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 2006  gennaio 23 Lunedì calendario

Darwin e i becchi dei fringuelli delle Galápagos. Corriere della Sera 23 gennaio 2006. Ho letto con interesse la sua recensione al libro «Il secolo dei genocidi» di Bruneteau, soprattutto quella parte che evidenzia l’affinità della teoria darwiniana con le filosofie e le ideologie che, in nome dell’evoluzionismo, hanno teorizzato la graduale scomparsa delle cosiddette «razze inferiori»

Darwin e i becchi dei fringuelli delle Galápagos. Corriere della Sera 23 gennaio 2006. Ho letto con interesse la sua recensione al libro «Il secolo dei genocidi» di Bruneteau, soprattutto quella parte che evidenzia l’affinità della teoria darwiniana con le filosofie e le ideologie che, in nome dell’evoluzionismo, hanno teorizzato la graduale scomparsa delle cosiddette «razze inferiori». A mio parere questo è un sintomo che la teoria evoluzionista appartiene al dibattito filosofico e che non ha alcun fondamento scientifico. Eppure mi sorprende che un premio Nobel come la Montalcini, recentemente abbia difeso come scientifica questa teoria. Qual è, secondo lei, il motivo del successo dell’evoluzionismo tra la gente? Oreste Malatesta Caro Malatesta, Bernard Bruneteau osserva nel suo libro che Charles Darwin, dopo il successo de «L’origine della specie», pubblicato nel 1859, lasciò ai suoi epigoni – Lyell, Fallace e Galton – il compito di trarre delle conclusioni sociali e storiche dalla sua teoria della selezione naturale». Solo dodici anni dopo, quando tornò sull’argomento in «L’origine dell’uomo», manifestò «il suo interesse per queste conclusioni radicali, che costituirono le basi della dottrina di Herbert Spencer chiamata darwinismo sociale». Esistono quindi nella vita e negli studi di Darwin almeno due fasi distinte. La prima è quella della circumnavigazione del globo sul brigantino Beagle, dal dicembre 1831 all’ottobre del 1836, durante la quale Darwin studiò la fauna e la flora nelle isole del Capo Verde, in Brasile, nella Terra del Fuoco, lungo le coste del Cile e del Perù, nell’arcipelago delle Galápagos e nelle isole coralline dell’Oceano Indiano. La seconda è quella in cui completò le sue osservazioni sulla evoluzione e le estese agli esseri umani sotto l’influenza degli studi di Th. R. Malthus sulla popolazione. Credo che sia possibile essere darviniano, caro Malatesta, senza sottoscrivere ciecamente le sue teorie sulla lotta per l’esistenza e i corollari più o meno razzisti che ne furono ricavati negli anni seguenti. Ne vedo la conferma nello straordinario lavoro compiuto in questi ultimi anni da una coppia di scienziati britannici, i coniugi Peter e Rosemary Grant, che hanno ricevuto il premio della Fondazione Balzan per le loro ricerche sulla biologia delle popolazioni. I due scienziati hanno lavorato nelle Galápagos, vale a dire nelle isole dove Darwin era stato fortemente colpito dall’esistenza di 14 specie di fringuelli e aveva fatto interessanti osservazioni sulla dimensione dei loro becchi. Valendosi di strumenti desunti da altre discipline, fra cui la genetica, hanno dimostrato che i semi con cui i fringuelli si nutrono variano a seconda delle condizioni climatiche, che la forma del becco dipende dal cibo disponibile da un anno all’altro e che quelli con il becco «sbagliato», quando la durezza e la dimensione dei semi subiscono improvvisi mutamenti, hanno minori possibilità di sopravvivere. Non basta. I Grant hanno scoperto altresì che le femmine scelgono i maschi sulla base del loro canto e che il canto viene tramandato ai piccoli. Leggo nella motivazione del premio che «la femmina si accoppia solo con maschi che hanno un background simile al suo, stabilendo così un isolamento riproduttivo tra gruppi: una precondizione essenziale per la formazione di una specie. L’isolamento riproduttivo tra le specie di fringuelli delle Galápagos non è tuttavia completo. Ci sono occasionalmente degli ibridi e questi sono a volte, ma non sempre, svantaggiati a livello di selezione. Quando essi si sviluppano con successo, aiutano a trasmettere i geni tra le specie, mantenendo così, se non addirittura aumentando, la diversità genetica tra le popolazioni». So che il darvinismo, in America, è ancora una volta sul banco degli imputati e che molte Chiese cristiane vedono in queste teorie, soprattutto quando sono applicate agli esseri umani, un attentato alla verità rivelata del Libro della Genesi. E so altresì che ogni discorso sulla selezione della specie si presta a elucubrazioni potenzialmente razziste. Ma possiamo privarci di un metodo che produce risultati così interessanti e su cui la Chiesa cattolica, del resto, mi sembra avere adottato una posizione meno restrittiva di quella degli evangelici americani? Sergio Romano