notte: sono riusciti a trasformarmi. Ma non li giudico, e non li accuso. Mia madre un giorno ci disse: ”Ragazze, vi ho messo al mondo, ma di fronte alle corna di vostro padre adesso devo capire perché”. Diciamo che non è stata una mamma tradizionale». Diciamo che è un bel tipo. «è una donna bellissima, ma non è una madre. E io ho fatto 11 anni di psicoanalisi». Perché da regista firma Ilaria Cirino e non con il cognome intero? «Uno dei miei zii era l’attore Bruno Cirino, un altro era Franco Cirino - meno conosciuto dal pubblico, ma aiuto regista amatissimo a Cinecittà. L’ho fatto per loro: l’università e il cinema sono gli unici posti dove mi chiedono, visto il cognome, se sono parente loro, non di mio padre». Rapporti difficili, in famiglia... «Per questo? No. Loro, i fratelli, avevano deciso di dividersi il cognome: Bruno, dissacrante, era Cirino. Paolo, ahimè bigotto, era Pomicino». Pare di capire che la pensa molto diversamente da suo padre. «Ringrazio mio padre che mi ha insegnato ad essere libera e, in quanto tale, a non votare per lui». Che cosa vota? «In vita mia finora ho votato poco, ma sto con Bertinotti. La prossima volta, però, piuttosto che aiutare i Ds annullo, Marx non è un’utopia». Come sono i rapporti con suo padre? «Faticosi: è una persona che ha incontrato poco se stessa». Lei pare un’idealista, suo padre è finito in galera. «So come ha fatto politica, conoscevo il costo della politica e non c’era giorno in cui non gli dicessi: ”Pagherete tutto”. Comunque, Tangentopoli mio padre da solo non poteva fermarla. Quando è finito in carcere e, pieno di bypass, faceva lo sciopero della fame, diceva: ”è un processo politico. Io sul piatto della bilancia metto la mia vita”. Lui i soldi illeciti li ha spesi per la politica, non per sé». Però li ha ottenuti disonestamente, o no? «Certo, sa quante volte gliel’ho detto? Ma non penserà ancora che, dall’altra parte, gli industriali fossero angioletti ricattati». Suo padre è tornato alla politica? «E questo è anche peggio di Tangentopoli e del carcere». Come scusi? «Il potere logora chi non ce l’ha, dice Andreotti. Mio padre voleva esserci, vive per la politica: perfino in carcere, a noi scriveva una lettera in tre (a me, mia sorella e mio cognato), perché il resto delle sue energie le impiegava a scrivere di politica, a firmarsi ”Geronimo”. Per questo mi fa male vedere quanto quella politica se l’è ripreso. Sì, lo so, è il suo modo di stare attaccato alla vita, ma a me non ha avuto il coraggio di dirlo che si candidava: l’ho letto sul giornale. Tutta la sofferenza che ha passato non giustifica che stia a Bruxelles con Mastella, in un partito al 3 per cento. Se l’ha fatto in vista delle prossime elezioni, capisco il compromesso ma ha sbagliato i calcoli».  molto dura con lui. «Io, se lei mi chiedesse cosa pensa mio padre, le darei il suo numero di cellulare. Ma stia attenta, è molto simpatico: adora stare sul palcoscenico e sa starci benissimo». Isabella Mazzitelli